Ella Lyudmila Ivanov, paese remoto vicino a Belfast, Irlanda del Nord.
Prima di approcciare Shannon ci avevo pensato per molto tempo; ad essere onesta ci era voluta una buona mezz'ora per convincermi, ma poi avevo sospirato e le mie gambe si erano mosse verso quella ragazza raccolta sulla panchina.
Mi ero seduta e non avevo aperto bocca; mi ero semplicemente concessa di osservare l'orizzonte e lo avevo trovato drammaticamente rilassante. Quasi avevo compreso come mai rimanesse incantata per tutto quel tempo, era rilassante, in qualche modo era davvero rilassante fissare il panorama e la sua dinamicità.
Respirai a pieni polmoni e mi maledissi per il mio brutto carattere; ero scettica, impulsiva, a tratti razionale e a tratti emotiva, sensibile. Un caleidoscopio di emozioni e sentimenti. Grezza come una pietra in alcuni punti, soffici in altri e affilata in profondità. Un prezioso diamante, così mi aveva chiamato più volte mio padre e così mi sentivo, con mille sfaccettature e contraddizioni.
"Sei Ella Ivanov, non è così?" La voce dolce della ragazza mi colpì e così il suo aspetto quando mi guardò da sopra la spalla. "Io sono Shannon." Sorrise.
Deglutii e prima di rispondere osservai la profonda cicatrice che partiva da sotto il mento e si estendeva lungo il collo.
"Mi dispiace," dissi di getto tornando con lo sguardo alle sue pupille, rendendomi conto solo in quel momento che l'avevo fissata ad occhi sbarrati per più di un minuto. "Mi dispiace."
Shannon scrollò le spalle e sorrise ancora mentre i capelli rossi vennero trasportati dalla gentile brezza delle colline irlandesi.
"Non devi scusarti, Ella." Tornò a osservare il verde che frusciava intorno alle sue gambe. "Va tutto bene, lo so come è il mio viso e ne vado fiera." Non sapevo che cosa rispondere, come rispondere a quella sua ammissione di consapevolezza, a quella forza sovrumana, ma fu lei a parlare ancora una volta e togliermi dall'impiccio. "Sai perché mi piace l'orizzonte?"
Scossi la testa e mi schiarii la voce. "No."
"Mi ricorda la libertà." Con un cenno del mento indicò la sedia a rotelle che fino a quel momento non avevo notato e fui sicura che il mio cuore si accartocciò nella cassa toracica e si spezzò in mille piccolo schegge. "La libertà che avevo."
"È successo... è successo quando..."
Non riuscii a terminare la frase e fu lei che annuì; ancora una volta rese evidente la sua forza.
"L'ho perdonato, sai? Mi ci sono voluti tre anni, ma non provo alcun rancore." Quando sospirò desiderai raccogliermi nella camera in cui mi avevano rinchiuso e nascondermi dentro alle coperte, ma la voce musicale di Shannon mi riaccolse nel presente. "A quell'epoca ho fatto anche io molto scelte sbagliate." Scosse la testa in un blando e sincero gesto. "Sai, quando vivi a Las Vegas, sei giovane e fai parte di una delle famiglie più influenti, è molto semplice perdere la strada." Mi guardò di nuovo e questa volta i miei occhi si fissarono nei suoi, di una calda tonalità marrone. "Io e il mio gruppo di amici ci facevamo di MDMA e nel gruppo vi era anche Jack, mio fidanzato all'epoca; ne facevamo utilizzo ogni dannata sera. Era nato tutto come un gioco, come qualcosa da provare, il brivido della libertà e si è trasformato nel mostro che me l'ha mangiata quella libertà che agognavo così tanto." Rabbrividii e la sua mano si appoggiò sopra la mia e la strinse comprensiva. "Le cose sono degenerate quell'ultima notte e mentre ho cercato di scappare, per colpa della droga, mi sono lanciata dalla finestra del primo piano credendo di scendere le scale."
Sobbalzai e mi portai le mani alla bocca. "Oh, mio Dio..." Respirai velocemente e con difficoltà. "Oh, mio Dio... io-io-io non immagino... il calvario..."
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Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|
ChickLit*Si consiglia la lettura del primo libro: Promessa| I 'leoni di San Patrizio" sono un gruppo criminale Italo-irlandese della peggior specie. Senza scrupoli, senza vergogna, ma soprattutto senza restrizioni. Ella Lyudmila Ivanov si troverà ad affron...