«Ho un piano».
Così mi ero presentata quella stessa sera a casa dei Reese, dopo aver aggiornato Philip sulla novità che James non fosse mio padre. La Churchill Accademy era ancora chiusa per le vacanze natalizie e non c'era modo di incontrarci nella vecchia palestra senza destare sospetti. Così avevamo deciso di utilizzare il suo seminterrato come momentaneo campo base, visto che i suoi genitori si trovavano fuori città.
«Grande, tigre» replicò proprio lui, prima di rubarmi un raviolo alle verdure.
Lo fissai con sguardo omicida, finché non lasciò la mia cena, consapevole che avrei potuto trafiggerlo con una delle bacchette di legno che tenevo tra le mani. «Non farmi arrabbiare, Philip» lo ammonii.
Un movimento alla mia sinistra mi distrasse. «Credevo che avessi smesso con la rabbia» mormorò a mezza voce Alex, dopo essersi pulito le labbra con il dorso della mano.
Non avevamo parlato molto, da quando avevamo lasciato casa Parker per dirigerci da Philip, ma non potevo dire che la situazione tra di noi fosse strana. O comunque, non quanto credevo che lo sarebbe stata. Alex era sempre lo stesso: controllato, calmo. Il problema principale ero io. Io, che non riuscivo a impedirmi di provare un groviglio di emozioni diverse, ogni volta che i miei occhi incrociavano i suoi.
Lo fecero anche in quel momento. A quella sua considerazione, i nostri sguardi si ritrovarono in un tacito appuntamento, sopra a quel tavolino improvvisato dove avevamo appoggiato la nostra cena, e ancora una volta mi costrinsi a tornare a osservare il piatto di ravioli che avevo di fronte, senza riuscire a impedire alle mie guance di tingersi di rosso. Non prima però, di aver visto un sorrisino tendere le labbra di Alex, come se avesse capito perfettamente la direzione che avevano preso i miei pensieri. Quanto si divertiva a tormentarmi...
Lasciai che la mia attenzione vagasse sulle piccole ciotole colorate con il riso e la soia, mentre mi impedivo di continuare su quel sentiero e cercavo invece di tornare al fulcro del discorso: il mio piano.
«Elizabeth è l'unica che sappia chi sia mio padre e se sia disposto ad aiutarci». Feci una pausa, tentando di riordinare i pensieri. «Ovviamente, ammettendo che anche lui abbia a che fare con il Consiglio» aggiunsi, stringendomi nelle spalle. Il fatto che Elizabeth rifiutasse di dirmi il suo nome però, mi sembrava un indizio più che valido. «Quindi, qualcosa nelle sue ricerche potrebbe indicarci con chi collaborasse all'epoca» conclusi, tornando a concentrarmi sui due ragazzi che avevo di fronte.
Eravamo seduti tutti a terra, data la quasi totale mancanza di mobilio in quella stanza. Philip malamente appoggiato a uno scatolone e Alex, che si era guadagnato il posto più ambito, con la schiena contro al muro. Entrambi però mi guardavano con un'aria scettica.
«Per quello vuoi andare a Providence?» s'inserì Alex, intuendo il mio piano. «Per vedere se tua madre ha lasciato qualche traccia?».
Feci un cenno affermativo con il capo. «Prima era solo un'idea, ma ho controllato i conti di James. Ha tenuto tutto: la casa di Londra e la bifamiliare a Providence, insieme a un paio di depositi». E supponevo che questo la dicesse lunga sulla sua personalità. Girava per il mondo dando l'impressione di non voler mettere radici, quando in realtà non riusciva a separarsi da ciò che per lui aveva rappresentato qualcosa di importante. Forse le contraddizioni che gli avevo sempre rinfacciato servivano solo a nascondere un animo più sensibile di quanto non avessi creduto inizialmente.
«Non pensi di essere troppo ottimista?» osservò Philip con una smorfia.
Lo ero?
Ci riflettei per qualche istante, realizzando che probabilmente mi sarei aggrappata a qualsiasi piccola informazione, pur di scoprire la verità.
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NOCTE
Mystery / ThrillerSEQUEL DI IGNI C'è un equilibrio indissolubile che governa ogni cosa nel mondo. Non c'è gioia senza dolore. Non c'è silenzio senza rumore. Non c'è luce senza ombra. Fu in quel preciso istante che capii. Ero io. Ero sempre stata io, il punto di c...