XXII

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Jack De Mattheis, Hotel De Mattheis, Las Vegas, Stati Uniti D'America.

Deglutii e mi allontanai dallo studio di mia madre con il terrore di una sua possibile mossa precoce verso Ella, a causa della mia insubordinazione durante la riunione con le leonesse.

Odiavo ammetterlo, ma Noah questa volta aveva avuto ragione.

Mi aveva impedito di combinare un bel guaio, ma quello che mi indispettiva di più di tutta questa questione, era il non conoscere la reale motivazione del suo gesto e non potevo parlarne con nessuno, non potevo confrontarmi con nessuno, perché nessun'anima viva era a conoscenza del mio errore, nemmeno Keegan; solo il bel cugino stronzo e biondo che mi aveva salvato il culo anni prima, era a conoscenza di quel piccolo particolare e il rapporto tra noi avrebbe potuto continuare ad essere sereno come un tempo, se solo poi non avesse deciso di scoparsi Shannon per chiarire il suo punto di vista a riguardo.

"Bastardo," imprecai. "Stupido lurido bastardo."

Nel salone privato dell'hotel mi riempii una buona e generosa dose di alcool e lo ingoiai senza pensarci due volte.

Quella notte, Noah O'Crowley era stato previdente ed io un cretino; avevo notato come, verso le tre del mattino, l'aveva presa in braccio con delicatezza e l'aveva trasportata verso la sua camera nei piani più alti dell'hotel, avevo notato anche con chiarezza come i due stessero ridacchiando a qualcosa che Ella continuava a blaterale e non ero riuscito a resistere, anche per colpa dei sussurri concitati dei miei parenti irlandesi, così mi ero scollato di dosso con rabbia le due ragazze che mi avevano manipolato per tutta la festa e li avevo raggiunti in camera.

Infuriato con Noah, e desideroso di mettere in chiaro a chi appartenesse la mano della ragazza, non mi ero accorto dello stato catatonico di Ella e avevo buttato mio cugino a calci fuori dalla stanza, con il futile intento di prendermi ciò che avrebbe dovuto essere mio.

Battei un pugno sul tavolo e dilatai le narici.

"Cugino, ti vedo agitato." Con un sospiro serafico, lo stronzo biondo chiuse la porta del salone e mi sorrise; chissà come mai aveva la tendenza a palesarsi sempre quando lo pensavi o quando lo avresti voluto ammazzare. "Eppure non è successo niente, grazie a me."

"Non dovevi intervenire." Mi premurai di riempirmi un altro bicchiere di scotch e di ingoiarlo come se fosse acqua fresca, prima di fronteggiare il cavaliere senza macchia e senza paura. "Non, non vi era bisogno; io e Ella stiamo bene insieme senza che ti intrometta con le tue crisi di coscienza."

"Oh, sì." I suoi occhi si scurirono e la sua espressione divenne di marmo. "Era fuori pericolo prima o dopo aver cercato di stuprarla?"

La sua calma gelida mi fece rabbrividire nella camicia. "Non l'ho stuprata e lo sai bene." Scossi la testa obnubilato dall'alcol. "E comunque era consenziente, non inventarti palle solo per... solo per sparare stronzate a tuo favore, sappiamo tutti come sei fatto."

Noah chiuse la distanza che ci separava e con ferocia appoggiò le mani sulla scrivania in legno, allungandosi verso di me con la morte negli occhi. "E dimmi, cuginetto, la questione Shannon ti ricorda qualcosa?" Strinsi la presa contro il vetro, ma non parlai e lui fu fin troppo compiaciuto dal mio silenzio. "Perché se non ricordo male, Shannon mi aveva detto che-

"Shannon era una puttana."

Noah battè le mani sul tavolo con furia e feci un passo indietro, troppo codardo per affrontare l'O'Crowley.

"Sappiamo tutti e due cosa è successo a Shannon, come sappiamo chi dei due si è preso la colpa per evitare che Aimee Linneth ti spaccasse la faccia." Mi prese per il bavero della camicia e mi avvicinò a sè come se stesse parlando con un bambino capriccioso poco incline all'ascolto. "Non ho buttato la mia reputazione sotto una montagna di merda solo per farti sbagliare ancora." Fremette e dovetti dargli ragione almeno su quel punto. "Con Shannon hai sbagliato, Jack e stai sbagliando con Ella. Non mi obbligare a mettermi in mezzo, non di nuovo, ma lo farei se fosse necessario... lo farei se dovessi strappare una donna dalla tua orrenda mania di scopare senza pensare alle conseguenze ogni volta che ti senti stressato." Abbandonò la presa sulla mia giacca e caracollai all'indietro contro la sedia della scrivania. "L'hai quasi stuprata, porca di quella puttana."

"Era consenziente." Appoggiai con stizza il bicchiere sul tavolo e mi avventai su di lui, su quello che lui raffigurava: il mio incubo, ma fu troppo bravo a proteggersi dai miei pugni. "Era consenziente, cazzo."

Mi bloccò il gancio destro e con due mosse ben assestate mi fece collidere con forza inaudita contro la piccola libreria del salone, facendola vibrare pericolosamente per il colpo; le sue mani si portarono alla mia gola e i suoi occhi brillarono minacciosi simili a stelle cadenti infuocate.

"Come cazzo può essere consenziente quando la ragazza sta vomitando l'anima e non se ne rende nemmeno conto?" I suoi denti per poco non si spaccarono contro la mascella e la sua rabbia lo indusse ad aumentare la presa intorno alla mia gola, che accettai quasi come una benedizione. "Sei un fottuto bastardo per averci anche solo pensato. Se non fossi rimasto, se non ti avessi conosciuto abbastanza, a quest'ora tua madre ti avrebbe scuoiato vivo e forse"— strinse ancora più forte e sorrisi come un'idiota a quel dolore—"forse è proprio la fine che ti meriti, pezzo di merda." Respirò con velocità ed io con lui. "Non permetterò che un'altra innocente cada tra le tue braccia." Mi sbattè ancora di più contro la libreria. "Un altro passo falso, Jack e per me sei fuori dai giochi."

Mi lasciò andare e con un sorrisino mi pulii la bocca.

"Quello che è successo a tua sorella ti perseguita così tanto da aver necessità di difendere una stupida russa?"

Sguainò la pistola e con le dita leggermente tremanti sganciò il cane.

"Non nominare mia sorella." Tremò dalla rabbia e anche dalla voglia di uccidermi. "Non osare pronunciare il nome di mia sorella, Jack o tutto quello che le persone vedranno di te da oggi in avanti sarà uno bastardo vigliacco con un buco in testa."

Non mi curai di quella minaccia, come non mi curai della pistola sguainata; sapevamo entrambi, ma soprattutto lui a giudicare da come stesse deglutendo e come cercasse di sorreggere il braccio, che non avrebbe mai sparato, perché Noah O'Crowley, il tenebroso irlandese dai capelli biondi, non era altro che un uomo senza spina dorsale.

Un uomo con la coscienza, avrebbe detto qualcuno del mondo al di fuori della nostra società.

Un inetto con inclinazioni etiche pensai sorridendo a mio cugino.

Ella Lyudmila Ivanov, Hotel De Mattheis, Las Vegas, Stati Uniti d'America

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Ella Lyudmila Ivanov, Hotel De Mattheis, Las Vegas, Stati Uniti d'America.

Mi accesi una terza sigaretta nel giro di un'ora e mi morsicai il labbro inferiore. Non riuscivo a decidermi sul come agire, ma quello che sapevo era che non potevo chiamare a casa, non potevo assolutamente raccontare della mia non più verginità, come non potevo descrivere gli orrori che avevo vissuto... o mio padre ne sarebbe morto per il senso di colpa.

All'interno della nostra società molto spesso ti trovavi costretto a scegliere, ai miei stessi genitori era stata imposta più di una scelta di fronte ad un bivio pericoloso ed in qualche modo avevano trovato il coraggio di superare la tempesta, così avrei dovuto fare io, da sola, come avrebbe agito mio padre, come avrebbero agito Aleksei e Gennady o mia madre, pur di salvare la nostra famiglia, perché non potevo... per amore nei loro confronti, non potevo raccontare nulla, non potevo permettere che mio padre provasse un briciolo di colpa per questa situazione, non... non potevo.

Non potevo perché la nostra famiglia era una famiglia cardine nella criminalità e qualsiasi emozione, qualsiasi ripensamento o preoccupazione avrebbe potuto rovinare il nostro status e condannare i miei famigliari ad una lenta morte... quindi non potevo, per salvarmi non potevo chiedere aiuto e non l'avrei fatto.

ANGOLO AUTRICE:
Da una parte sper che questo capitolo confonda ancora di più, dall'altra che possa iniziare a far comprendere il quadro generale.

Baci!

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