Era stato il dolore al collo a svegliarlo.
Si sorprese nello scoprire che si era addormentato seduto, contro un cuscino addossato alla testata di legno del letto, una gamba piegata a sorreggere il braccio appoggiato sul ginocchio, l'altra ferita che ricadeva fuori dal materasso e il capo abbandonato malamente da un lato. Mugugnò silenziosamente, portandosi una mano sul collo indolenzito mentre i muscoli protestavano a gran voce per la lunga immobilità.
Percorse con lo sguardo le sue gambe nude e il corpo velato in parte dal piumone, fino a individuare il cuscino tra le sue braccia; trattenuto a stento da un dito che ne segnava la pagina, vi era un libro. La posizione in cui si era addormentata l'aveva portato quasi sull'orlo di una risata, ma il sorriso si spense prima ancora di nascere: le sue guance erano rigate da lacrime che aveva ben pensato di versare anche quella notte.
Nonostante non l'avesse violata.
Da quando avevano iniziato a condividere il letto, Gabriel non aveva mai visto gli occhi di Alessia asciutti, durante il sonno. Ogni notte piangeva lacrime silenziose e forse la ragazza neanche se ne rendeva conto. All'inizio, l'uomo aveva fatto fatica a prendere sonno, poi, col tempo,era riuscito a farci l'abitudine: addormentarsi non era più un problema.
Più o meno.
Non era raro infatti che passasse buona parte della notte ad osservarla, alla luce della luna, quando questa non era nascosta dalle nuvole. Ultimamente capitava con una frequenza alquanto preoccupante, arrivando addirittura a svegliarsi all'alba. Aveva tentato in tutti i modi di evitare il prematuro risveglio, rinunciando anche all'unica tazza di caffè che si concedeva durante il pomeriggio. Ma in lui si accendeva qualcosa, una sorta di orologio biologico che scattava alle prime luci del giorno, impedendogli di ritrovare il sonno perduto. Così poteva passare ore, immobile nel letto, con la presenza della ragazza che dormiva serena al suo fianco, nonostante quelle lacrime che le illuminavano le guance e non accennavano ad arrestarsi neanche nel sonno. E di nuovo era accaduto quella mattina, anche se la strana sveglia si era posticipata di un paio di ore.
— Che genere di musica ascolti? —
Alessia aveva risposto alla sua prima domanda con un lungo silenzio interdetto e confuso, al quale erano seguite parole bofonchiate senza senso da parte sua, mentre maledicendosi spegneva la lampada. Come diavolo gli era saltato in testa di poter fare salotto con lei? Il silenzio si era protratto ancora per qualche minuto, teso come una corda di violino.
Poi dal buio era arrivata la risposta.
E a quella era seguita un'altra domanda, un'altra risposta e due lampade accese. Si erano seduti, chi a gambe incrociate, chi con una distesa per via della ferita, e l'una di fronte all'altro avevano parlato per tutta la notte. Era stata una lunga conversazione e nulla di paragonabile alle poche altre che avevano avuto, se così si potevano definire.
Nulla di paragonabile.
Gabriel non riusciva ancora a capacitarsene. In ogni modo, erano rimasti sul vago: ogni volta che uno dei due provava a intavolare un discorso troppo intimo, troppo segreto, l'altro si chiudeva a riccio; quindi lasciavano perdere, di tacito accordo, divagando sulle cose più disparate e stupide. Non erano però mancati i battibecchi, le frecciatine, sempre meno ostili, sempre più innocenti: in qualche modo, erano riusciti a trovare una sorta di equilibrio.
— La convivenza sarebbe più vivibile. —
Sommerso da quei nuovi pensieri, aveva lasciato vagare una mano sul piede di Alessia, giocando con i polpastrelli delle dita. Non pago di quel contatto e ormai completamente consapevole dell'attrazione che sentiva di provare verso il corpo della ragazza, il più silenziosamente possibile si stese su un fianco, portando il viso allo stesso livello di quello della giovane. Notò la spalla nuda che faceva capolino da sotto il piumone e individuò quattro minuscoli nei che formavano una linea quasi retta. Distratto, ne tracciò la rotta, poi ghirigori invisibili attorno ad essi, aggirandoli più e più volte. Arrivò anche oltre il piumone, fino alla schiena. Nel movimento i loro corpi si erano fatti più vicini,ma erano ancora divisi dal cuscino che Alessia teneva stretto.
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The Way - Quando L'unica via è quella che non ti aspetti
ChickLitAlessia non ha mai davvero scelto niente per sé. Tutto le era imposto, giorno dopo giorno, dalla madre, che dettava legge in casa e nella sua vita. Poco male: vent'anni le erano bastati a farla abituare a quella sorta di schiavitù, e quando iniziata...