XIX

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Ella Lyudmila Ivanov, Hotel De Mattheis, Las Vegas, Stati Uniti d'America.

Rimasi senza fiato e mi adagiai con la schiena nuda contro il materasso, tirando un sospiro di appagamento e adocchiando con bramosia il corpo di Jack a pochi centimetri dal mio, altrettanto scosso dalla performance; si allungava come un placido gatto che riposava al sole e ad ogni respiro i muscoli guizzavano al di sotto del fine lenzuolo che celava solo le sue grazie. Per quanto lo odiassi, per quanto odiassi che cosa rappresentava, non potevo smettere di ammirare quel corpo costruito con dedizione nella palestra e cura.

"Mo Dhia, agus ba maighdean thú?"

Girai la testa verso di lui sorpresa di sentirlo parlare il dialetto irlandese, con i seni scoperti dal lenzuolo color fiordilatte e inarcai un sopracciglio.

"Come?" Incontrai i suoi occhi annebbiati e mi spiegai meglio: "hai parlato nel dialetto irlandese."

Si spettinò i capelli e poi i suoi occhi caddero proprio verso quella mia parte scoperta dal lenzuolo. Un nuovo desiderio accese le iridi color whiskey e il mio corpo si tese a quell'attenzione e ciò che stesse a significare.

"Niente." Come se fosse mosso da fili invisibili si piegò in avanti e solleticò i miei capezzoli con la lingua, prima uno e poi l'altro. "Assolutamente niente," mormorò baciandomi la parte più rosea.

Mi inarcai per spingere più pelle possibile contro la sua bocca, ma un lieve bussare alla porta ci cristallizzò e le labbra di Jack rimasero chiuse sul mio capezzolo destro. Appoggiai una mano tra i suoi capelli e lo sollevai, anche se sembrò palesemente contrariato a riguardo, tanto che fu il suo palmo ad appoggiarsi sopra il mio seno in risposta. Sollevai gli occhi al cielo e gli feci cenno di stare in silenzio.

"Ella?" Mio padre; porca puttana, mio padre era fuori dalla mia stanza e solo quella sottilissima porta mi divideva da una possibile furia omicida. Jack ebbe il buonsenso di deglutire e di spostare la mano dalla mia... tetta. "Ella? So che sei lì dentro." Altri due pugni ben assestati e feci segno a Jack di non muoversi e non fiatare. "Ella?"

"Papà?" La voce con mia grande sorpresa fu chiara e ferma, nonostante i due orgasmi travolgenti di qualche minuto prima. "Cosa vuoi?" Mi ricordai dopo della mia incazzatura e cercai di rimediare. "Non ti voglio parlare, ritorna da tutti gli altri e lasciatemi stare."

"Tra un'ora siamo attesi dalla leonessa." Lo sentii sospirare, forse un po' triste. "Ti volevo solo dire che ci attende, ci deve comunicare la sua decisione circa il matrimonio con suo figlio."

Jack si accigliò e corrugò le sopracciglia.

"E cosa dovrebbe importarmi?" Tappai la bocca di Jack con la mano, perché il cretino l'aveva aperta per dire qualcosa. "Andateci voi, tanto siete bravi a decidere senza di me, quindi che io ci sia o meno fa davvero poca differenza."

"Dovrai esserci anche tu." Con terrore osservai la maniglia piegarsi verso il basso e giurai che se avesse potuto, il mio cuore sarebbe balzato per terra. "Tesoro, quando deciderai ad aprirmi? Vorrei solo parlare."

In quel momento provai un vergognoso senso di colpa, soprattutto per gli addominali a qualche centimetro da me, ma avevo preso la mia decisione e nonostante questo, ci saremmo dovuti sposare... quindi il problema non sussisteva o almeno così credevo, ma il tono triste di mio padre mi fece rimangiare la mia decisione di autodeterminazione. Ero nei guai. In grossi giganteschi guai e nessuno mi sarebbe riuscito a salvare quando gli uomini della mia famiglia avessero saputo, nemmeno l'irlandese qui a fianco; anzi, lui sarebbe stato il primo a cui sarebbe caduta la testa.

"Non adesso." Sfidai Jack con lo sguardo a ribattere e lo buttai sul materasso con entrambe le mani. "Tra un'ora sarò lì." Sentii mio padre sospirare e poi udii dei passi che si allontanarono. Decisi di rilassarmi solo quando non percepii più nulla. "Sei matto," ringhiai al ragazzo sotto le mie mani, che si era portato un braccio dietro i capelli spettinati e sembrava un Dio greco in posa per un ritratto. "Volevi che mio padre scoprisse questo?"

"Non che mi dispiaccia." Occhieggiò il mio corpo. "Proprio per nulla."

Aprii le labbra in un sorriso feroce.

"Oh, credimi, ti dispiacerebbe se sapessi che mio padre ti staccherebbe le palle senza pensarci due volte." L'uomo sotto di me sussultò ed io mi avvicinai. "Lentamente, facendoti soffrire"—incollai gli occhi ai suoi—"e in compagnia dei suoi fratelli."

La mano di Jack mi corse dietro la nuca e con un sospiro teatrale disse: "odio quando parli così tanto."

"Io ti odio e basta." Ribattei piccata e con un fondo di verità. "Ti odio profondamente."

"Possiamo approfondire il nostro odio ancora un pochino?" Mi mormorò sulle labbra. "Ho proprio bisogno di sondare il terreno."

Un'ora più tardi mi trovai al fianco di mio padre, in pantaloncini di jenas e maglietta a maniche corte attillata con una coda alta e tirata.

"Quei pantaloni sono troppo corti," mi fece sapere tra i denti quando la leonessa decise di accomodarsi di fronte a noi e i suoi figli e parenti circondarla come le api in un alveare. "Non è consono."

"Non morirò di caldo per delle stronzate."

Mikhail ridacchiò al mio fianco e mio padre lo fulminò con lo sguardo, ma non fece in tempo a minacciare suo fratello minore, che Aimee Linneth ci sorrise in maniera serpentina.

"Allora, Ivanov." Tutti noi raddrizzammo la schiena come se fossimo stati frustrati da una frustra invisibile. "Ho preso in considerazione la vostra richiesta."

"Non era una richiesta." Mio padre la interruppe con quel finto garbo che nascondeva una gelida rabbia. "Ci hai detto che volevi un'alleanza e la nostra alleanza te l'abbiamo proposta in questi termini, siamo noi che abbiamo accettato la tua richiesta."

Rabbrividii per lo sguardo di fuoco che si scambiarono i due boss e per un millesimo istante posai gli occhi su Jack, stoico dietro le figure femminili e imperturbabile.

"Benissimo, mettiamola pure in questi termini russo, fatto sta che abbiamo concordato per un matrimonio." Mio padre annuì inclinando il capo come un predatore e Aimee Linneth continuò: "sono propensa a lasciare che tua figlia sposi mio figlio, mi sembra un assortimento perfetto, ma-

"Nessun ma."

La terra mi tremò sotto i piedi quando il sorrisino di Aimee Linneth si trasformò in un ghigno malefico.

"Ma a noi irlandesi piace fare le cose come vuole la tradizione." Notai come la testa di Jack scattò nella sua direzione e come sussultò, tanto che si protese verso di lei. "E da tradizione, come tutte le leonesse, Ella dovrà superare tre prove."

"No." La voce di Jack risuonò come una sentenza gelida nello studio sontuoso. "È fuori discussione."

"Tre prove, Ella." Aimee Linneth eluse il frastuono e il diniego di suo figlio, lo sgomento dei miei partenti e fece leva sul mio coraggio, sul mio orgoglio e la mia testardaggine. "Dimostra di avere le palle di entrare nel nostro branco, di avere acume necessario e sarai sua sposa, altrimenti dovrete scegliere qualcun altro."

Non mi lasciai intimidire da quelle parole, così come non mi lasciai influenzare da Aleksei che mi stava dicendo qualcosa di sconclusionato all'orecchio e lo sguardo di puro terrore di mio padre, come da manuale accolsi la sfida di Aimee Linneth.

Tre prove, tre prove potenzialmente mortali a giudicare dallo scaltro sorriso che calcava il viso di Aimee Linneth e dalla sua aria di sfida, tre prove che avrei potuto scegliere di condurre per salvare la nostra reputazione.

Tre prove che mi avrebbero portato tra le braccia di Jack.

Mi guardai intorno e scorsi i volti degli irlandesi più influenti per trovare appoggio se avessi deciso di rifiutare, ma sapevo, come sapevano tutti in quella stanza, di non aver possibilità di scelta se non affrontare quelle prove. Negare la mia partecipazione a quel perverso gioco avrebbe messo in cattiva luce la mia famiglia, il nome dei miei genitori, la Drakta e non potevo condannarli all'umiliazione, non quando era tutto ciò che mi era di più caro, nonostante in questo momento li odiassi.

Così sollevai il mento, raddrizzai la schiena e Aimee Linneth lesse la risposta nel mio determinato sguardo color ghiacciaio Ivanov ancor prima che la pronunciassi e sorrise tronfia.

"Accetto."

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora