XXIV

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Gennady Andrej Ivanov, Ensenada, Messico.

Ero seduto con Laoise nello studio di Havier Rodriguèz e non ero del tutto convinto che fosse una buona idea quella dell'irlandese; il messicano mi pareva tutto tranne che propenso ad una alleanza, sembrava più un grosso gattone divertito dai tentativi di fuga della propria preda e la situazione non mi piacque per nulla.

"E quali sono i termini?"

Laoise sorrise predatoria, come solo una leonessa avrebbe potuto fare e mi mossi a disagio su quella sedia fin troppo imbottita per quel caldo assurdo.

"I termini, sono quelli che stabiliremo insieme." Sollevò il mento e quegli occhi color whiskey intenso scintillarono di sfida. "Indica i termini e ci metteremo d'accordo."

Havier Rodriguèz si accese un sigaro e sorrise con strafottenza.

"Soldi, terre e potere su una parte delle vostre merci."

Con la coda dell'occhio notai le mani di Laoise curvarsi sui braccioli in pelle della poltrona, il suo pomo d'Adamo muoversi su e giù, prima di plastificarsi un sorriso di circostanza sulla bocca rossa.

"Sono sicura che Aimee Linneth troverà la tua proposta entusiasmante." Notai come la sua mano scivolò accuratamente vicino al calcio della pistola e come con altrettanta nonchalance il figlio del capo dei messicani si mosse vicino al tavolo. "Tieni tuo figlio Inàcio a posto, Havier... gli irlandesi non mordono senza una buona ragione." Girò la testa e studiò il bel ragazzo abbronzato. "Via gli artigli."

Havier Rodriguèz ridacchiò con in bocca il sigaro.

"Ho molto altro a cui pensare, mio figlio non farà niente di stupido o insensato, ma"— i suoi occhi scattarono nei miei e inarcai un sopracciglio—"vedo che ti sei fatta accompagnare, irlandese."

"Sono Gennady Ivanov."

Havier si allungò sulla scrivania piena di carte e sbuffò con il sigaro.

"Credimi, ragazzino, i tuoi tratti parlano per te." Appoggiò il sigaro sul posacenere. "Aria da principino, tratti russi e occhi impossibilmente azzurri." Schioccò la lingua sul palato. "Ivanov."

"Piacere." Accavallai le gambe e appoggiai il mento sul palmo della mano. "Ivanov e quasi futuro marito dell'irlandese al mio fianco."

Havier si sollevò dalla poltrona e iniziò a ridacchiare.

"Porca puttana, non pensavo di vivere abbastanza per essere protagonista di un'alleanza fra Russia e Irlanda." Scosse la testa. "Altro che dovrei sapere prima di decretare la mia posizione?"

Laoise sorrise felina. "Sua sorella Ella deve sposare mio fratello." Scosse le spalle. "O comunque qualcuno del nostro clan."

"Clan?" Havier sollevò un sopracciglio. "Non pensavo che gli irlandesi si riferissero ancora con termini antiquati."

Il messicano scelse le parole con cura e Laoise si irrigidì.

"È tradizione."

Passarono alcuni minuti in cui nessuno disse nulla e il silenzio fu rotto solo dal ticchettio di quel maledetto orologio, ma poi le labbra di Havier si stracciarono in un sorriso pericoloso.

"Vediamo quanto la leonessa ha da offrirmi." Poi riprese in mano il sigaro e se lo portò alle labbra. "Avete ventiquattro ore a disposizione, al termine di queste voglio un'offerta." Mosse la testa verso suo figlio e aspirò dal sigaro. "Portali fuori, Inàcio."

Seguii il figlio dei messicani al fianco di Laoise con una mano appoggiata casualmente al calcio della pistola e in quei cubicoli sotterranei nessuno di noi due osò parlare o anche solo guardarsi fino a quando non fummo al sole cocente di Ensenada... fino a quando non fummo lontani, lontani anni luce da quel diavolo di posto e chiusi nel nostro hotel.

Il branco di San Patrizio |THE NY RUSSIAN MAFIA #7|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora