32 - La comprensione (Parte 3)

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Non sapendo come gestire quel pensiero, abbassò gli occhi su Noelle, che per la stanchezza gli si era stesa a fianco, il capo appoggiato a una gamba. Per non perdersi in quei pericolosi pensieri, cominciò ad accarezzarle i capelli fini.

« Eri diverso. » Dorian però lo richiamò alla dura realtà. L'uomo alzò gli occhi, per ritrovarsi l'amico seduto accanto a lui. « Adesso. » « Di cosa stai parlando? » gli domandò, senza capire. Dorian indicò con un cenno della testa la porta da cui erano scomparse la moglie e Alessia.

« Con lei. Stavi flirtando. Molto palesemente. »

Quasi si mise a ridere per la frase insensata del compare.

Flirtare? Con lei? Mai.

« Vaneggi, » replicò divertito. Per qualche istante rimasero in silenzio, ascoltando gli altri presenti fare conversazione, poi Dorian tornò alla carica.

« Sembri... cambiato. »

« Dorian... » lo ammonì, cominciando ad irritarsi. « Non di molto. Ma lo sei. »

« Ti avverto. »

« Mi chiedo se— »

« Piantala, Dorian. » Il giovane si alterò, ma cercò di tenere un tono basso, per non svegliare la piccola Noelle che ormai si era addormentata serenamente. « Non è cambiato nulla. Non stavo flirtando con lei, e non sono diverso. Devo solo uscire da qui, il prima possibile. Comincio a non poterne più di tutta questa monotonia. »

Dorian non si preoccupò affatto del suo rinnovato malumore e gli rivolse il suo solito sorriso sincero. L'amico aveva quello strano modo di sorridere, come se fosse già arrivato a comprendere cose che altri ci avrebbero messo una vita solo per poi sbagliare. Era irritante. Davvero.

« Non fare così. Eravate belli, su quel divano. »

A quel commento, Gabriel tese tutti i muscoli del corpo.

« Se tua figlia non mi stesse dormendo addosso, ti prenderei a pugni per quello che hai appena osato dire. »

« Come dici tu... » rise sotto i baffi l'altro. Resse il suo sguardo per qualche istante e poi Dorian rise di gusto, quel poco che bastava per non svegliare Noelle.

« Che hai da ridere, ora? » domandò Gabriel sempre più irritato. L'amico agitò una mano davanti al volto, nascondendo il sorriso divertito dietro l'altra.

« Niente, niente. »

« Alessia! »

Il grido terrorizzato di Emma giunse alle loro orecchie come un campanello d'allarme. Il primo a scattare in piedi fu Dorian, che a grandi passi era già arrivato alla porta.

« Rilassati, la ragazza si sarà solo fatta male. »

« Alza quel culo e vieni da tua moglie, » sibilò l'altro. Quando Dorian si arrabbiava c'era poco da discutere. Rassicurò gli altri ed uscì da solo, dopo aver sistemato Noelle sul divano accanto ai gemelli. Percorse il corridoio e salì le scale con estenuante calma, forse un po' soprappensiero per qualcosa che aveva detto Dorian prima di andare in soccorso di Emma e Alessia.

Moglie.

Lo era, ma fino a un certo punto. Non condividevano niente, si azzuffavano per sciocchezze e, cosa più importante, si odiavano a vicenda. Quindi perché doveva scattare come una sentinella come aveva appena fatto Dorian? Non le doveva nulla.

Assolutamente nulla.

Raggiunse il secondo piano e, svoltato l'angolo per salire ancora, la scena che gli si parò davanti lo congelò. I tre erano seduti sui primi gradini delle scale, Alessia era al centro e respirava a fatica e molto velocemente. Gli occhi spalancati erano lucidi di lacrime e si teneva aggrappata e tremante alla camicia di Dorian, mentre Emma delicatamente ma con decisione le strofinava la schiena.

« Che sta succedendo? »

« Un attacco di panico, » gli spiegò velocemente la donna, concentrata sul volto sofferente dell'amica. In quel momento un brivido più violento degli altri scosse la ragazza e di riflesso rabbrividì anche Gabriel, sconvolto.

« Perché? » riuscì solo a chiedere.

« Lasciala tranquilla, per favore, » lo avvertì invece Dorian. L'uomo si zittì, e rimase ad osservare i due che cercavano di calmare i singulti rauchi di Alessia che, mai come in quel momento, gli era sembrata così piccola e vulnerabile. Lo inquietò l'accorgersi, dai movimenti esperti dei due coniugi, che quello era solo uno dei tanti attacchi di panico che aveva avuto la ragazza. Attacchi di panico di cui non era mai stato informato.

« Le era già successo, » non riuscì ad evitare di affermare.

« Gabriel, non le sei di nessun aiuto, » ripeté Dorian, grave, ma riuscì solo a confermare ciò che aveva pensato.

« Come- »

« Gabriel, vattene! » lo pregò Emma, in un sibilo sottile, cercando il suo sguardo. Gabriel però non le diede retta, troppo impegnato a scrutare ogni più piccolo tremore della giovane compagna e rimase silenzioso e invisibile spettatore del suo attacco.

I minuti passarono, e il respiro lentamente tornò a un ritmo quasi regolare, seppur scosso ancora da qualche singhiozzo e colpo di tosse.

« Siamo qui, Ale. Stai meglio adesso, » la rassicurò l'amica.

Alessia chiuse gli occhi e rilassò le dita lasciando andare la camicia dell'uomo. Gradualmente il sangue tornò a colorarle i polpastrelli. Riempì i polmoni, ma un tremore la sorprese di nuovo e contrasse la mascella. Gabriel di riflesso serrò i denti a sua volta.

« Princesse? » la richiamò Dorian, con preoccupazione, accarezzandole con dolcezza i capelli. Riaprì gli occhi e, dopo un attimo di esitazione, sorrise ai due con gratitudine.

« È passato, » li rassicurò, seppur con voce sottile e tremula, e il corpo ancora attraversato da piccoli brividi.

Poi alzò gli occhi su Gabriel.

Con orrore si allontanò, sotto lo sguardo silenzioso dei tre. Si resse alla ringhiera delle scale per riuscire a scendere, e nella confusione più totale si ritrovò fuori dalla portone. Chiuse gli occhi, come aveva fatto poco prima la ragazza, e inspirò a pieni polmoni, come se quell'attacco di panico avesse colpito anche lui, congelandosi la gola in quel gelido pomeriggio della vigilia di Natale.

— Non le sei di nessuno aiuto. —

— Sei vivo solo grazie a lei. —

No, non lo era stato.

Qualcun altro era stato la sua ancora di salvezza.

— Stai meglio adesso. —

— Stai bene, per fortuna. —

Per la prima volta, si sentì inutile.

Avrei potuto fare qualcosa per lei.

Per la prima volta, si vergognò di se stesso.

Avrei... dovuto fare qualcosa per lei.

Un forte capogiro lo investì, tanto che si dovette reggere alla colonna accanto a sé.

Fu come se tutti i sensi si fossero amplificati all'ennesima potenza.

— Tu non riesci a vedere. —

Non c'è nulla da vedere. —

E finalmente comprese.

« Tesoro! Qualcosa non va? » La voce della madre lo colse alla sprovvista. Lo guardava preoccupata dalla porta d'ingresso, tenendosi stretta le braccia al petto per proteggersi dal freddo.

Ehi nonna, che occhi grandi che hai!

« Scendo in paese, » le spiegò veloce, per poi scendere in fretta i pochi gradini dell'entrata. « Non ho ancora preso il regalo di compleanno per Noelle. »

« Ma se hai già— » cercò di fermarlo, confusa. « Ci vediamo più tardi. »

È per vederti meglio.

The Way - Quando L'unica via è quella che non ti aspettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora