XIII

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Ella Lyudmila Ivanov, Ricevimento del Gala dei De Mattheis, Las Vegas, Stati Uniti d'America.

Tutti in quel salone udirono il tonfo sordo che riverberò lungo le pareti della villa e fu inutile constatare che i miei famigliari corsero verso il rumore come calamite attratte dal ferro; sembrava che gli Ivanov adorassero il pericolo, il sangue e le scazzottate, quindi non era poi così strano trovarli indaffarati nel cercare di comprendere il motivo di quel trambusto.

Non mi affrettai, decisi di non rovinarmi la serata e per questo mi avviai con lentezza verso il luogo del disastro, perché essendo cresciuta con quasi solo maschi in casa, sapevo che si trattava di un disastro.

Infatti, mi bastò una piccola occhiata sopra la spalla di mio fratello per poter notare il disastro e una mezz'ora successiva mi ritrovai a medicare le ferite di uno stupido irlandese.

"Non muoverti," gli dissi per l'ennesima volta con la mano a mezz'aria. "Se ti muovi ti farò"— Jack imprecò e incrociai le braccia con uno sguardo di fuoco—"ecco appunto, se solo stessi fermo, non ti brucerei gli occhi."

"Fai presto," ringhiò a denti stretti. "Sono stufo di stare seduto qui ad aspettare."

"Questo è il colmo, voi uomini siete tutti dannatamente uguali." Mi allungai verso Jack, appollaiato sulla lavatrice della stanza del suo lussuoso hotel e mi domandai come diamine mi fossi ritrovata in quella situazione; o meglio, il responsabile era un certo zio dai capelli biondi che avrei preso a calci in culo subito dopo aver fatto lo stesso con suo figlio, ma evitai di rimuginare. "Fate le stronzate e poi vi lamentate"—lanciai con stizza la garza nel lavandino—"e poi perché diamine sono qui?"

"Quando hai terminato di piagnucolare, magari mi sistemi il naso e lo zigomo, cosa ne dici Ella?" Ringhiai un insulto e gli spiaccicai la garza imbevuta di antibatterico sulla ferita con sadica soddisfazione; Jack mi prese con stizza il polso tra le dita. "Ora basta."

"Oh, adesso non vuoi più che ti curi?"

"Non così."

"Ah"— allontanai la mano dalla sua e mi allungai verso di lui con insofferenza—"adesso esiste anche un modo con cui Jack De Mattheis debba essere curato?"

Anche lui si sporse quel tanto necessario per varcare la mia bolla privata e farmi risucchiare l'aria tra i denti.

"Ripetilo." Il suo sussurro si infranse sulle mie labbra. "Ripetilo, Ella."

"Che-Che cosa?" Bisbigliai colta non solo dal profumo di Jack, ma anche dalla sua vicinanza. "C-Cosa dovrei ripetere?"

La sua mano tracciò una pigra carezza lungo il collo nudo a causa del raccolto e lungo la spalla, scoperta dal vestito rosso che ancora non avevo tolto. Repressi un singulto di piacere quando il suo calore si scontrò con la mia russa pelle fredda.

"Il mio nome." Con delicatezza mi appoggiò le labbra sulla giugulare e questa volta il singulto mi scappò dalle labbra. "Ripeti il mio nome."

Il suo mormorio scosse i miei follicoli piliferi e divenni molto consapevole della mia stretta contro la lavatrice e del suo corpo a qualche centimetro dal mio.

"Jack De Mattheis."

Al suo nome, la mano si chiuse sul mio collo e i suoi occhi color whiskey si incatenarono ai miei, quasi a chiedere il permesso, ma l'unica azione che riuscii a fare fu fissargli le labbra e leccare le mie. Jack De Mattheis era intrigante, soffocante e assordante. Nell'ultima settimana era sempre stato presente e piano piano avevo iniziato a sbirciarlo di nascosto, a battibeccare con lui nei corridoi solo per trovare una scusa per parlargli e...

Poi era giunta la proposta di matrimonio russa-irlandese, Noah e sapevo che non avrei potuto lanciarmi tra le braccia del primo irlandese pronto a baciarmi, ma era così bello per una volta chiudere gli occhi e lasciare che il mondo scorresse senza pensare... così fui io ad avvicinarmi e appoggiare le labbra sulle sue.

"Per inciso"—mormorai staccandomi da lui il tempo necessario per riferirgli quello che avessi in mente— "ti odio e mi stai antipatico." Lo baciai ancora mentre annuì. "E non ti sopporto"—le sue mani si chiusero sui miei fianchi—"e sei arrogante, piano di te e decisamente noioso, ma-

"Chiudi la bocca, Ella."

Mi strinse il viso con entrambe le mani e il bacio seguente non ebbe niente in comune con i pochi a stampo che gli avevo rifilato qualche secondo prima. Fu un bacio sensuale e profondo, che ci trasportò dal bagno alla camera da letto, ma fu assolutamente perfetto e ebbi decisamente voglia di approfondire la nostra conoscenza. Con una spintarella lo feci cadere sul letto e con più difficoltà del necessario, sollevai la gonna e mi adagiai a cavalcioni su Jack, che in quel momento era intento a spogliarmi con gli occhi.

Mi abbassai e lo baciai di nuovo, lasciando che le mie mani vagassero sulla sua camicia e la slacciassero per sbaglio. Spalancai la bocca in apprezzamento quando un tripudio di muscoli e addominali si palesarono alla debole luce della stanza, ma come poteva stupirmi? Erano degli uomini abituati a combattere, e la pistola con la fondina abbandonata al fianco del letto lo denotava.

"Quanto puoi..."

Scossi la testa e lo misi di nuovo a tacere. Non mi interessava che cosa la mia famiglia pensasse, che cosa fosse considerato consono o meno, non capivo perché mio fratello poteva andare a letto con Laoise e io non potevo an-

Mi bloccai di scatto e mi sollevai da Jack.

"Oh, mio Dio." Mi portai le mani alle labbra e imprecai. "Questo non doveva succedere." Cercai di allontanarmi da lui ma incespicai nel vestito, che si strappò lungo la coscia, rivelando le mie mutande. "Adesso sì che è un guaio, se mio padre dovesse trovarmi così... con te." Mi portai le mani ai capelli e cercai di chiudermi la pelle scoperta. "Mio Dio, in più devo scegliere un marito." Mi allontanai ancora e Jack sorrise sollevandosi sui gomiti. "Non ridere, ti odio."

"Oh, l'ho visto." Mi strizzò l'occhio e imprecai ancora. "Non pensavo che voi russi vi raccontaste storie per trastullarvi."

Mi avvicinai furiosa. "Io non mento a me stessa per trastullarmi e-

Divenni rossa come un peperone quando la spallina del vestito scivolò oltre la spalla.

"Devo andare." Mi girai di scatto e mi diressi verso la porta. "Ci vediamo Jack."

Prima che potessi aggiungere altro, mi bloccò.

"Promettimi una cosa, Ella."

Lo guardai con un sopracciglio sollevato da sopra la spalla. "E che cosa esattamente?"

Sembrò sforzarsi molto per sputare fuori le parole successive.

"Promettimi che non andrai da Noah."

"Come?" Le mie sopracciglia schizzarono ancora più in alto. "E perché mai?" Incrociai le mani sotto al seno e fui seriamente intrigata dalla sua  richiesta. "Dimmi perché."

"Perchè"— si sollevò con cautela e iniziò a richiudersi la camicia—"non ha una bella reputazione."

"Quindi, fammi capire bene, dovrei abbandonare la proposta di un matrimonio accettabile per una tua antipatia?"

"Non è una mia antipatia, Ella." Si toccò il naso tumefatto. "In più ci sono moltissimi irlandesi che ti vorrebbero in moglie, non c'è nessuna necessità di accettare la proposta di Noah."

Sollevai le mani al cielo con stizza.

"Sappiamo entrambi che posso accettare due al massimo tre proposte da voi irlandesi." E nessuno dei due dovette aggiungere il fatto che uno avrebbe potuto essere lui, se solo ne fosse stato intenzionato. "Non so perché dovrei ascoltarti, Jack; dopo tutto, non mi sei sembrato una persona affidabile."

Chiuse gli occhi e imprecò. "Okay, senti, ha scopato la mia ex ragazza e... e ha tradito il clan, in più pende su di lui un'accusa di violenze nei confronti della sua sorellastra."

Cercai di assorbire le sue parole, ma non potevo davvero buttare all'aria una proposta di matrimonio solo per un loro problema.

"Jack"— chiusi gli occhi sconfitta—"questo matrimonio si deve fare, un matrimonio è necessario, quindi, se mai avessi qualche altra idea, sarei aperta a qualunque consiglio e per quanto riguarda Noah, terrò gli occhi aperti e avviserò mio padre."

Sembrò intenzionato ad aggiungere altro, ma si bloccò di scatto come se non l'avesse ritenuto importante.

"È tutto ciò che potevo chiedere."

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora