« Ale? Ale, trésor, va tutto bene? » provò a chiamarla Emma, di nuovo.
« L'avevo detto io di non lasciarla sola! » esclamò a bassa voce Elettra, mentre l'ansia iniziava a metterla in agitazione. Claire ammonì l'amica con uno sguardo severo. Nonostante questo però sapeva che Elettra aveva ragione. Aveva voluto fidarsi di Alessia, sicura che la ragazza non avrebbe mai commesso una sciocchezza. Rabbrividì di paura, pensando alle conseguenze della sua assurda decisione. Lasciarla da sola ad affrontare un momento così delicato e intimo ora non le sembrava più così sensato.
Auguste mi ucciderà!
Dieci minuti erano passati e da dentro la porta del bagno non si sentiva il ben che minimo respiro. E dato che si era chiusa a chiave, non erano valsi a nulla i tentativi di aprire la porta.
Bella pensata, Claire, si sgridò, bussando di nuovo, questa volta con più insistenza e forza.
« Alessia! » la chiamò, alzando la voce con severità, una severità che nascondeva una grande paura per quella che era diventata in poco tempo loro amica.
Proprio in quel momento, in camera entrò Eleonore, raggiante e felice.
« Vi stanno aspettando! » esclamò. Il sorriso si spense subito, notando lo sguardo preoccupato delle ragazze e la totale assenza di Alessia. « Dov'è? » domandò con apprensione. Claire cercò il modo meno sconvolgente per riferirle quello che aveva fatto.
« Eleonore, è colpa mia. Io– » iniziò a spiegarle con incertezza, ma due scatti alla serratura del bagno le bloccò il respiro, e le donne si girarono tutte verso la porta.
Ne uscì Alessia, a testa alta, e sulla labbra un piccolo sorriso che chiedeva perdono. Si chiuse la porta dietro di sé, e con imbarazzo si avvicinò alle ragazze.
« Scusate, avevo bisogno di pensare, » spiegò, stringendosi nelle spalle. Il profumo di Claire la travolse all'improvviso, senza darle la possibilità di evitare l'abbraccio, e spalancò gli occhi sorpresa.
« Ale! Stai bene? » le chiese, tastandole le braccia e le spalle, per poi prenderle il viso tra le mani e guardandole attenta gli occhi. Nel suo sguardo vi lesse ciò che pochi anni prima era passano anche nei suoi, in quei brevi istanti in cui l'avevano lasciata da sola.
« Oh, Alessia... »
« Non l'ho fatto » sussurrò lei, con orgoglio. « Non posso lasciare questa soddisfazione a Gabriel. » L'amica la strinse a sé ridendo, fiera della giovane.
« No, non puoi! » la lodò con un sorriso sincero. Eleonore si avvicinò alle due e accarezzò con dolcezza la pelle nuda del braccio di Alessia. Pochi istanti e il peggiore incubo della ragazza si sarebbe avverato, ma non poteva ignorare l'emozione che stava sicuramente provando quella donna: il figlio si stava per sposare, nonostante fosse un matrimonio insensato e spregevole. La ragazza non riuscì a non ricambiare il suo sorriso commosso. In quel momento si sentì divisa in due, e non per quell'affetto che non avrebbe mai provato per l'uomo a cui stava per essere venduta, ma al sincero sentimento che aveva lentamente coltivato per quella donna, così simile alla madre che non aveva mai avuto al suo fianco.
« Sei bella, Alessia, » le rivelò in un italiano stentato. Poi si riascoltò e sorrise scuotendo la testa, capendo di aver sbagliato termine. « Bellissima, » si corresse. La ragazza arrossì per il complimento, ancora con quella sensazione di stare provando emozioni sbagliate per persone che l'avevano portata via di casa. Non rispose al complimento, troppo sconvolta per ciò che sentiva nel cuore.
Stai sbagliando, Ale. Non sorridere, non farlo. Questa non è casa tua. Questo non sarà il tuo matrimonio, si ammonì, tornando seria. Un leggero movimento dietro di lei, e poi una delicata pressione sul capo e poi sulle spalle la fecero sobbalzare. Posò una mano sul proprio braccio, e l'altra sul capo. Incontrò pizzo bianco e foglie dal profumo intenso e familiare. Si voltò senza capire verso Eleonore, dietro di lei, e questa le indicò il pizzo elaborato, poi indicò se stessa.
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The Way - Quando L'unica via è quella che non ti aspetti
ChickLitAlessia non ha mai davvero scelto niente per sé. Tutto le era imposto, giorno dopo giorno, dalla madre, che dettava legge in casa e nella sua vita. Poco male: vent'anni le erano bastati a farla abituare a quella sorta di schiavitù, e quando iniziata...