Il primo elemento che aveva scatenato il panico dentro di me era stato il messaggio di Caleb.
"Michael vuole parlarmi tra un'ora".
Rilessi quelle parole ad una ad una, mentre il mio cuore batteva all'impazzata contro la cassa toracica, quasi a volerla sfondare.
Non avevamo un piano, non potevamo immaginare perché lo avesse chiamato, e, soprattutto, non avevamo neppure definito i termini del nostro accordo.
Il secondo aspetto, che avevo notato sbloccando il cellulare, era stato però quello che mi aveva dato il colpo di grazia.
L'orario riportato sotto alle parole digitate da Caleb risaliva a quarantacinque minuti prima. Ciò significava che avevo solamente quindici minuti per raggiungerlo.
Raggiungerlo... e fare cosa, esattamente? Perché non ero certa che mi sarei potuta avvicinare così tanto a loro, da sentire la conversazione che avrebbero avuto.
«Cassie.»
Alex si piazzò di fronte a me, con le braccia conserte in una posa rigida, che emanava tutto il fastidio per il mio comportamento scostante. I suoi occhi dovevano essere rimasti fissi sulla mia figura per diversi secondi, ma avevo completamente perso contatto con la realtà.
Mi ritrovai a ricambiare il suo sguardo con gli occhi sgranati dalla sorpresa ma... non potevo fare così. Non avevo tempo per provare le più classiche reazioni umane. Sconcerto, angoscia, panico... dovevo eliminare tutto. E non avevo tempo neppure per preoccuparmi di gestire le aspettative di Alex.
Improvvisamente ero perfettamente lucida, ma sapevo di dovermi muovere. Digitai una risposta per Caleb, intimandogli di rimanere tranquillo e assicurando che lo avrei raggiunto.
«Devo andare.» Afferrai la borsa da terra, infilando le scarpe e cacciando le stringhe ai lati in malo modo. L'incontro si sarebbe tenuto nel parco dietro la Churchill Accademy e ci avrei messo una vita a raggiungerlo.
Ancora una volta però, non avevo fatto i conti con il ragazzo presente in quella stessa stanza.
Alex mi sbarrò la strada, piantandosi saldamente di fronte alla porta. «Adesso ti calmi» decretò senza muovere un muscolo, «perché non vai da nessuna parte, così.» Le parole sibilarono tra i suoi denti contratti in una smorfia seccata. Odiava non capire cosa stesse succedendo.
Aveva uno sguardo che non ammetteva repliche, e che ovviamente non faceva altro che alimentare proprio quel panico che stavo faticosamente cercando di tenere a bada.
«Non ho tempo» piagnucolai, avvicinandomi di qualche passo. «Caleb incontrerà Michael tra dieci minuti.»
Sapevo che se gli avessi fatto capire la gravità della situazione non mi avrebbe ostacolata. O almeno lo speravo, perché in fondo era sempre lui, quello con i nervi saldi, tra noi due.
Allo stesso tempo però, non conosceva affatto dei miei piani con Caleb, e non sapeva neppure che la sera prima mi trovassi proprio con quest'ultimo. In quel momento, mi pentii amaramente di tutte quelle omissioni. Alla festa, ignorare le sue domande mi era sembrata la soluzione migliore, ma ora ero consapevole che quel comportamento avrebbe portato ad altri problemi. Ed era esattamente ciò che stava già accadendo, a giudicare dallo sguardo duro di Alex.
La sua risposta però alla fine mi sorprese.
«Dove?» fu l'unica cosa che mi chiese con tono asciutto.
Mi limitai a mostrargli l'indirizzo sul display.
«Cazzo» mormorò, aggrottando la fronte. Un secondo dopo però, si era già sporto per afferrare delle chiavi dalla sua scrivania. «Andiamo.»
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NOCTE
Gizem / GerilimSEQUEL DI IGNI C'è un equilibrio indissolubile che governa ogni cosa nel mondo. Non c'è gioia senza dolore. Non c'è silenzio senza rumore. Non c'è luce senza ombra. Fu in quel preciso istante che capii. Ero io. Ero sempre stata io, il punto di c...