23 - Ossigeno

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Fu la luce morbida che s'insinuò tra le mie palpebre appena socchiuse, a strapparmi dal mondo dei sogni. Le fece tremare lievemente, mentre il mio cervello combatteva tra la consapevolezza di dovermi svegliare e la tentazione di rimmergermi nella rassicurante oscurità che mi aveva cullata fino a quel momento.

Vinse la prima. La sveglia sul mio comodino riportava un orario che mi sembrava assurdo, perché avrebbe significato otto ore di sonno consecutive. Ed era da quando avevo iniziato a fare quegli incubi sul Wenham Lake, che non accadeva una cosa simile.

In quell'intontimento, impiegai qualche secondo per realizzare cosa fosse accaduto la sera precedente. Alex. Il racconto di Alison. L'ammissione di non voler scappare di nuovo. Le sue mani su di me. I baci.

Il mio cuore mancò un battito, mentre quelle immagini mi travolgevano. Rimasi immobile per un istante, osservando la finestra appena accostata, le pareti chiare che assorbivano quel barlume di luce che filtrava dal giardino sul retro, la mia scrivania sempre incasinata. Era accaduto davvero? Perché nulla sembrava diverso, rispetto al solito.

Mi sollevai di scatto, con una velocità tale da sentire il petto comprimersi. Avevo bisogno di una prova che non mi fossi immaginata tutto, per quanto sciocco che fosse. Perché... perché non volevo mentire a me stessa: mi sembrava tutto troppo bello, per essere vero.

Mordicchiai il labbro inferiore, mentre i miei occhi setacciavano la stanza in cerca di non so quale indizio di ciò che fosse successo. Alla fine però, la trovai lì. La prova che non avessi sognato quelle immagini prendeva forma nella felpa di Alex. Enorme, nera e appallottolata in fondo al mio letto, sembrava volermi rassicurare che il mio cervello non si fosse inventato quella confessione e quelle labbra sulle mie. Ripercorsi velocemente gli eventi della sera precedente. Alex doveva averla dimenticata quando lo avevo richiamato a causa di tutte quelle paranoie... La domanda sul destino.

A quel pensiero, sentii lo stomaco aggricciarsi e stringersi, simulando un fastidioso vuoto. Non volevo continuare in quella direzione, perché quel semplice concetto sembrava in grado di intaccare con fin troppa leggerezza la felicità che aveva fatto sobbalzare il mio cuore. Mi lasciai ricadere sul cuscino, sbuffando per spostare una ciocca di capelli dal volto. Sapevo che fosse stupido, permettere a quei racconti assurdi di influenzarmi, ma non potevo ignorare le parole con le quali Jenna aveva cercato di allontanarmi da Alex, così come non potevo fingere di non aver sentito tutte le leggende che Philip mi aveva messo in testa.

Eppure, sapevo perché mi lasciavo impressionare così tanto da quelle parole. Non era tanto il destino, il problema. Ero io. Era la mia perenne insicurezza che mi portava a stare in allerta, in attesa di una potenziale fregatura. Perché sapevo che ci sarebbe stata. Che fosse a causa della Fratellanza, del Consiglio o di qualche passo falso che avrei sicuramente commesso.

Irritata da quei pensieri, mi voltai sul fianco per recuperare il mio cellulare. James mi aveva scritto per verificare se stessi bene e avevo trovato numerosi messaggi anche da parte di Alice, Dean e Caleb. Per qualche strana ragione però, non avevo voglia di affrontare il mondo esterno. Era sciocco voler rimanere nella mia bolla ancora per un po'?

Infilai il cellulare nella tasca della felpa e scesi dal letto, con l'intenzione di dirigermi in punta di piedi verso il salotto. Speravo davvero che Philip e Alex non avessero dormito sul divano un'altra volta, soprattutto non dopo aver ripetuto a entrambi l'esistenza di numerose camere per gli ospiti. Quello era l'unico lato positivo del vivere nella vecchia casa dei Parker: un mucchio di spazio a disposizione, decisamente eccessivo per due semplici persone.

Percorsi il corridoio con il gocciolare della pioggia che scandiva fiaccamente i miei passi. Lenti, cadenzati e ripetitivi, mi portarono fino a metà scala, prima che riuscissi ad azzardare un'occhiata sotto di me. Il salotto era flebilmente illuminato. La luce filtrava tenue e fredda dai tendaggi chiari insinuandosi tra le piante che seguivano il profilo delle finestre. Alex e Philip erano ancora seduti di fronte al computer portatile sul tavolino, proprio come li avevo lasciati la sera precedente. O meglio, proprio come avevo lasciato Philip, la sera precedente. Prima della confessione di Alex e dell'ammissione che non fossimo semplici amici.

NOCTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora