Si svegliò con la figura di Alessia addormentata sull'abbaino.
Di nuovo.
Sospirò affranto e si alzò dal letto. Dalla poltrona agguantò la solita trapunta di lana e si avvicinò silenziosamente alla ragazza. Era il quarto giorno consecutivo in cui la ritrovava rannicchiata su quel piccolo divanetto. Addosso aveva solo il maglione della notte di Natale e si teneva le gambe nude strette al petto.
Se almeno prendessi una coperta con te...
Come le mattine precedenti le poggiò con delicatezza il tessuto sopra le spalle, e di nuovo Alessia si svegliò immediatamente. Alzò gli occhi sull'uomo per un breve attimo.
« Buongiorno, Gabriel, » lo salutò e riportò lo sguardo basso sulle ginocchia. « Buongiorno a te, » ricambiò lui amaramente.
« Non avevo più sonno. »
« Sì, lo so, » rispose lui atono.
Sempre la solita scusa.
Anche quella mattina l'aveva detto come quando dopo quell'assurda richiesta di perdono Gabriel aveva preteso di sapere il perché di quella fuga.
— Perdonami. —
Da quando era arrivata allo chalet, non era mai successo che la ragazza si piegasse a lui. Mai. Per quanto poteva aveva sempre lottato, aveva sempre risposto con tenacia, con fierezza. Non si era mai piegata, neanche per un attimo.
Eppure, nonostante Gabriel l'avesse minacciata più volte di rimanere sotto le coperte, lei alla fine era sempre riuscita a svignarsela su quel maledetto abbaino, una volta tanto amato da lui. Alle scuse si era aggiunto anche lo strano comportamento che aveva adottato subito da quella mattina: era diventata arrendevole e mansueta. Gli stava accanto senza dire una parola, a meno che non fosse interpellata, e si mostrava disposta a esaudire ogni suo desiderio.
Ma la cosa che più lo turbava...
« Io scendo, » la avvertì fermo sulla porta, dopo essersi vestito. Alessia lo aveva seguito con lo sguardo per tutto il tempo. Sperò di vederlo, almeno quella mattina: quel giorno avrebbe ripreso le sue mansioni fuori dallo chalet e non l'avrebbe rivista per quattro lunghe ore. « Ci vediamo a pranzo. »
Uno solo. Te ne chiedo uno soltanto.
Non poteva cominciare così quella giornata.
« A più tardi, » mormorò lei.
Te ne prego.
« Passa una buona giornata. » Arrivò perfino ad augurarle. « Anche tu, » rispose lei cordiale.
Attese anche più del dovuto.
Purtroppo quel sorriso era già sparito da giorni.
***
Quella sera dopo cena, la biblioteca rimase silenziosa, nonostante da qualche ora fosse occupata da Gabriel e dalla compagna. Ogni tanto un debole fruscio di una pagina girata da Alessia spezzava la pesante quiete in cui era calata la stanza. Il giovane uomo era rimasto a farle compagnia, silenzioso spettatore della sua lettura.
Non aveva fatto altro che fissarla per tutto quel tempo, ininterrottamente. Non gli importava se Alessia avesse fatto caso al suo sguardo insistente, non riusciva proprio a farne a meno. Ci aveva provato, davvero, a prendere in mano un libro e leggere qualcosa, ma dopo aver letto la stessa frase almeno una dozzina di volte, si era rassegnato.
Era stato straziante starle lontana tutto il giorno. Quando finalmente era arrivata l'ora di rincasare per pranzo, mai avrebbe immaginato di poter desiderare di rivedere qualcuno con così tanta impazienza. Il sollievo di poterla prendere per mano nell'aiutarla, come al solito, a sedersi a tavola era stato intenso. Poi, quando era stato il momento di andare di nuovo via, aveva dovuto attingere anche alla più piccola stilla del suo fidato autocontrollo e raziocinio per non puntare i piedi e rimanere al suo fianco per tutto il resto della giornata.
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The Way - Quando L'unica via è quella che non ti aspetti
ChickLitAlessia non ha mai davvero scelto niente per sé. Tutto le era imposto, giorno dopo giorno, dalla madre, che dettava legge in casa e nella sua vita. Poco male: vent'anni le erano bastati a farla abituare a quella sorta di schiavitù, e quando iniziata...