2 - Fino in fondo

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Per la seconda volta nel giro di una decina di minuti il mio mondo intero si fermò. Un lampo di lucidità mi costrinse immediatamente a relegare tutti i miei dubbi su Alex in un piccolo angolo del mio cervello, permettendomi di concentrarmi su un problema alla volta.

I diari.

Non credevo che una singola parola fosse in grado di gettarmi nel panico più assoluto, eppure fu esattamente ciò che successe. Sgranai gli occhi, realizzando che nel vortice delle scoperte sulle nostre famiglie, avevamo trascurato un particolare così piccolo ma dagli effetti così devastanti. Se avessero trovato le finte copie che avevamo sostituito nell'ufficio del preside lo avrebbero capito... avrebbero scoperto che qualcun altro sapeva. Della Fondazione. Del Consiglio. Della Fratellanza del Fuoco.

Una scarica di adrenalina attraversò i miei muscoli fondendosi con il terrore che aveva appena preso possesso del mio cervello.

Stavamo mettendo a rischio i piani di Jenna e del padre di Alex, qualunque essi fossero.

Stavamo mettendo a rischio le nostre possibilità di vittoria.

Stavamo mettendo a rischio noi stessi.

Caleb emise un gemito esasperato, scuotendo la testa incredulo. «Lo sapevo che c'entravate voi due.»

Borbottò ancora qualcosa tra sé, continuando a lanciarmi delle occhiate di fuoco che ricambiai con la stessa furia. In parte perché la mia reazione non aveva fatto altro che confermare i suoi sospetti, ed ero arrabbiata con me stessa per la limpidezza delle mie reazioni e, in parte, perché non poteva permettersi di parlarmi così. Non poteva biasimarci se in qualche modo avevamo cercato le risposte che lui e Jenna avevano tentato di nasconderci.

Probabilmente intuì la direzione dei miei pensieri perché, quando parlò nuovamente, sembrava aver perso quel cipiglio arrogante.

«Intendo dire, che se fossi stato preparato, vi avrei potuto coprire meglio» disse, passandosi una mano sugli occhi. Mi accorsi solamente in quel momento che sembrava esausto. Come me. Come Alex.

Da quella sera al Wenham Lake facevo fatica a empatizzare con Caleb, perché avevo sempre il timore che volesse fregarmi in qualche modo, ma, in quel momento, sentivo che era il mio turno di deporre le armi. Almeno per ora.

«Quanto siamo nei guai?» chiesi piano.

Quella era l'unica cosa che mi interessava, anche se sapevo che le sue parole non mi avrebbero convinto quanto il suo viso segnato dalla tensione. Diceva di volerci coprire, e forse avrei anche potuto credere che volesse proteggere me, nel suo solito modo intricato e assurdo, ovviamente. Ma mai, mai, avrei potuto credere che a Caleb importasse qualcosa di Alex.

«Credo di aver contenuto i danni, ma non voglio parlarne qui» scandì con urgenza, guardandosi attorno.

Improvvisamente l'ansia che traspariva da quei suoi gesti mi avvolse, portandomi a copiare i suoi stessi movimenti. Non volevo sembrare una paranoica per l'ennesima volta, ma mi ritrovai comunque ad alternare lo sguardo tra la spalla destra e quella sinistra. Il corridoio tuttavia rimaneva deserto e, se non fosse stato per i nostri sussurri, il silenzio sarebbe stato l'unico elemento udibile.

«Andiamo in biblioteca» continuò sbrigativo.

Feci per seguirlo istintivamente, quando mi bloccai di colpo. «Devo trovare una scusa per la lezione» mormorai, aggrottando lo fronte.

Niente mi avrebbe impedito di seguirlo, ma non potevo mettermi nei guai, perché sapevo di non poter attirare l'attenzione su di me. Non potevo vanificare tutto il lavoro fatto per il panico di qualche istante.

NOCTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora