Ella Lyudmila Ivanov, paese remoto vicino a Belfast, Irlanda del Nord.
E così finii per essere incarcerata nello studio della casa sicura. A primo impatto, ero rimasta piuttosto colpita della bella e gigantesca villa gotica, in linea con lo stile irlandese, e l'immenso prato curato; così come ero rimasta impressionata della moltitudine di donne e bambini che si aggiravano tra le mura, ma quando Noah O'Crowley aveva chiesto ad un suo tirapiedi di portarmi in questo studio, dopo ben ventotto ore di volo e una dormita delle peggiori, il mio risentimento continuava a crescere ad ondate.
"Voglio uscire." Mi sollevai di scatto, incurante che l'uomo dell'età di Noah mi stesse studiando con un sadico divertimento nascosto dal cappellino da baseball, che sembrava seguirlo ovunque e mi avvicinai alla porta. "Levati immediatamente."
"Non siamo in Russia, piccola."
"Come mi hai chiamato, scusa?"
E mi avvicinai così tanto che l'odore della sua colonia mi fece arricciare il naso.
"Piccola," ripetè con un sorriso sornione che si tramutò in un ghigno. "E comunque, Noah mi ha detto di non farti uscire."
Sbuffai. "Avrai capito male, Noah mi ha portato qui per salvarmi la vita, non per imprigionarmi di nuovo." Alla mia constatazione. Alla mia stupida constatazione l'uomo scoppiò a ridere di gusto e mi infuriai. "Cosa c'è di così divertente?"
"Il fatto che credi che Noah ti voglia salvare."
Mi immobilizzai, così come fece il soggetto del nostro discorso non appena varcò la soglia del suo studio; mi voltai appena verso di lui con umiliazione, imbarazzo e vergogna crescente e quando notai la sua mascella tesa, gli occhi fissi in quelli dell'uomo, del suo soldato, compresi con assoluta chiarezza, compresi che l'uomo davanti alla porta principale dello studio di Noah stesse dicendo la verità.
"Noah?" E mi odiai per il tremolio nella mia voce. "Noah?" Cercai di catturare la sua attenzione, ma sembrava che fosse troppo impegnato in uno scontro mentale con il soldato per curarsi della mia richiesta di aiuto. "Cosa sta dicendo?"
Noah mi diede le spalle, si versò da bere in un bicchiere e guardò l'altro uomo.
"Grazie, Kieran, puoi andare."
Ma Kieran, l'irlandese, non si mosse; anzi, se possibile fece un passo avanti e la sua espressione si indurì a tal punto da far paura. I miei occhi saettarono dall'uno all'altro e il mio cuore continuò a martellare contro la cassa toracica, impazzito.
"Ricordati." La voce del tale Kieran riverberò tra le pareti. "Ricordati perchè eri tornato a Las Vegas."
Le dita di Noah si arricciarono intorno al bicchiere e diventarono bianche.
"Credimi, Kieran"— bevve con lentezza e mi odiai per come i miei occhi si focalizzarono sul suo pomo d'Adamo—"non è qualcosa che mi dimentico, ora vai pure da Aidan, ti aspetta nel salone nord."
L'uomo con il cappellino da baseball non rispose, girò sui tacchi e chiuse la porta. Solo quando il rumore della stessa contro le pareti della casa si fu dissolto in un soffuso ronzio, mi voltai verso il diretto interessato, che nel frattempo si era seduto, aveva slacciato due bottoni della camicia nera aderente, aveva reclinato la testa all'indietro e sollevato i piedi sulla sua scrivania... ogni pensiero si volatilizzò per qualche secondo.
"Che cosa significa?" La mia voce vibrò per la fatica che feci a contenermi. "Che cazzo significa tutto questo?!"
"Niente."
Non aprì gli occhi e non si mosse. Mi avvicinai furiosa e sbattei una mano sulla scrivania.
"Noah, che cazzo significa?!" E non fu solo rabbia quella che provai, ma anche paura, paura di essere stata ingannata di nuovo ed essere portata lontano dalla mia famiglia. "Pretendo di sapere che cosa-
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Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|
ChickLit*Si consiglia la lettura del primo libro: Promessa| I 'leoni di San Patrizio" sono un gruppo criminale Italo-irlandese della peggior specie. Senza scrupoli, senza vergogna, ma soprattutto senza restrizioni. Ella Lyudmila Ivanov si troverà ad affron...