XXXVIII

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Ella Lyudmila Ivanov, casa sicuro, paese remoto vicino a Belfast, Irlanda del Nord.

Lasciai che Noah mi baciasse come se fosse l'ultima opportunità prima della fine del mondo, lasciai che mi cullasse tra le sue braccia e per la prima volta, nonostante quel bacio sembrasse giustissimo, mi allontanai dopo pochi istanti.

"No." Con il fiato corto mi spostai leggermente da quel corpo, ma tenni sempre i palmi stretti intorno alla sua camicia. "Non così." Scossi la testa alla sua frustrazione. "Non, mi devi delle spiegazioni, Noah."

"Ho detto che-

"No." Sollevai il mento e sfarfallai le palpebre. "Se mi vuoi, se davvero mi vuoi, Noah. Allora devi raccontarmi tutto. Non, non mi fido più."

Abbassò il capo e si guardò le mani, e poi chiuse gli occhi.

"Avevo diciotto anni quando sono stato catturato da una famiglia rivale a quella irlandese a Las Vegas, si trattava... si trattava di una famiglia italo-americana che abbiamo sterminato in seguito; io, ho aiutato in quel compito, a dirla tutta... sono stato responsabile della metà delle vittime." Deglutì, ma non sollevò le palpebre e il mio cuore si strinse in una morsa, al ricordo di ciò che Chicago e i Tagliagole avessero attuato durante gli anni in cui i miei genitori si erano appena sposati. "Comunque, mi hanno catturato, una notte e... quella che era la mia ragazza"— mi portai le mani alle labbra e solo in quel momento Noah mi trafisse con il suo sguardo gelido, gli zigomi accentuati dalla sua serietà e la bocca atteggiata in una lunga linea rigida —"per liberarmi ha consegnato mia sorella."

Strinsi la mano intorno alla camicetta e faticai a respirare. Per nessun motivo avrei mai accettato che i miei fratelli potessero perdere la vita o si sacrificarsi per me, mai al mondo avrei potuto sopportare la perdita di un fratello.

"Mio Dio, mi-mi-

"Non dire mi dispiace." Scosse la testa. "Non mi serve, non fa bene a nessuno, ma è questa la verità che volevi... otto anni fa mi sono ripromesso di non affezionarmi più a nessuno, ma tu... cazzo, Ella, tu sei diversa... e-e allora ho dovuto trovare qualsiasi motivo per conoscerti, per starti vicino e imparare a conoscerti." Deglutì a vuoto. "Quella sera, dopo la tua spettacolare esibizione, ti ho parlato perché avevo bisogno di capirti, ti avevo visto sul quel palco e semplicemente avevo voglia di essere benedetto da un po' della tua vitalità, della tua allegria... hai sorriso per tutta l'esibizione"— sospirò e si guardò le mani, come se fossero il libro da cui stesse leggendo la propria storia—"ma poi si sono intromessi Keegan e Jack, i tuoi e il mio piano mi è scivolato via dalle mani, allora ho dovuto cercare un altro modo per starti vicino, un altro fottuto modo per parlarti ancora e vederti sorridere." Respirò in affanno e non trovai la forza di rompere il contatto visivo, perché era così sincero, così disarmante, che avrei potuto ascoltarlo per sempre. "Quando ho saputo delle prove, avrei voluto uccidere Jack. Le prove irlandesi sono una stupida tradizione vecchia come la scrittura e la gente ci perde la vita, Ella. Mi sono promesso di aiutarti, perché non potevo perderti, non potevo vedere la vita fluire dal tuo corpo, quella vitalità che emanavi con così tanta fierezza e libertà, così mi sono detto che se ti fossi riuscito ad aiutare, almeno non sarei stato-

"Inutile come con tua sorella," bisbigliai e lui annuì triste. "Ma non è stata colpa tua."

"Ma dovevo sapere, Ella. Avrei dovuto sapere, leggere tra le righe. Quando mi hanno catturato ho perso la testa e così anche i miei genitori, e quando Eirene è scomparsa... si sono persi del tutto." Le sue mani tremarono leggermente e le circondai con le mie; a quel gesto sollevò di scatto la testa. "E poi, quando ha provato a fare a te quello che aveva fatto a Shannon, non sono più riuscito a contenermi. Avevo già avvisato Aimee Linneth ma mi ero ripromesso di starti alla larga, sono stato così egoista... così fottutamente egoista."

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora