Anche se fino a quel momento aveva visto solo due stanze, subito le fu chiaro che ogni ambiente di quello chalet sarebbe stato in grado di lasciarla senza parole. La grande sala da pranzo non fu da meno. Nonostante il tono scuro, il colore della terra cotta del pavimento e i pannelli di legno scarlatti rendevano la stanza accogliente, e il bianco delle tende che abbellivano le vetrate che correvano su due lati di questa, la aiutava a renderla ancora più illuminata. Arredata nei minimi dettagli, era un ottimo ambiente non solo per pranzare, ma anche per attendere che le vivande fossero servite. Al centro della sala faceva bella mostra di sé un lungo tavolo di legno, spazioso abbastanza da ospitare una ventina di sedie. Le ragazze furono entusiaste di trovare Alessia, che già consideravano un'amica, in piedi e in perfetta salute. I suoi occhi poi s'illuminarono deliziosamente quando vide gli altri quattro bambini che abitavano nello chalet. Erano uno più bello dell'altro, e tutti sembravano più piccoli di Rose. Quest'ultima, quando si accorse di lei, la salutò agitando felice la manina, facendo così cadere qualche goccia di latte al cacao sul bavaglino già macchiato senza pietà. Alessia non riuscì a fare a meno di sorridere, davanti a quella scena. Avrebbe voluto tanto strapazzare le guance rosse di Rose, e degli altri bimbi, ma si disse che proprio non era il caso. Cesàr, prima di sedersi al suo solito posto accanto alla moglie e alla figlia, accompagnò la ragazza al posto che le era stato assegnato, accanto al capotavola.
L'uomo che l'aveva venduta a Gabriel.
Cesàr le spostò la sedia con galanteria.
« Dovrebbe farlo Gabriel, ma al momento non è qui, » spiegò. L'uomo di nome Auguste alzò gli occhi dal giornale che stava leggendo e Alessia notò la sua occhiata torva, rivolta proprio a lei.
Che ho fatto ora? Avrebbe voluto chiedergli, ma quegli occhi così severi e tormentati non la aiutavano di certo. Alla ragazza sembrò che le volesse dire qualcosa, ma rinunciò, tornando al suo giornale, borbottando qualcosa tra sé e sé.
Nella durata della colazione, che lei passò per la maggior parte in silenzio, e senza toccare cibo, imparò i nomi degli altri quattro bimbi.
Rose era l'unica figlia di Cesàr e Ginette. Aveva però due cuginetti, figli dello zio Nathan e di Elettra. I loro nomi erano Violette, che aveva ereditato gli stessi occhi blu della madre ed era di una timidezza dolcissima, e Mathisse, loquace e vispo tanto quanto i suoi occhi castani. All'incirca dovevano avere uno e due anni e possedevano entrambi una chioma liscia e biondissima, che sarebbe molto probabilmente diventata scura come quella dei genitori.
La piccola Noelle, di due anni anche lei, le era entrata nel cuore alla prima risata che aveva sentito emetterle, rapita da due deliziosi occhi verdi e un sorriso eterno che sembrava esserle stato dipinto sul viso. Era l'orgoglio di Dorian ed Emma che non avevano fatto altro che sbaciucchiarla tutto il tempo, seduta tra le braccia del papà.
Ulysse sembrava la copia esatta di suo padre, a parte i riccioli che erano quelli di Claire. Anche il comportamento taciturno era quello di Arthur. Forse sorrideva un pochino di più. Sembrava davvero un piccolo ometto, seduto composto sul suo seggiolone, guardando il mondo con occhi curiosi e attenti.
Erano dei bambini semplicemente adorabili, e Alessia non riuscì a trattenere un paio di piccoli sorrisi, rivolgendoli a quegli angioletti quando a volte li sorprendeva mentre la osservavano interessati, probabilmente affascinati dalla nuova arrivata. Si era rilassata e piano piano sentiva di starsi ambientando, in quell'atmosfera così conviviale, anche se non partecipava direttamente alle numerose conversazioni, troppo impegnata ad assimilare quelle sensazioni che non aveva mai provato fino ad allora, e che mai avrebbe pensato di provare in mezzo alle persone che l'avevano sequestrata. La sua non era una famiglia numerosa. Anche se aveva tutti e quattro i nonni ancora in vita, degli zii, e un paio di cugini molto più piccoli di lei, sembrava che esistessero solo lei, suo fratello Matteo e i suoi genitori: a parte qualche compleanno e un paio di capodanni, quando era ancora troppo piccola per poter festeggiare da amici, non invitavano praticamente mai nessuno di loro a casa. Era una famiglia monotona, noiosa e prevedibile. In quello chalet, invece, sentiva che le giornate non sarebbero mai state una uguale all'altra. Sorrise del pensiero e quasi non si accorse di essersi proposta per badare a Rose, sotto lo sguardo stranito di Auguste, mentre Ginette si era ritirata poco prima in cucina, per cominciare a lavare i piatti.
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The Way - Quando L'unica via è quella che non ti aspetti
ChickLitAlessia non ha mai davvero scelto niente per sé. Tutto le era imposto, giorno dopo giorno, dalla madre, che dettava legge in casa e nella sua vita. Poco male: vent'anni le erano bastati a farla abituare a quella sorta di schiavitù, e quando iniziata...