Ella Lyudmila Ivanov, Casa Sicura, paese remoto vicino a Belfast, Irlanda del Nord..
Noah tornò non molto tempo dopo, così come mi aveva promesso, ma la sua espressione quando sgusciò dentro la camera verde era meno gioviale e rilassata di qualche ora prima. Mi sollevai di scatto dal divanetto sul quale avevo sonnecchiato tutta la mattina e mi avvicinai con il bicchiere pieno di succo all'arancia per cercare di comprendere quale fosse il problema.
"È successo qualcosa?" Noah non mi rispose e la mano che teneva ferma il bicchiere tremò; d'istinto, Noah la circondò e cercò di fare in modo che le mie dita si rilassassero intorno al vetro. "È successo qualcosa? Noah?" Tremò anche la mia voce mentre la mia mente spaziava tra possibili scenari che terminavano tutti con l'uccisione di qualche mio famigliare per mano di un pazzo psicopatico. "Per favore dimmi qualcosa."
"Shhh." Mi appoggiò l'altra mano sul collo e mi accarezzò in silenzio. "Niente di irrimediabile, ma qualcosa per cui ci dovremo separare per un po' di tempo."
"I-In che senso s-separare?" Qualcosa era andato storto? "Jack ha per caso minacciato qualcuno della mia famiglia? O della tua?"
Cercai i suoi occhi e Noah non evitò il mio sguardo, ma deglutì come se dovesse ingoiare un mucchio di sassi.
"Niente di tutto ciò, per adesso non sappiamo cosa stia facendo Jack." Ma non sembrò del tutto convinto; eppure lasciai perdere perché avevo compreso non essere quello il motivo principale del cambio di umore dell' irlandese di fronte a me. "Vieni." Prese la mia mano e mi fece accomodare sulle sue gambe, abbastanza vicino al camino da schermarci dal freddo del temporale irlandese. "La prima volta che ti ho incontrata dopo l'esibizione e che mi sono presentato, l'ho fatto come giocatore della nazionale di football e quella è la mia copertura per sostenere gli introiti della casa sicura."
"Okay." Non riuscivo a comprendere dove volesse andare a parare, ma mi ricordavo alla perfezione come si era presentato. "Ma non capi-
"Mi hanno chiamato per giocare il campionato." Un grosso incudine piombò sul fondo del mio stomaco e non potei far altro se non fissarlo con la bocca aperta e incapace di preferire parola alcuna. Noah mi lasciò poco tempo prima di riprendere a parlare: "devo andare. Devo andare perché lo devo a questo progetto e perché devo sostenere la mia famiglia, ma ho bisogno che tu sappia quanto tenga a te e questo..."—rovistò nelle sue tasche e ne estrasse una scatolina nera di velluto che mi fece battere il cuore—"è una promessa, Ella. La promessa del mio impegno futuro. Conserva questo anello, Ella perché non permetterò a nessuno di portarti via."
Aleksei Fabiano Ivanov, Villa Ivanov, Mosca, Russia.
Scesi le scale del seminterrato con mia moglie qualche passo dietro di me e con nonchalance raggiunsi la cella al di sotto di villa Ivanov, quella in cui mio padre e mio suocero, nonchè zio, stavano lavorando.
Erin mi bloccò per il braccio e prima che potessi raggiungere la porta mi trovai a fronteggiare la sbandata più piacevole che avessi avuto in vita mia. Dopo anni e una figlia, Erin si tingeva ancora quei bellissimi capelli di lilla e utilizzava ancora i piercing, e non avevo assolutamente intenzione di vederla senza quei tratti caratteristici per il resto della mia vita.
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Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|
ChickLit*Si consiglia la lettura del primo libro: Promessa| I 'leoni di San Patrizio" sono un gruppo criminale Italo-irlandese della peggior specie. Senza scrupoli, senza vergogna, ma soprattutto senza restrizioni. Ella Lyudmila Ivanov si troverà ad affron...