24 - L'incoerenza (Parte 2)

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Lo stesso odore lo risvegliò dall'incubo che ormai lo tormentava dall'inizio della febbre. Si riprese dal dormiveglia poco a poco, senza muovere un muscolo e continuando a respirare lentamente. Era stato il risveglio meno traumatico di quella lunga giornata.

Mugolò infastidito quando sentì una leggera fitta provenire dalla gamba ferita, e registrò un respiro a malapena trattenuto. I sensi entrarono tutti in allerta, i muscoli si irrigidirono in tensione, pronti a scattare, ma non abbandonò quel finto stato di riposo, utile per capire il da farsi. Qualcuno stava trafficando accanto a lui, ne avvertiva chiaramente la presenza, a pochissimi centimetri dal suo corpo inerme. Ne sentiva i respiri lenti, bassi e lunghi, i frusci leggeri degli abiti che indossava, che tradivano il tentativo di non essere sentito del probabile assalitore. Sembrò cadere nella trappola di Gabriel e, confidando erroneamente nel suo sonno, tornò a lavorare sul corpo del giovane uomo. Ignorando il dolore atroce all'inguine, Gabriel scattò a sedere, afferrando con forza il polso del malcapitato e trascinandolo di peso sotto di lui, un braccio a bloccargli il respiro. Non sarebbe uscito vivo da quella casa.

« Ah! »

Fu la voce femminile a fermarlo prima che accadesse l'irreparabile. E il profumo di limoni che aveva sentito al risveglio gli fece intuire a chi apparteneva l'urlo spaventato.

« Che cosa credevi di fare? » le chiese adirato. A fatica, ancora intontito dal sonno, dalla febbre e dall'ira, notò che la ragazza non riusciva a pronunciare una parola a causa del braccio che le bloccava le vie respiratorie e lo alzò, portando entrambe le mani ai suoi polsi, trattenendoli sul materasso accanto alla testa di lei. Non sarebbe riusciva a divincolarsi tanto facilmente: se la debolezza non lo avrebbe aiutato, la forza di gravità e il suo peso erano entrambi dalla sua parte.

« V-volevo solo controllare la ferita, » balbettò impaurita, tossendo in cerca d'aria. Solo allora Gabriel notò il pezzo di garza, vecchia di un paio di giorni, che tratteneva tra le dita per un lembo, alla luce della luna. A stento trattenne un conato, e abbassò gli occhi sulla ferita. Non era affatto una bella vista.

« Gabriel, la ferita si è infettata, » sospirò, riprendendo piano il respiro. « Se non assumi gli antibiotici, non farà altro che peggiorare, » provò a fargli capire la gravità della situazione. L'uomo non rispose. Cercò di non pensare all'inevitabile, ma lasciò che l'orrore gli invadesse anche l'animo, e si irrigidì. Entrò nel panico, iniziando a respirare a fatica, alla sola idea di lasciarsi bucare la pelle come uno scolapasta.

Fu una leggera carezza a riportarlo in sé, e con meraviglia scoprì che quelle dita che leggere gli sfioravano la guancia appartenevano ad Alessia, che lo scrutava seria e immobile sotto la sua presa. Era riuscita a liberare solo una mano e con quella ora stava delicatamente giocando con la barba incolta di pochi giorni. Il calore che si irradiò dai polpastrelli alla sua guancia, alla sua mandibola, lo calmarono lentamente, assieme alle parole calcolate della ragazza.

« Se io ho affrontato la mia paura per il sangue, tu puoi superare la tua per gli aghi, » gli sussurrò guardandolo dritto negli occhi, senza smettere di sfiorargli il viso. « So che ci puoi riuscire. Credo in te. »

Gabriel non capì se furono quelle parole, o il suo sguardo, o il profumo di limoni, ma sta di fatto che le braccia, già deboli, cedettero, e collassò con tutto il suo peso sopra Alessia, che boccheggiò in cerca d'aria. Si arrese completamente a lei, e lasciò che strisciasse da sotto il suo corpo. Non provò neanche ad aiutarla a farsi sistemare ben disteso sul cuscino, completamente sfinito. Inspirò con dolore, quando la ragazza lo rigirò su un fianco, per poi farlo ricadere di schiena, in obliquo sul materasso. La sentì imitare il suo sospiro, e nella sua voce percepì l'orrore.

The Way - Quando L'unica via è quella che non ti aspettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora