Respirò a pieni polmoni.
Il giardino, anche se in pieno letargo, profumava di buono. Distintamente l'odore di ogni singola foglia di alloro, rosmarino e menta gli stuzzicava la gola, assieme a quello gelato della nuova neve che era caduta quella mattina. Il profumo fresco della menta era quello che più lo caricava d'aspettativa: sua madre era solita inserire in ogni barattolo di confettura di limoni due o tre foglie di quella pianta. Il risultato di quella combinazione era qualcosa di fuori dal mondo.
Ma nulla era comparabile alla ragazza seduta al suo fianco.
« Hai ancora freddo? » Le domandò per l'ennesima volta. Anche se la giovane aveva tentato più volte di nasconderglielo, non gli erano sfuggiti i brividi che le scuotevano leggermente il corpo. Brividi che cercava di mascherare stringendosi nel cappotto che lui le aveva offerto prima di uscire all'aperto.
Non ricevette risposta.
Forse perché l'aveva assillata per quasi un'ora. Ma ad ogni suo cenno negativo, i brividi erano aumentati costanti. Quel giubbotto era troppo grande per lei.
Eppure non aveva osato riportarla in casa.
« Un mese, » pronunciò all'improvviso Alexene. Gabriel aspettò che si spiegasse. « È passato un mese, da quando sono uscita l'ultima volta. »
L'uomo annuì taciturno con lo sguardo fisso davanti a sé.
La giovane aveva appena dato voce ai suoi pensieri. L'avevano tenuta segregata in casa peggio di un animale. Dentro ai confini del giardino sarebbe stata al sicuro: i pur sang in centinaia di anni non erano mai riusciti ad avvicinarsi allo chalet. Non ci sarebbero riusciti di certo neanche allora.
« Ti piace, stare all'aria aperta? » le chiese, in un filo di voce. Il senso di colpa lo tormentava.
« Gabriel, so che non posso. Non preoccuparti, » ribatté lei. Il tono di voce era serio, ma sereno. « So qual'è il mio posto e non mi ribellerò. Sono solo sinceramente sorpresa di questa novità, tutto qui. Nulla di più, nulla di meno. »
Gabriel chiuse gli occhi, tentando di calmare il cuore all'improvviso pesante.
Nulla di più, nulla di meno. Ti riferisci anche a me?
« Farò in modo che la prossima volta tu abbia degli abiti più pesanti, e qualche giacca, » decise. Alexene non parve dargli ascolto.
« Perché mi hai portata qui fuori? »
Il giovane rimase in silenzio per qualche istante. Nonostante in quel momento non riuscisse a vederla in faccia, era sicuro che anche lei avesse rivolto lo sguardo in quella direzione. Era distante metri da loro, eppure non l'aveva mai sentita così vicina come in quel momento. Inspirò a fondo. Sarebbe stato un discorso lungo e complicato.
Sperò solo di non spaventarla.
« Volevo parlarti di Sophie. E di te, » le rivelò infine. Il modo in cui sussultò accanto a lui gli strinse il cuore.
Ti prego, non avere paura.
Si ritrovò incapace di aprire le labbra. La mascella era serrata e tremava. Tremava di paura. Paura di un suo giudizio. Sobbalzò poi quando una piccola mano di Alexene gli si posò sull'avambraccio. Alzò gli occhi sui suoi e il terrore svanì.
« Sono qui. »
– Se può ancora aiutarti, io sono qui. –
Come potevano due singole parole dissipare l'angoscia che lo aveva domato quasi fino a soffocare? Come riusciva lei a stargli accanto dopo l'incubo che lui le aveva fatto passare? Eppure, dietro quella rassicurazione, Gabriel non riuscì a non percepire anche l'afflizione, il dolore di quella presa di posizione da parte della sua gente.
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The Way - Quando L'unica via è quella che non ti aspetti
Chick-LitAlessia non ha mai davvero scelto niente per sé. Tutto le era imposto, giorno dopo giorno, dalla madre, che dettava legge in casa e nella sua vita. Poco male: vent'anni le erano bastati a farla abituare a quella sorta di schiavitù, e quando iniziata...