Tornarono in camera insieme, a notte fonda. Insieme, per la prima volta. Dopo cena, Alessia gli si era avvicinata con riluttanza, e gli aveva chiesto in un sussurro se potevano tornare in biblioteca. Non sarebbero rimasti a lungo. Giusto qualche minuto per cercare delle letture da tenere in camera da letto. Gabriel aveva camuffato con tutto se stesso la gioia e la soddisfazione che aveva provato nel sentirle dire quelle parole, nel sentire che aveva accettato la sua proposta, e con un sospiro infastidito l'aveva accompagnata.
Erano rimasti lì dentro per ore, in silenzio, immersi nei libri. Era stata una serata particolarmente piacevole. Gli era bastata la presenza di Alessia accanto. Non aveva sentito la necessità di avvicinarla, di stuzzicarla, di farla arrabbiare. Era lì. Con lui.
Non gli serviva altro.
« Spogliati, » gli ordinò lei all'improvviso, nel mezzo della camera, e Gabriel strabuzzò gli occhi.
« Come, scusa? » Voltò lo sguardo verso di lei, interdetto. « Non ti facevo così audace, » mormorò malizioso, avvicinandosi. Non le dovette sembrare così sensuale, a causa delle stampelle, ma almeno ci aveva provato. Alessia infatti roteò gli occhi, mettendosi le mani sui fianchi esasperata.
« Devo cambiarti assolutamente la benda, » gli spiegò, accennandogli con il mento il punto esatto in cui sapeva esserci un taglio lungo tre centimetri e mezzo. « Ho lasciato passare troppe ore, » aggiunse con rammarico. Gabriel comprese le sue scuse silenziose, e non ribatté.
« Spogliami tu, » sussurrò, avvicinandosi ancora di più. « Prego? »
« I punti mi fanno male, se alzo le braccia, » le spiegò, alzando le mani fino a un certo punto. Non sentiva dolore. Era un'altra bugia.
« Bambino borioso e viziato, ecco che altro sei, » sentenziò, dopo un istante, e cominciò a sbottonargli la camicia azzurra. Gabriel inarcò un sopracciglio. Voleva sapere che altro pensava di lui.
« Cosa sarei, oltre tutto ciò? » Domandò curioso.
« Un ammasso di muscoli– » Cominciò lei.
« Oh, grazie del complimento, » Gabriel la fermò, mettendosi compiaciuto una mano sul cuore, fingendosi vanitoso.
« Un inutile ammasso di muscoli con il cervello tra le gambe, » rettificò lei. Gabriel rise lieve, divertito dai suoi commenti. Voleva sapere di più.
Registrò che era la prima volta che la ragazza lo spogliava, anche se non di sua iniziativa, e si eccitò. La cosa parve chiara anche alla giovane, nonostante avesse ancora addosso l'intimo. La vide fare del proprio meglio per non far cadere gli occhi proprio su quella parte, ma con scarsi risultati.
« Da come mi mangi con gli occhi, deduco che ti piace ciò che vedi, » mormorò roco, attirandola contro di sé, la stoffa della camicia a separare i loro corpi.
« Continua a dirlo, finirai per crederci, » soffiò lei, infastidita.
« Anche tu potresti finire per crederci, » ribatté lui. Quanto lo divertivano quegli scontri?
« Certo, sono già ai tuoi piedi, » esalò teatralmente lei. Non fece nulla per allontanarsi e Gabriel le sollevò il mento. « Ora non hai più paura di starmi vicino? » Le domandò a un soffio dalle sue labbra.
« No. » Ammise lei. Un'ammissione che Gabriel non si era aspettato. Voleva solo farla arrossire con tutta quella malizia, ma le sue guance erano solo quel solito è bellissimo color pesca. Non sapeva più come reagire. Fu lui ad allontanarsi e lasciarla andare, sedendosi al centro del letto. Alessia dovette arrampicarsi anche lei, per poter controllare la medicazione. Mentre la giovane trafficava sul suo fianco, gli occhi di Gabriel caddero sui libri che Alessia si era portata in camera.
Notre-Dame de Paris, I tre Moschettieri e I Miserabili.
Sorrise.
« Ti piacciono i grandi classici, » commentò.
« Non esattamente, » lo corresse lei, atona, senza alzare gli occhi dalla ferita libera. Era di un bel colore rosa. Nessuna infiammazione. I nodi sarebbero stati riassorbiti dalla pelle, quindi non avrebbe dovuto subire un'altra tortura. « Amo leggere, non disdegno quasi nessun genere. »
« Per esempio? » insistette lui.
Voleva sapere.
« I romanzi rosa. Non riesco a digerirli. » Cedette, spiegandogli dopo qualche istante. « Roba già vista, già sentita. Illude la gente. Non sto dicendo che non mi piacciono, ma preferisco trovare una storia d'amore in mezzo a un altro genere. »
Alessia gli coprì la cicatrice con un bendaggio più leggero del precedente: era un sinonimo di ottime notizie. Gabriel soppesò quella risposta, studiandone il significato intrinseco.
« Conflitti. Difficoltà. Segreti, » indicò alcuni temi classici dei romanzi rosa. « La tua avversione per quel genere ha a che fare con quel ragazzo, immagino. » Gli tornò in mente il modo in cui ne aveva parlato solo nel pronunciare quelle parole.
« Può essere, » borbottò miseramente lei.
« Fammi indovinare: l'amavi ma, per qualche assurdo motivo, l'hai dovuto scaricare, » continuò lui imperterrito. Troppo tardi si accorse del suo disagio. Non ne voleva parlare.
« Devi avere un bravissimo angelo custode, » deviò infatti l'attenzione da se stessa a lui. Gabriel sobbalzò, il cuore stretto in una morsa dolorosa.
« Già, » sussurrò. La situazione era in stallo.
« Perché hai scelto quell'università? » tentò una nuova strada.
Altro campo minato.
« È quella che più si adattava alle necessità mie e della mia famiglia. » La vide togliersi il vestito e prepararsi per andare a dormire. Per Alessia, la conversazione era finita lì.
— La convivenza sarebbe più vivibile, sai? —
— Dalle questa opportunità, non te ne pentirai. —
Alessia si era stesa lontana da lui e Gabriel già ne sentiva la mancanza. Per di più, non voleva andare a dormire. Voleva parlare. Lei spense la luce, che era dalla sua parte, e Gabriel accese la sua lampada.
Voleva conoscerla.
« Che tipo di musica ascolti? »
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The Way - Quando L'unica via è quella che non ti aspetti
ChickLitAlessia non ha mai davvero scelto niente per sé. Tutto le era imposto, giorno dopo giorno, dalla madre, che dettava legge in casa e nella sua vita. Poco male: vent'anni le erano bastati a farla abituare a quella sorta di schiavitù, e quando iniziata...