XXXIV

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Ella Lyudmila Ivanov, paese remoto vicino a Belfast, Irlanda del Nord.

Chiusi la bocca dopo aver raccontato l'intera vicenda e fissai mio padre dritto negli occhi senza paura. Dimitri Alexander Ivanov non era un uomo che veniva incantato dall'arte oratoria, e per tale motivo il mio discorso era stato conciso, puntuale e preciso; niente salamelecchi e decorazioni alla brutalità dei fatti, ma per lo più un elenco di vicende che si erano succedute in un ordine temporale preciso, niente di meno.

"Quindi, mia figlia dice che l'hai salvata."

"Sono lusingato." Noah annuì. "Ma purtroppo è così; conosco mio cugino e so che cosa avrebbe potuto fare in quel momento. Non ho potuto esimermi dal provare a... salvarla." Mi lanciò una breve occhiata. "Anche se ho compreso che in situazioni meno tendenziose è in grado di salvarsi da sola."

"Oh, può." Fece un sorrisetto e così anche mia madre. "Ma... quello che mi sfugge, O'Crowley"— e Dimitri si allungò sul tavolo della scrivania, angolando la testa da un lato come se stesse per attaccare la propria preda— "è che cosa tu ci guadagni in tutto questo." Spalancai la bocca sorpresa, ma mio padre non se ne curò. "Io e i miei fratelli abbiamo commesso un errore, e ti posso assicurare che non c'è stata notte in cui non mi sia colpevolizzato"— spostai gli occhi su mia madre e notai il singulto del suo pomo d'Adamo, così come le profonde occhiaie, e gli occhi spenti... dovetti deglutire un grosso boccone amaro per non pregare mio padre di raccontarmi come si stesse punendo per qualcosa di cui non aveva colpa— "in cui non ricordi il mio errore di giudizio, ma ...in tutto questo, Noah O'Crowley, qual è il tuo ruolo?"

Dovetti chiudere le mani a pugno quando notai le nocche di mio padre rosse ed escoriate; voltai la testa verso destra e fissai la parete cercando di concentrarmi.

"Il mio ruolo, signor Ivanov?" Noah scosse la testa e la mia attenzione venne calamitata da quel movimento. "Io e i miei fratelli amministriamo una casa sicura, grazie anche alle vostre donazioni signora Ivanov, per salvaguardare la vita di coloro che decidono di allontanarsi da questa società o di sfuggire ad un destino più brutto della morte, quindi non mi chieda perché in quel momento avevo tanto a cuore la salute di vostra figlia."

Sfarfallai le palpebre a quella rispostaccia, perché nessuno, e dico nessuno, aveva mai osato arrivare a tanto quando Dimitri aveva quello sguardo vacuo perso nel vortice della propria rabbia. Rabbia che provava verso se stesso e la sua decisione.

"Papà-

Feci un passo verso di lui atterrita, ma quegli occhi rimasero fissi su Noah.

"Qual è il tuo prezzo?"

Il biondo irlandese infossò le mani nelle tasche e sorrise con aria innocente. "Una persona."

"Una persona?"

"Ho solo bisogno che mi diciate dove è stata intravista l'ultima volta una persona a me molto cara." Si versò un po' di caffè nella sua tazzina e lo portò alle labbra. "Niente di impossibile per Dimitri Ivanov e la Drakta."

E finalmente un po' della tensione che aveva governato la stanza si dissolse, salvo che quella constatazione fece schizzare alle stelle la mia curiosità verso l'uomo biondo che beveva il proprio caffè indisturbato dalle occhiate omicida di mio padre.

"D'accordo, più tardi discuteremo dei dettagli e per quanto riguarda te, Ella." Mi guardò con gli occhi un po' più lucidi. "Abbiamo portato il medico della Drakta, voglio che ti visiti in maniera approfondita, purtroppo tua zia era impegnata." Feci un passo indietro e sbattei la schiena contro il pannello in legno e le sopracciglia di mio padre si sollevarono. "Qualcosa non va, Ella?"

Scossi la testa. "Non è successo nulla, non c'è bisogno di una stupida visita."

"Di cosa vi sia o meno bisogno lo decido io." Strinse la mano lungo i braccioli della poltrona e mia madre raddrizzò la schiena, preparandosi alla futura battaglia. "E dopo questa visita, raccatterai tutte le tue cose, le tue poche cose, e torneremo a casa."

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora