XI

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Laoise De Mattheis, ricevimento Gala De Mattheis, Las Vegas, Stati Uniti d'America.

Mi avvicinai a mio fratello e cugino con le orecchie attente, perché quando Noah O'Crowley era nei paraggi, Jack e Keegan diventavano imprevedibili; se il termine imprevedibili riusciva a riassumere i comportamenti degli ultimi tre anni: risse sfociate dal nulla, sparatorie nel mezzo di Las Vegas, sfide insulse ed insensate... Insomma, si trasformavano nei perfetti uomini irlandesi trogloditi che erano gli O' Crowley: niente di meno che un branco di contadini, di cui facevo parte per metà.

"Non so chi dei tre è più letale"— stava dicendo Keegan a Jack, che non sembrava intenzionato a muoversi verso Ella perché troppo intento a decidere come prendere a pugni nostro cugino—"forse il secondogenito."

"Per me è il biondo." Agguantai il calice di champagne dalle mani di Jack e lo trangugiai, sviando la sua occhiataccia. "Mi spiego meglio: sono tutti e tre la morte incarnata, ma il biondo, Mikhail Ivanov, è imprevedibile, fottutamente imprevedibile."

Keegan annuì e sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sfuggita al codino che era solito farsi nelle occasioni pubbliche; Keegan amava i capelli lunghi, mentre Jack no, li aveva sempre portati corti e alla moda.

"Cosa bolle in pentola?" Jack mi scrutò con attenzione. "Vedo che stai architettando un piano, hai la solita ruga in mezzo alla fronte."

"Non ho nessuna ruga." Mi toccai la zona interessata e sorrisi con malizia. "Ma ho un piano da sottoporre a nostra madre, visto che i russi mi hanno bruciato le tappe." Incontrai gli occhi azzurri di Gennady e gli feci un leggero cenno con la testa, che comprese al volo. "Un piano per cui mi deve aiutare il mio futuro marito."

"Stai attenta."

Mi lisciai l'abito verde smeraldo e sorrisi.

"Non lo sono sempre?"

"No." Jack inarcò un sopracciglio. "Da quando è arrivato Gennady, direi di no."

"Se solo ti trovassi la ragazza, fratello, forse saresti più simpatico."

Con uno svolazzare di vesti verde smeraldo, mi allontanai dai due e mi diressi verso la terrazza; sapevo di avere Gennady alle calcagna, percepivo il suo passo cadenzato dietro la mia schiena e quando spalancai la portafinestra, riuscii a respirare solo un millisecondo prima che le sue labbra si appoggiassero di nuovo sulle mie.

"Ti mancavo già, irlandese?"

I due occhi azzurri, patrimonio russo degli Ivanov, brillarono alla luce della luna e fui quasi tentata di lanciare il vestito verde giù dal balcone e fiondarmi di nuovo tra le braccia di Gennady, ma non era quello il motivo per cui avevo richiesto la sua presenza e dovevo concentrarmi.

"Per quanto adori intrattenermi con te"—gli feci scivolare la mano lungo il collo e gli tirai il colletto della camicia—"non ti ho chiesto di seguirmi per questo."

Il suo sorrisino si trasformò in un ghigno diabolico.

"E allora per quale?"

"Perché"—gli allacciai le braccia dietro il collo e le mie mani si persero tra i suoi capelli castani dorati—"perché ho bisogno che mi aiuti a conquistare mia madre."

Inclinò la testa verso di me.

"E cosa vorrebbe dalla mia futura moglie la feroce Aimee Linneth?"

"I colombiani."

Gennady si staccò da me bruscamente; non lo trattenni, perché non avevo di certo sganciato una piccola bomba tra me e il russo.

"Sei pazza?"

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora