Era lo stesso ragazzo con cui Alessia aveva passato gli ultimi minuti della festa, prima che la reclamasse tutta per sé. Gabriel era sicuro che dovesse avere più o meno la stessa età della ragazza, forse più piccolo di qualche mese. La superava in altezza di una decina di centimetri ed aveva una corporatura esile ed elegante.
Aveva cominciato ad andare a trovarla subito dal primo giorno dell'anno: era una settimana esatta che passavo l'ora di riposo del giovane a godersi la compagnia l'uno dell'altra, poco prima di cena. Se ne andava via giusto prima che tornassero Gabriel e gli altri.
Quando l'aveva scoperto, un paio di giorni prima, a stento aveva trattenuto l'ira. L'aveva frenato la paura che quella rabbia poi l'avrebbe scagliata addosso ad Alessia, che con così tanta premura lo stava aiutando a ritrovare quella fiducia persa, offrendosi a lui in modi che da solo mai le avrebbe imposto.
Aveva passato tre orribili giorni, così vicino a lei senza trovare il coraggio di sfiorarla, parlarle o anche solo alzare gli occhi sui suoi. Si era sentito morire, quando quella sera era entrata nel bagno, cogliendolo in un momento così intimo e imbarazzante: aveva trovato in quello sfogo l'unico modo per tenere a bada i suoi istinti che feroci tentavano di farlo ricapitolare nel piacere del corpo di lei. Terrorizzato aveva provato a mantenere quel minimo di dignità che gli era rimasta, coprendosi con un asciugamano e aveva aspettato i suoi insulti. Sorprendendolo, la ragazza non aveva esternato nessun segno di sdegno, di ribrezzo. Anzi.
Aveva compreso tutto.
Si era dunque limitato ad odiare lui da lontano, e a passare più tempo con Alessia, sfruttando quelle ore a letto impegnandosi nel ritrovare l'uomo che la ragazza aveva conosciuto, tra le sue mani e tra le sue labbra. Il ventre ancora si rifiutava di vendicarlo, seppur la giovane avesse provato più volte a farlo sentire a proprio agio.
Aveva bisogno di tempo.
Quella sera, era tornato qualche minuto prima, desideroso di rivedere la giovane e stare con lei da solo, prima della cena. Nascosto dalla porta appena socchiusa, li aveva trovati nel salotto, in piedi accanto al camino acceso.
Non riuscì a nascondere un sospiro di sollievo. Chi voleva prendere in gro? Nonostante quello che aveva passato la notte di capodanno, nonostante avesse compreso che Alessia non era interessata ad altri uomini, non riusciva a impedirsi di provare una tremenda gelosia.
Una gelosia insensata, ragionò. Appartiene solo a me.
Reneé, quello il nome del giovane, stava flirtando palesemente con la ragazza, ma lei sembrava non averlo notato o, almeno, pareva non farci caso.
Gabriel si permise di ghignare soddisfatto. Mi dispiace, ragazzino. Lei vuole solo me.
— Ho bisogno di te. —
Quelle poche parole sarebbero bastate per portalo al culmine del piacere — soprattutto considerando che alla prima parte ci aveva pensato da solo — ma era riuscito ad attingere a tutto il suo autocontrollo per non sembrarle un depravato. Non avevano portato solo a un piacere fisico, ma lo avevano anche riempito il petto di un qualcosa di straordinario, facendolo sentire potente, invincibile. Desiderato. Ma poi tutto era di nuovo scemato nella sfiducia.
Dietro la porta, si permise di ascoltare la loro conversazione.
« Ho ancora tanto da imparare: il francese è davvero una lingua molto difficile, » stava dicendo Alessia, stringendosi nelle spalle. Reneé rise.
« Non hai niente da invidiare a nessuno di noi! Sei in buone mani, credimi. Quella ragazza, Elettra, è una bravissima insegnante, » la tranquilizzò. Alzò una mano per accarezzarle la guancia e Gabriel ringhiò furioso tra sé e sé. « E tu sei una magnifica studentessa... »
Tieni quelle mani lontano da lei! Lo minacciò mentalmente, pronto a uscire allo scoperto, ma le parole di Alessia lo fermarono, facendolo gioire.
« E' quasi ora di cena, » mormorò lei, alzando gli occhi verso l'orologio appeso alla parete, allontanandosi così dalla mano di Reneé. « Gabriel e gli altri dovrebbero tornare a momenti. Anche tu dovresti tornare a casa per cena, » lo informò con educazione.
Brava la mia ragazza! La lodò con sincero sentimento.
Reneé, per nulla turbato dal freddo gesto, si passò una mano tra i capelli castani e rise allegro.
« Oh, il tempo scorre così veloce in tua compagnia! » sospirò affranto, prendendole una mano e baciandole il dorso galantemente. « Vorrei trovare il modo di passare più tempo in tua compagnia, Alexene. »
« Alexene? » ripeté Alessia senza capire. Reneé si morse il labbro.
« E-ecco... » iniziò il ragazzo, ma venne fermato dalla comparsa di Gabriel che, aperto la porta, scoccò un'occhiata seria e omicida verso di lui.
« Vieni Reneé, è ora di andare, » gli ordinò con autorità. « Ti accompagno alla porta. » Senza dire una parola gli passò accanto. Entrambi uscirono nel corridoio e Alessia li seguì di nascosto.
Una volta arrivati alla porta d'ingresso, Gabriel lo bloccò contro l'uscio, prendendolo per il colletto con entrambe le mani.
« Certo che hai del coraggio! » Ringhiò furioso. « Come cazzo ti è venuto in mente di chiamarla così?! »
« C-credevo che... A-al campo tutti sanno che è stata informata! A capod-ah! » Uno spintone di Gabriel gli impedì di continuare.
« E tu, senza venirmi a chiedere conferma, hai ben pensato di fare di testa tua! » Sibilò, sempre più rabbioso.
« I-io non— »
Di nuovo lo agguantò per la camicia, aprì il portone e lo spinse fuori.
« Osa avvicinarti ancora a lei, e per te i giochi finiscono qui. »
Senza aspettare una sua risposta, gli sbatté la porta in faccia. Rimase qualche secondo all'ingresso, cercando di calmarsi, poi si girò, deciso a trovare una scusa plausibile per Alessia.
« Chi è Alexene? »
Sobbalzò, nel ritrovarsela accanto. Lo sguardo indagatore che gli rivolse non prometteva nulla di buono. Dopo l'attimo di sorpresa, le rivolse un gran sorriso tirato.
« Ehi, non si saluta più? » tentò di evitare la domanda. « Vieni qui e dammi un bacio, » sussurrò, prendendola per i fianchi. Se da una parte voleva farle dimenticare quel nome, era anche vero che era da tutto il giorno che aspettava di riaverla tra le proprie braccia per assaporare di nuovo uno dei suoi baci.
Contro ogni sua previsione, la ragazza lo bloccò, sfuggendo al suo abbraccio. I suoi occhi erano sempre più scuri e adirati. Non ebbe il tempo di prepararsi al peggio.
« Cosa significa è stata informata? Mi credi stupida? Che cosa devo sapere? » Iniziò a riempirlo di domande. « Voglio sapere perchè Reneé mi ha chiamato a quel modo. Se non me lo dici tu, sta sicuro che troverò il modo di scoprirlo da sola, e quando accadrà, allora saranno guai, Gabriel. Se c'è qualcosa che odio con tutto il mio cuore, sono i segreti e i bugiardi, » lo avvertì, puntandogli il dito contro il petto.
Sentendosi preso in causa, Gabriel non potè far altro che mettersi sulla difensiva. Furioso, si allontanò di un passo da lei, squadrandola dall'alto in basso, con disgusto.
« Ma chi ti credi di essere? Sei solo un misero ostaggio, non dovresti neanche mettere quel tuo muso fuori dalla mia stanza, » ringhiò. « Ritieniti fortunata che ti lasci almeno giocare con il mio corpo! »
A quel punto, anche Gabriel scoprì di odiare profondamente qualcosa.
La sensazione di inadeguatezza e pentimento che sentì sotto lo sguardo ferito e accusatore di Alessia. Era successo ancora.
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The Way - Quando L'unica via è quella che non ti aspetti
ChickLitAlessia non ha mai davvero scelto niente per sé. Tutto le era imposto, giorno dopo giorno, dalla madre, che dettava legge in casa e nella sua vita. Poco male: vent'anni le erano bastati a farla abituare a quella sorta di schiavitù, e quando iniziata...