Epilogo 2

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Vanja Benjamin Ivanov.

Mi guardai la fasciatura ancora presente nonostante fossero trascorsi più di tre mesi e mi accomodai di nuovo su una delle panche in legno della bellissima chiesa in Irlanda, che Ella e Gennady avevano scelto per omaggiare i loro sposi.

Era stata una decisione differente dalla solita che si prendeva all'interno della Drakta, ma spettacolare: la bella struttura architettonica in stile gotico sorgeva lungo un'enorme distesa verde e non vi era nulla di più irlandese di quello scenario. Nulla di più incantato. Sembrava uno scenario estrapolato da una favola per bambini.

Sospirai e cercai di allungare il collo oltre i fratelli O'Crowley, rimasti seduti a chiacchierare, e sbirciare dalla mia posizione che fine avesse fatto Edrian. Era sparito con mia figlia tra la folla e mi aveva pregato di non muovermi. Non che potessi andare da qualche parte, perché da quando i medici dell'ospedale in cui ero stato ricoverato avevano deciso di indurmi il coma farmacologico, per Edrian ero diventato incapace anche di cucinarmi la colazione e se all'inizio era stato divertente, ora era diventato un po' seccante.

Per giunta la bellissima cerimonia doppia si era conclusa da una decina di minuti ed adesso si stavano tutti spostando all'esterno, tranne me.m; non vi era nessuno che potesse aiutarmi, nemmeno i miei genitori che erano corsi verso gli sposi.

Una manina abbronzata cicciottella mi schiaffeggiò il ginocchio e con un gran sorriso intrecciai le dita a quelle di mia figlia Iolani.

"Papi!" Aprì e chiuse le manine più volte, con il chiaro intento di essere presa in braccio. "Papi."

Guardai oltre la mia bambina e cercai la chioma platino del mio compagno; non vedendola, sorrisi furbo a Iolani e mi allungai per prendere in braccio la mia principessa.

"Niente sforzi." Edrian me la prese dalle mani. "Ancora niente sforzi."

"Stai scherzando?" Inclinai la testa verso l'alto e lo guardai con sofferenza. "Questa situazione sta diventando assurda, non ho nessun handicap, Edrian."

Ma Edrian non mi ascoltò e si limitò a sbaciucchiare la guanciotta di Iolani, che continuava a chiamare papà il mio compagno fin troppo compiaciuto di aver catturato l'attenzione. Io ero papi e lui papà da circa una settimana dopo la mia dimissione, a un mese dalla sua adozione.

"Vanja, riesci ad alzarti?"

Quasi ringhiai a quella domanda ed Edrian scoppiò a ridere.

"La devi davvero smettere, già c'è mio padre che sembra impazzito, tra me e Iolani non so chi strapazza di più."

"Appoggiati al mio braccio."

E lo feci solo perché se no non avremmo raggiunto il salone del ricevimento in tempo per pranzare; mi appoggiai piacevolmente ad Edrian e all'uscita salutai entrambi i miei cugini bellissimi ed emozionantissimi. Ella per prima mi raggiunse e mi abbracciò con forza.

"Hai deciso?" Le sistemai una ciocca castano dorata scappata dal suo raccolto impeccabile e le sorrisi. "Voglio essere il primo a saperlo."

Ella si appoggiò a Noah, bello come un modello nello smoking nero classico e mi sentii vagamente in colpa quando notai le gambe muscolose dell'uomo, ma nessuno si accorse della mia occhiata di apprezzamento; più tardi avrei incolpato Edrian, era colpa sua se adesso continuavo a guardare Noah, perché qualche giorno fa avevamo rivisto la finale irlandese e aveva continuato a fare battute sulle gambe dei calciatori.

"Rimarrò qui." Mi sorrise felice come una bambina a Natale con quelle sue due labbra rosse color ciliegio. "È settembre e grazie a Noah posso insegnare nella scuola privata del quartiere finanziata dagli O'Crowley, la stessa che frequenta Liam." Girò la testa verso destra e il bel velo lungo seguì il movimento. "A proposito, mamma mi ha detto che zio Ivan voleva permettere a Primorose di fare un viaggio all'estero, magari glielo propongo, anche se non la vedo da nessuna parte." Appoggiò una mano sul petto di Noah e si sporse oltre il marito. "Tesoro, dovresti assolutamente dire a Liam di parlare con Prim, ma non vedo nessuno dei due."

Noah sorrise e in quel sorriso lessi molto di ciò che Ella non riuscì a comprendere.

"Lo farò, cara, vado dai miei fratelli adesso." Le baciò la fronte. "Ti aspetto di là per la nostra entrata."

Annuì e poi mi guardò di nuovo.

"Sono al settimo cielo." Mi confidò allungandosi per baciare Iolani, ancora aggrappata ad Edrian. "Sono davvero felice che siate riusciti a venire."

"Saremmo comunque riusciti ad esserci." Sbuffai. "Edrian ha la crisi di mezza età e non sa più quello che dice."

Dopo quel siparietto con Ella, ci congratulammo anche con uno splendido Gennady ed una magnifica Laoise e fu solo un'ora dopo che trovai uno stralcio di tempo per parlare da solo con il mio compagno.

"Annika e Iolani sono laggiù." Indicai i giochi e mi accesi una sigaretta. "Finalmente posso parlarti."

Edrian si avvicinò al mio viso e con una mano sul mio collo si accese la sigaretta, facendola combaciare con la mia. Rabbrividii lievemente e fissai i suoi occhi verdi, azzurri e leggermente marroni.

"Cosa volevi dirmi?"

"Smettila di trattarmi come un malato." Feci un passo verso di lui e gli rubai un po' di spazio. "Sto bene, Edrian, davvero." Presi la mano libera dalla sigaretta e gli strofinai il palmo con il pollice. "Sono qui."

Deglutì convulsamente e spostò la testa lontano dal mio sguardo.

"Ti stavo perdendo, Van, ti stavo davvero perdendo questa volta."

Gli baciai leggermente il collo.

"Ma sono qui, e non ho intenzione di andarmene."

"Lo so."

The End.

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora