«Devo parlarti» mormorò con tono cauto.
Alex si piazzò di fronte a me e mi fece cenno di spostarci. Aggrottai la fronte, senza riuscire a individuare quale fosse il problema. Credevo che tutti avessimo provato la medesima sensazione, dopo aver decriptato la scheda di Mirabelle: sollievo. Eppure, lui non sembrava pensarla così. L'intensità del suo sguardo faceva a gara con i lineamenti tesi del suo viso per catturare la mia attenzione.
Cosa stava succedendo?
Non mi diede l'opportunità di chiederglielo. Lasciò scivolare le sue dita tra le mie e mi guidò fino al salotto. Era ancora in penombra, segno che Christian forse non sapeva usare il sistema d'allarme, ma era ancora capace di accendere e spegnere le luci. Alex invece non si preoccupò di cercare l'interruttore. Si sedette solo sul bracciolo del divano e rimase in silenzio finché la sua mano ancora incastrata con la mia non mi costrinse a fermarmi.
«Che c'è?» chiesi confusa.
Il suo viso era per metà in ombra, tagliato di netto dal riverbero prodotto dalle lampade della cucina. Tuttavia, l'espressione prudente con cui mi stava osservando era fin troppo chiara e non mi piaceva per niente. Lo sentii emettere un lungo sospiro, mentre le due dita giocavano con le mie, accarezzandole e sfiorandole. Nonostante la rilassatezza del suo corpo, non sembrava contento di dover intraprendere quella conversazione.
«Una parte del mio accordo con tua madre prevedeva che se mi avesse portato al ranch, avrei dovuto passare a lei e all'FBI tutto quello che avrei trovato» iniziò.
Assorbii quelle parole senza esserne del tutto sorpresa. Voglio dire, aveva già ammesso che mia madre gli era servita per starmi vicino al ranch e non credevo proprio che Elizabeth avesse fatto quella mossa per pura bontà d'animo. Doveva esserci un tornaconto personale.
«Okay...» sussurrai, perché Alex era rimasto completamente in silenzio in attesa che dicessi qualcosa.
«Con le Industrie Case, diciamo che ho delle... conoscenze» riprese torvo, «e ho fatto fare delle ricerche sul suo contatto all'FBI, sembra pulito».
Annuii di nuovo. Iniziavo a capire dove volesse andare a parare. Avevamo delle informazioni e adesso lui doveva ricambiare il favore.
«Vuoi chiamare mia madre?» gli chiesi con una punta di agitazione. In cuor mio, però, sapevo già la risposta.
Come immaginavo, Alex fece un cenno affermativo. «La prima cosa che ho fatto poco fa, quando abbiamo trovato il libro paga di Smith, è stato di cercare il nome del contatto di tua madre. Non c'è, quindi sì: anche se non possiamo fidarci completamente, adesso dovrei chiederle cosa fare con la scheda di memoria».
Una parte di me non voleva rivedere Elizabeth, ma dopo quello che Alex mi aveva raccontato, dopo la possibilità che mi avesse davvero lasciata per proteggermi, come potevo continuare a odiarla? Nessuno mi stava chiedendo di perdonarla, eppure non sarebbe stato più facile impiegare le mie energie verso qualcosa di migliore?
Odiare era faticoso. Tutto quell'impegno sprecato per far sì che rimanessi esattamente nella stessa posizione di prima, tutte quelle emozioni negative che si gonfiavano dentro di me, anestetizzando le altre... Era ancora necessario continuare così? Prima lo credevo. Credevo che fosse una fatica inevitabile. Adesso, però, non ne ero poi così sicura. Avevo l'impressione che la rabbia mi avesse immobilizzata fin troppo a lungo. Feriva più me che lei.
«So che per te è praticamente una sconosciuta» riprese Alex, catturando anche l'altra mia mano tra le sue. Iniziò a giocherellarci piano, facendo scorrere le nostre dita tra loro, come se quel contatto lo rilassasse. «Ma non ti chiederei di farlo, se non credessi che Elizabeth è una sconosciuta intenzionata a proteggerti».
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NOCTE
Misteri / ThrillerSEQUEL DI IGNI C'è un equilibrio indissolubile che governa ogni cosa nel mondo. Non c'è gioia senza dolore. Non c'è silenzio senza rumore. Non c'è luce senza ombra. Fu in quel preciso istante che capii. Ero io. Ero sempre stata io, il punto di c...