XXVIII

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Ella Lyudmila Ivanov, Località varie, Las Vegas, Stati Uniti d'America.

Non ebbi l'occasione di indagare oltre sullo stato di fondatore della casa sicura di Noah, perché una porta antincendio venne sbattuta con forza e il rumore rimbombò lungo tutto il corridoio.

All'interno del corridoio.

Da come le spalle del biondo di fronte a me si tesero, potei dire con certezza che non si trattava di un buon segno; assolutamente no. Mi bloccai e deglutii il terrore che lentamente aveva iniziato a strusciarmi lungo la pelle. Mio padre... se mio padre avesse saputo che me la stavo facendo sotto davanti ad uno psicopatico, come minimo non mi avrebbe parlato per i prossimi due anni.

Mi aveva allenato personalmente, insieme ai miei zii e i miei fratelli, proprio per questo motivo, perché se mi fossi trovata nella situazione peggiore, non sarei stata indifesa e inerme... ed io me la stavo facendo sotto, il panico mi stava incatenando la mente, rendendola una poltiglia di polvere.

"Ella, tieni la pistola."

La pistola? Da dove aveva tirato fuori quella pistola? E perché avevo in mano una pistola?

Sollevai la testa e lo osservai sbigottita.

"Co-Come?"

Imprecò sottovoce e fece sì che le mie dita circondarono il calcio.

"Ella, non è il tempo né il luogo per farsi prendere da panico, mh?" Mi appoggiò le mani a coppa sul volto e guardai inespressiva i suoi occhi. "Dobbiamo uscire da questo tunnel, raggiungere la mia macchina e andare all'aeroporto." Mi bagnai il labbro inferiore ma non risposi, e Noah perse un po' di quella sua calma ancestrale. "D'accordo, a mali estremi...."

Non fui in grado di captare il suo movimento, ma la sensazione che mi invase fu dolorosa e appena sopra alla spalla sinistra; in seguito, il mondo venne inghiottito nel buio.

Sfarfallai le palpebre e per un momento non compresi dove mi trovassi, perché la superficie su cui la mia schiena poggiava era troppo morbida e strana per essere qualsiasi altra-

Spalancai gli occhi in preda al terrore di essere stata catturata e mi sollevai di scatto.

"Piano, Ella."

La voce bassa di Noah mi prese alla sprovvista e ruotai la testa verso di lui.

"Dove siamo?" Sfarfallai gli occhi alla rinfusa e biascicai. "Dove mi trovo?"

Noah non rispose; tutt'altro, mi allungò una bottiglietta d'acqua e continuò a concentrarsi sulla strada. Arricciai le dita intorno alla plastica e deglutii. Ero su un auto, quindi voleva dire che eravamo riusciti a scappare. Presi un grosso respiro e guardai la bottiglietta tra le mie mani con perplessità.

"Non è avvelenata."

Corrugai le sopracciglia e sbuffai.

"Non ho pensato a questo." Invece avevo proprio pensato a quello e la sua occhiata di blando divertimento mi confermò che la mia bugia fosse palese anche lui. "Ma grazie," blaterai aprendo la bottiglietta e scoprendomi improvvisamente disidratata. "Grazie." Mi allungai a prendere la seconda bottiglietta d'acqua, che terminai con altrettanta velocità. "Devo chiamare mio padre e i miei fratelli." Sospirai e presi il telefono, notando le sei chiamate perse. "Non sarà per niente divertente."

"Aimee Linneth mi ha riferito che l'avrebbe fatto lei, non so." Scosse le spalle. "Io ho solo eseguito gli ordini."

"Non sarà una passeggiata." Composi il numero di mio padre e rimasi in attesa con il telefono all'orecchio. "Papà?"

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora