XLIII

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Vanja Thoedore Ivanov, Villa Ivanov, Mosca, Russia.

Presi d'assalto l'uscita dell'ufficio di mio zio, quando Fillip ne varcò la soglia con un diavolo per capello; mi allontanai con circospezione, seguito da Edrian e tirai un sospiro di sollievo solo quando fummo nel corridoio. Non avevo proprio voglia di assistere ad una scenata di gelosia, non quando quel tornado di Fillip era il fottuto problema. Quel ragazzo era troppo impulsivo e quella sarebbe stata la sua croce.

"Grande e grosso e hai paura dei piagnistei di un ragazzino?" Sorrisi quando il fiato caldo di Edrian mi solleticò l'orecchio, così come quando scorsi due ciuffi biondo platino alla mia destra. "Mi deludi Ivanov, cosa farai con il nostro futuro figlio?"

Un lungo brivido mi percorse la colonna vertebrale all'accenno di un vero futuro insieme, ma rimasi fintamente impassibile solo per dargli un po' di fastidio; mi sembrava tutto alquanto paradossale, constatato che era poco meno di anno che avevo abbracciato la mia sessualità senza rimpianti, eppure era tutto così semplice con Edrian, così naturale, che a guardarmi indietro mi imbarazzavo per aver anche solo pensato che ammettere la mia omosessualità avrebbe rovinato il rapporto con tutti.

"Mmmh, direi che te ne occuperai tu."

"Non credo proprio, sarai anche tu un papà."

Arricciai le dita dei piedi negli scarponi e il mio compagno ridacchiò consapevole delle mie reazioni; svoltammo in un altro corridoio, così da dirigerci nella mia vecchia camera per recuperare qualche arma e vestito, in rigoroso silenzio. Un silenzio che però scoppiettava sulla mia pelle e lungo i miei tatuaggi, preludio di una bella serata.

"Dove li hai comprati questi pantaloni della tuta?"

Lo guardai da sopra la spalla e inarcai un sopracciglio al cambio drastico di discorso.

"Mah... ti ricordi il giorno in cui avevi messo il broncio perché alla fine era saltata la nostra cena fuori? Ecco, quel giorno in cui ti sei rifiutato di uscire con me più volte, ho deciso di andare a fare shopping, ma senza di te."

Sogghignai quando mi acchiappò per la maglietta nera a maniche lunghe attillata.

"Sei andato senza di me," mormorò fintamente imbronciato ed annuii con un ghigno. "Nel nostro negozio." Aprii la bocca ma la richiusi subito e dall'espressione di Edrian compresi fosse davvero piccato della mia decisione, il che mi faceva crepare dal ridere considerato che era stato lui a rifiutarsi di uscire con il sottoscritto. "A comprarti un paio di fottuti pantaloni della tuta grigia che ti fanno un bel culo?"

Non riuscii a trattenermi oltre e scoppiai in una risata starnazzante, ma quando mi ripresi cercai di spiegargli il mio punto di vista.

"Primo, sei stato tu a non voler venire con me quel giorno." Fece per obiettare ma gli tappai la bocca con due dita e feci un passo verso di lui, sfiorando la mia fronte con i suoi capelli. "E secondo, se continui con gli apprezzamenti, qualcuno potrebbe dire che ne sei ossessionato." Mi avvicinai e gli leccai le labbra. "Parli sempre del mio lato b." Mi immersi nei suoi occhi bicolore. "Magari ti faccio vedere da mia zia."

"Sono seriamente ossessionato dal tuo lato b, Ivanov." Ricambiò la mia occhiata di fuoco e sorrise. "E ne vado anche fiero."

Così concentrati non udimmo il ticchettio delle scarpe di mia madre sul pavimento e non ci accorgemmo nemmeno della sua vicinanza.

"Piccioncini, questa villa è piena di camere perché metà del patrimonio di mio figlio non lo riesce a tenere nelle mutande per più di sei ore, non ci offendiamo se ne utilizzate un paio." Ammiccò e salutò mio padre, che stava uscendo dallo studio di Dimitri, forse per il nostro stesso motivo. "Davvero? Piuttosto che in mezzo al corridoio, ci sono camere e camere inutilizzate."

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora