Famiglia

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[Un'ora dopo]

"Profumato e bello come sempre. Un pò preoccupato al momento, ma stai benissimo." Hoseok ha il mio viso fra le mani, mi ha aiutato ad asciugarmi i capelli. Alla fine abbiamo fatto sciogliere i nervi con una doccia veloce. Intensa, ma veloce.

"Solo un poco, eh?!" Mostro una misura invisibile fra indice e pollice. Lui sorride, mi ispira fiducia. Incredibile come riesca a farmi tranquillizzare.

"È normale, Jimin." Lascia la faccia e mi sistema un ciuffo ribelle dalla fronte. Gli ho già chiesto se mi lascia solo per la chiamata e ha acconsentito senza problemi. Mi sento a disagio a parlare come un principe davanti a lui. Ancora faccio fatica ad assimilare le cose.

"Vado. Ti aspetto con la pizza di là. Sempre se rimane." Mi abbraccia di nuovo, io prendo un enorme zaffata del suo profumo e chiudo gli occhi. Ce la posso fare.

"Se non la trovo ti picchio."

"Ohh...che minacce." Si diverte, almeno lui. Lo lascio andare. Mi fa l'occhiolino.

"Vado Jiminie, ti aspetto." Arrossisco, annuisco, muoio, il mio cervello va in crash. Il mio corpo non sa piú che emozione usare. Ora è il momento per l'ansia. Vedo Hoseok andarsene e darsi uno sculaccione sul sedere prima di uscire. Quel ragazzo...quel dannato ragazzo. Cosa non è? Chiude la porta e rimaniamo io, il mio telefono e un magone. Guardo il soffitto, mi guardo i piedi, faccio un respiro profondo. Sono nella mia stanza e devo fare una semplice chiamata. Perchè me la faccio cosí tanto sotto? Accendo il telefono, cerco il contatto e lo fisso. Con questo gesto potrei causare una successione di eventi, sbagliati o giusti, dipende da come parlerò. Lo voglio fare? Davvero? Si, cosí dice il mio cuore, la testa pensa il contrario. Guardo la porta da dove è uscito Hoseok. È quà che voglio rimanere, in questa vita, non in quella aldilà del telefono. Sono un principe, ma non come una volta. Io, io...non voglio. Mi mordo un labbro e con un gesto spasmodico avvio la chiamata. Con il cuore che mi salta in gola, aspetto che mia madre risponda. Tutto quello che sento è il mio cuore esplodere. La chiamata viene inoltrata...al centralino, che mi comunica che il numero è irraggiungibile. Mi pietrifico, guardo nuovamente lo schermo. Controllo che sia il numero giusto. Nel panico non capisco cosa non vada, finchè il telefono non si illumina. Mi hanno richiamato loro. Avvio la chiamata titubante.

"Pronto?" Tremo, non riesco a stare fermo, mi impongo di stare seduto. Perchè è cosí difficile?

"Pronto, figlio mio. Sei tu?" Ed eccola. La sua voce decisa e forte. Quella di una regina, oggi però suona una nota cadente, preoccupata.

"Si, si, sono io. Sono tuo figlio, Jimin." Sparo le prime parole che mi passano di bocca, preso da un improvvisa voglia di piangere. Quella voce mi ricorda tante cose, fortunatamente molte sono belle, spero sia cosí d'ora in poi.

"Oh, Jimin..." Il mio nome precede un serie di singhiozzi sommessi, con un gran vociare. Riconosco queste voci, sono i miei fratelli. Si stanno litigando il telefono.

"Hey, Jimin? Sei tu? Sono Ector, ti ricordi vero? Nostra madre è piena di emozioni, non riesce a parlare. Tu stai bene vero? Non ti stanno facendo del male?" Eh si, è proprio Ector, ha il solito vocione da "maschio con la barbona" come diceva mia nonna. Mi fa tantissime domande. Non me lo ricordavo cosí... Abbasso lo sguardo. Sento altre voci, stanno litigando. E non mi trattengo piú.

"No, quà sto benissimo. Sono un pò dimagrito, ma qui si stanno prendendo cura di me." Mi viene da ridere. Sono un disastro.

"Sicuro, non è che ti stanno minacciando? Stai piangendo? Devi andare alla polizia, Jimin. Lo sai vero?"

"Sto piangendo perchè mi fa piacere sentirvi...io-io sto benissimo Ector, te lo giuro. Sono libero quà, ho una stanza tutta mia, mangio...a breve andremo al commissariato Puoi ripassarmi mamma? Ti prego." Faccio fatica a parlare e a concentrarmi. Non mi va di chiamarla "madre".

"Sicurissimo? C'è qualcuno con te?"

"No, sono nella mia stanza. Sto benissimo. Te lo giuro..."

"Ok. Madre, vuole parlarvi." La voce di mio fratello, il piú grande di tutti si allontana, comunicando agli altri che sto bene. Dopo una serie di discorsi volanti torna mia madre.

"Smettetela con le onorificenze, anche tu Jimin. Mi manchi cosí tanto figlio mio. Non sappiamo ancora dove sei, ma appena avremo notizie verremo da te." A me sembrano sinceri. Non posso vedere i loro volti, ma le lacrime di mia madre parlano da sole. Non ha mai pianto davanti a tutti noi. Io voglio crederci, in qualche modo.

"A breve andrò alla polizia, parlerò con loro. Ma sto bene. Ok, mamma?" Ha detto di cessare con le onorificenze, ma mi fa strano chiamarla mamma cosí direttamente. Non ci sono abituato.

"Non vedo l'ora di rivederti...santo cielo. Tutta la famiglia, quà ci sono i tuoi fratelli, domani partiremo appena sapremo dove sei...ti vogliamo bene, lo sai vero? Cosa ti hanno fatto figlio mio. Tuo padre se ne andato senza salutarti..." Mia madre si rompe, non l'ho mai sentita cosí spezzata. Sento un coro dietro di lei, sono tutti riuniti, credo. Solo quattro ragazzoni come i miei fratelli possono fare tutto quel casino al castello.

"Lo so. Domani saprete dove sono. Io sto bene, non vi preoccupate. Adesso devo andare." Tiro su col naso, in preda a troppe emozioni.

"Ok. Vai dalla polizia il prima possibile, ci vogliamo assicurare che tu stia bene."

"Lo farò, ci abbiamo già pensato. Ciao...mamma."

"Ciao, fai attenzione, ti prego." La chiamata piú strana ed esasperante della mia vita termina quà. Non ho capito molto. Ma sono preoccupati, sicuramente. Se sia vero o falso, come faccio a dedurlo da una chiamata? Veranno quà a prendermi? O a vedere veramente come sto? Devo solo respirare al momento. Appoggio i gomiti sulle gambe, tenendomi la faccia. Non posso nemmeno lamentarmi perchè sono finito quà, fra le braccia di un ragazzo meraviglioso.

"Respira Jimin, respira." Ora devo solo mangiare quella pizza e andare al dipartimento a fare quello che devo, cosí quell'essere finirà dove deve. Io dirò cosa ha fatto e spero che chi di dovere se ne occupi. Mi alzo, instabile, ma vado verso la porta. La speranza che cercavo i primi giorni si sta rianimando piano piano. Spengo la luce, esco di stanza. Sono vestito, un maglioncino bianco e pantaloncini neri. Sono pronto. Avanzo nei corridoi, una volta sconosciuti, diretto alla sala da pranzo. Li faccio di fretta, a passo sicuro. Supero le scale col passaggio segreto per demoni e arrivo nella sala. Becco Hoseok a fissare la pizza davanti a se. Alza subito lo sguardo, mi guarda e si fa preoccupato. Io mi siedo al mio posto, davanti alla mia pizza al salame piccante. Ho sentito il profumo da metà sala.

"Com'è andata? È stata molto veloce devo dire." Aspetta prima di prendere una fetta.

"Si, molto." Tiro di nuovo su col naso, richiedo un fazzoletto di carta al cameriere che va a cercarlo.

"Come ti sono sembrati?" Chiede piano lui.

"C'erano tutti, credo. Tutti i miei fratelli e mia madre. Con lei ho parlato poco, piangeva. Piangevo anche io." Ricaccio le lacrime all'indietro. Quanto è difficile rimanere emotivamente stabili?

"Puoi mangiare, comunque...Non lo so Hoseok, continuavano a ripetermi di andare dalla polizia. Gli ho detto che lo farò e che quà sto bene. È stata strana come chiamata." Apro la scatola della pizza, non ho fame, ma devo mangiarla, visto che non sapremo quanto tempo verremo trattenuti.

"Rimaniamo fiduciosi. Ho detto ha Min che partiremo fra una mezz'oretta. Va bene? Mangia tranquillo." Arriva il fazzoletto resetto il disastro che sono e prendo a mangiare.

"Spero proprio che vada tutto bene." Rammento, prima di prendere una fetta di pizza e mangiarla. Un altro passo è stato fatto. Il prossimo in quale direzione andrà?

Less Than Anybody Pt 2 [Omegaverse]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora