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Gennady Andrej Ivanov, Villa Ivanov, Mosca, Russia.

"Qualcosa non va." E non andava davvero, me lo sentivo dentro le ossa, mi riverberavano come se la corrente elettrica avesse deciso di impossessarsi di me. "No, non va, c'è qualcosa che non va."

Mi massaggiai il petto per cercare di eludere quella sensazione inquietante ma non ci riuscii.

"Gen, magari è solo un po' di ansia." Laoise cercò di sorridere. "Non credo che mio fratello sia davvero riuscito a localizzare la casa sicura." Si sollevò dal materasso e mi raggiunse, appoggiandomi con delicatezza la mano sulla spalla, seppur fossi di gran lunga più alto di lei. "È da solo e sta agendo governato dall'istinto e sarà un grosso errore, fatale per lui."

Sfarfallai le palpebre e studiai la sua espressione. Era seria e determinata alla luce della luna russa, pronta a qualsiasi scenario.

"Ma potrebbe comunque aver raggiunto mia sorella."

Sollevò il mento e girò la testa per guardarmi.

"È vero, potrebbe, ma non sarà difficile per tuo cugino e suo marito metterlo fuori gioco, perché Jack in questo momento non agisce con la logica. Non ha un piano."

Le feci scorrere la mano intorno alla vita e feci in modo che si appoggiasse a me; avevo bisogno del suo sostegno, da un mese e più mi ero accorto che Laoise fosse diventata indispensabile per me.

"È questo che mi fa paura," bisbigliai sottovoce. "È proprio questo di cui ho paura."

Ella Lyudmila Ivanov, casa sicura, paese remoto vicino a Belfast, Irlanda del Nord

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Ella Lyudmila Ivanov, casa sicura, paese remoto vicino a Belfast, Irlanda del Nord.

Mi immobilizzai di fronte a mio cugino ed Edrian bardati con delle tute sofisticate anti-proiettile e deglutii un grosso boccone di paura. Incollai gli occhi a quelli di Vanja e cercai di comprendere la situazione.

Non avevo nemmeno un'arma. Non avevo nulla per poter rispondere, ma avevo la mia lucidità, ero abbastanza lucida da pensare ad un piano.

"Pozvol' mne sdelat' eto." Lascia fare a me.

Vanja scosse la testa e non abbassò l'arma, così come Edrian, che aveva assunto un cipiglio quasi insofferente.

"U menya uzhe yest' tot, kto chuvstvuyet sebya geroyem, ya ne khochu, chtoby na moyey sovesti byl mertvyy Ivanov." Ne ho già uno che si sente un eroe, non voglio un Ivanov morto sulla mia coscienza.

Guardai Edrian indispettita e anche le labbra di mio cugino si curvarono in un broncio.

"Parlate in inglese." Udii Jack disinnescare il cane e iniziai a sudare freddo. "O la testa di Ella salta ancora prima di fare il vostro ultimo respiro."

Vanja sorrise beffardo e si sistemò il cappello sui capelli rossi bagnati, per poi avanzare di qualche passo verso Jack; spostai lo sguardo su Edrian e quando quei due occhi bicolore si posarono su di me, compresi che quei due erano fottutamente allineati sul piano... ma che piano?

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora