Epilogo 1

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Aleksei Fabiano Ivanov.

La vita era fatta di sofferenza, o almeno così avevo imparato... così mi era stato insegnato per rendermi forte e superare qualsiasi avversità, ma la verità era che non eri mai pronto abbastanza per fronteggiare uno scenario doloroso.

Non importava quante volte avessi dovuto superare diversi problemi nella tua vita, ve ne era sempre uno che ti metteva ko, assestandoti un bel pugno nello stomaco e facendoti piegare in ginocchio senza fiato. Eppure, anche se esistevano questi momenti particolarmente negativi e difficili, alla fine, in qualche astruso modo, eri in grado di sollevare la testa e sperare in un nuovo inizio. Così eravamo riusciti a fare noi.

Guardai Erin dalla soglia della cabina del nostro yacht estivo con cui stavamo facendo il giro dell'Italia, in questo momento con più precisione ci trovavamo nella bellissima Capri, e mi persi a studiare come il sole le illuminasse le guance arrossate e le facesse muovere quel bellissimo copricostume intrecciato; rimirai come la sua bocca rossa e carnosa si aprì in un magnifico sorriso quando Annika si lanciò nella piscinetta e schizzò ovunque, ma soprattutto fui grato della sua espressione rilassata.

Il dolore non era passato, ogni notte ci abbracciavamo ricordando il nostro piccolo bambino che non avevamo avuto il tempo di conoscere, ma ogni notte ci davamo forza lun l'altra per superare e portare nel cuore questa battaglia; la nostra unione ci permetteva di essere forti e continuare a combattere a testa alta come Boss e Consigliere della Drakta, come marito e moglie, come amici e amanti, come due metà indossolubilmente unite.

Eravamo sempre stati così io e Erin: destinati ad essere ancor prima di essere davvero. Due stelle cadenti che avevano deciso di proseguire insieme. Due luminose stelle che avevano generato una cometa di nome Annika, la luce della mia vita.

"Tesoro." Sospirai di sollievo quando mi chiamò divertita. "Annika vuole il suo papà."

Con un sorriso perfido mi staccai dal legno dello yacht e mi avvicinai alle due ragazze.

"Il mostriciattolo vuole il suo papà?" Guardai Annika negli occhi e mia figlia mi ricompensò con una linguaccia. "Vuoi il tuo papà, piccola peste?"

"Sì." Mosse le gambine cicciottelle nell'acqua e metà di essa venne sparsa sulla superficie immacolata dello yacht. "Voglio papà!"

Scoppiai a ridere deliziato.

"Vuole il papà." Erin mise il broncio e Annika la guardò inclinando la testa verso destra, soppesandola con quella sua fantastica intelligenza. "Sai, ciliegina, ti ho tenuto nella mia pancia per nove mesi, non è di certo questo il trattamento che mi merito." Le sfiorò il nasino con la punta del dito indice e Annika glielo prese al volo. "Ruffiana."

"Mamma." Si sollevò in piedi facendo forza sulle mani di Erin e con attenzione si fiondò tra le sue braccia. "Mamma."

Erin mi guardò da sopra la testa bionda di nostra figlia.

"È davvero tua figlia."

Le strizzai l'occhio. "Oh, ci puoi scommettere."

Annika battè i piedi sul fondo della piscinetta e fece un urletto, bagnandosi il tutù. Perché sì, Annika Vitalyia Ivanov non era solo dannatamente intelligente ma anche cocciuta e indipendente; lei stessa quella mattina aveva deciso di indossare un tutù come costume e per metterle la crema solare Erin aveva dovuto rincorrerla per mezzo yacht, perché non voleva.

"Fagiolina, direi che è il caso di rientrare." Senza darle il tempo di reagire la presi da sotto le ascelle e me la caricai in spalla. "Hai la pelle troppo bianca per stare così tanto al sole ed è quasi ora di pranzo."

Strillò solo per poco il suo dissenso, perché una mezz'ora più tardi stava già pisolando nel suo lettino con la pancia piena e gli occhi chiusi. Mi abbandonai sul letto nella nostra cabina, distrutto da mia figlia e sospirai contento, lasciando che le piccole oscillazioni della barca mi cullassero in un mondo differente, ma il materasso alla mia destra si inclinò leggermente e denotò l'arrivo di una seconda persona.

"Aleks." Erin si appoggiò sul materasso e si mosse nella mia direzione. "So che sei sveglio."

Sollevai una palpebra e gli angoli delle mie labbra si inclinarono verso l'alto in un sorrisino.

"Volevo risposare, Annika è un tornado." Ma Erin non sorrise, portò le mani al costume intero e iniziò a slacciarselo. "Erin?"

Mi guardò negli occhi con serietà.

"Voglio un bambino."

Quella frase mandò in tilt il mio circuito neuronale e fui in grado solo di dire quattro parole prima di perdere il controllo.

"Non lo farai per-

Si schernì e si bloccò con le dita a mezz'aria.

"Cielo, certo che no, non lo faccio per sostituire q-quello che abbiamo...." Scosse la testa con furia e deglutì. "Voglio davvero un bambino."

Feci perno sulle mani e la sovrastai.

"Vuoi davvero un bambino?"

E i suoi occhi scintillarono.

The End.

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora