IX

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Ella Lyudmila Ivanov, Teatro dei De Mattheis, Las Vegas, Stati Uniti d'America.

Tre giorni seguenti mi ritrovai sul palco dei De Mattheis con il violino stretto tra le mani, dietro le quinte del grande teatro, uno dei più importanti della città di Las Vegas. Quella era la sera. La sera per molte e diverse questioni: la sera di apertura del gala dei De Mattheis, la sera in cui avrei dovuto incontrare i miei pretendenti, la sera in cui i miei zii, il mio gemello e Aleksei, mio fratello maggiore— sì, era volato da Mosca fino a qui solo per vedermi suonare dal vivo, lasciando Erin e mia madre a casa con Fillip e Annika, che mi avrebbero guardato in streaming—mi avrebbero udito suonare.

Ero la musicista di punta e avevo dovuto indossare un abito che spiccasse tra il nero dell'orchestra. Era rosso, rosso intenso con una gonna ampia, arricchita da uno spacco vertiginoso che lasciava intravedere i sandali cristallo e un grosso fiocco alla base della schiena, che evidenziava la profonda scollatura posteriore. Un raccolto leggero e delicato per i miei capelli mossi, con un trucco ancor più soffuso e due orecchini costellati di diamanti in pendant con i sandali.

Cercai di tenere a freno il battito tamburellante del mio cuore e quando mi presentarono, a testa alta varcai il palcoscenico e mi posizionai al limitare del sipario aperto, sulla sinistra, un po' verso il centro, ma non molto lontano dal direttore di orchestra, il nostro maestro. Con un'occhiata di sbieco notai l'intero corpo musicale posizionato nelle sedie posteriori, l'incidente all'interno del The Apocalypse lontano dai nostri pensieri e con un sorriso accolsi gli applausi del pubblico; purtroppo, non riuscii a localizzare nessuno dei miei famigliari, ma il fischio, che sicuramente giunse da mio zio Mikhail, fu alquanto udibile e suscitò dei risolini nervosi tra i miei compagni.

Sorrisi e mi concentrai.

L'inverno di Vivaldi.

Per la verità, dovevamo suonare tutte le stagioni, ma il nostro direttore aveva deciso di iniziare con l'Inverno, composizione in cui ero la solista.

Posizionai il violino sotto il mento, chiusi gli occhi, respirai e quando fu il mio turno, lasciai che l'archetto solcasse le corde e le mie dita pizzicassero la tastiera del mio fidato violino. Abbandonai me stessa all'interno delle note della composizione del grande Vivaldi e nei cinque minuti che suonai ininterrottamente, anche il male alla gamba fu un nonnulla a confronto dell'immensa, inebriante e totalizzante emozione che nacque nel mio petto.

Era un dono. Percepire la musica con così tanta forza ed emozione era un dono ancestrale e ringraziai dal profondo del cuore la passione di Maria Maddalena per tale arte, perché era solo grazie a lei se l'avevo assaporata e ne ero rimasta incantata.

Il primo movimento, «l'Allegro non molto», descriveva le sensazioni di tremito causate dal gelo intenso e glaciale. Nessuna melodia, all'inizio: solo un insieme di note puntate che rendevano in modo efficace l'effetto desiderato. «La sensazione dell'arrivo dell'inverno è dato da un incipit caratterizzato da aspre dissonanze: un'articolazione secca che si scioglie nervosamente nelle sembianze della furia del vento e del gelo delle membra», in modo quasi programmatico, seguendo il sonetto che ispira il Concerto- 'agghiacciato tremar tra nevi algenti'. Il «Largo» successivo, pensato dal compositore per descrivere la pioggia, era considerato una delle più belle parole: «per la calda, umanissima, nuova melodia che sorge dall'insieme orchestrale e che ci conforta mentre le gocce di pioggia- descritte con i pizzicati dei violini- rimbalzano lontane». Il movimento finale del Concerto, «Allegro», era incredibilmente legato all'ultima parte del Sonetto, che pur senza velleità poetiche di alta scuola, aveva guidato la fantasia di Vivaldi in modo quasi impressionistico: «... sentir uscir dalle ferrate porte / Sirocco, Bora e tutti i venti in guerra / quest'è 'l verno, ma tal, che gioja apporte», dove si poteva quasi osservare le note: «fuori la musica "scivolava" sul ghiaccio ed era in balia dei venti ma, nonostante il freddo, continuava con i suoi ritmi, i suoi giochi e la capacità di stupire».*

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora