Mi sveglia il canto di un gallo, che saluta il pallido sole del mattino sorto da poco a rischiarare il villaggio avvolto dalla nebbia. Mi alzo in piedi e muovo qualche passo malfermo, ho le gambe completamente intorpidite dalla scomoda posizione in cui ho dormito. Per prima cosa mi guardo intorno, cercando di orientarmi nel dedalo intricato di vicoli e stradicciole che si diramano in ogni direzione. Alla fine ci rinuncio e imbocco una stradina a caso, seguita da un'altra e da un'altra ancora. Non c'è quasi nessuno in giro, soltanto poche persone abbigliate poveramente e dallo sguardo spento e rassegnato. Qualche bambino, scarno quasi come me, gioca a rincorrersi sul selciato. Provo a rivolgere loro la parola, ma quelli mi ignorano e si allontanano correndo. Nessuna delle persone che incontro sembra disposta a darmi una mano, né tantomeno a parlarmi.
Il mio continuo vagare mi conduce verso quello che presumo sia il centro della cittadina, con la sua piazza occupata da qualche banco che vende pesce, tessuti sdruciti e poco altro. Vedo un uomo barattare un tozzo di pane con un pezzo di stoffa consunta. Se dispone di un bene così prezioso e vi rinuncia così, probabilmente deve trattarsi del fornaio.
Mi avvicino di soppiatto alla bancarella e senza fare rumore scivolo alle spalle del venditore. Il pezzo di pane è lì dietro, sbuca appena dalla bisaccia dell'uomo. La fame si fa sentire più forte che mai, ma se voglio rubare è meglio aspettare l'attimo propizio. Per il momento resto quindi accucciata alle sue spalle, sperando che non gli venga in mente di controllare tra le casse ammassate senza alcuna logica contro la parete del vecchio edificio, la cui ombra sul terreno segna che è ormai mattino inoltrato. Uno sciame di ragazzini sbuca correndo distrattamente da uno dei vicoli e travolge la bancarella del venditore, che rotola a terra con la sua merce. Io approfitto della situazione, balzo fuori dal mio nascondiglio e sfilo il pane dalla bisaccia dell'ignaro venditore. Poi mi dileguo correndo con il mio bottino ben stretto tra le mani. Subito voltato l'angolo mi getto con foga sul cibo appena conquistato. Ne lascio un po' da parte avvolgendolo nel piccolo fagotto, da tempo desolatamente vuoto, che mi ero portata appresso dalla partenza. Mi allontano ancora un po' dalla piazza, anche se dubito che il venditore mi abbia notata.
Percorro stancamente una delle vie principali, che mi conduce verso il lago. Vicino al molo, sotto il porticato di una vecchia costruzione, un capannello di bambini è seduto a terra attorno a un una donna anziana vestita di scuro. Incuriosita, mi avvicino un po' e noto che non mi respingono, così mi siedo anch'io, anche se un po' in disparte. Passa qualche altro istante senza che nessuno dica nulla, poi la vecchia comincia a parlare con voce leggermente cantilenante."All'inizio dei tempi non v'era che lo Spirito, immane e maestosa presenza che aleggiava sul nulla. Lo Spirito riempiva i vuoti, occupava ogni spazio, poiché egli era il tutto e nulla esisteva all'infuori di lui. E fu lì, in quel chiarore abbagliante che ogni cosa avvolgeva, che lo Spirito si addormentò. Si addormentò e sognò una terra fiorente, una fertile pianura solcata da molteplici fiumi, circondata da un vasto mare e sovrastata da una sfera celeste, illuminata da un'astro splendente che ne rincorreva un secondo, dalla luce più tenue. Fu così che prese forma la Terra, Thalamh-Maa, la Grande Madre. Lo Spirito stesso ne era l'essenza.
Su quella terra lo Spirito dimorò per ere, nel più assoluto silenzio. Poi, un giorno, una melodia prese forma dentro di lui. Lo Spirito le diede voce. Il suo canto fu il primo suono a spezzare la quiete del mondo e si dice che sarà l'ultimo a cessare quando il mondo giungerà alla fine. La melodia dello Spirito diede vita a molte creature, le prime delle quali, dalle ali piumate, furono dette uccelli, i Figli del cielo. Essi imitarono a modo loro la musica dello Spirito che, commosso da tanta armonia, pianse. Dalle sue lacrime lucenti nacquero le stelle, Guardiane della notte, Ancelle della luna.
Gli uccelli erano i figli prediletti dello Spirito, leggiadri ed obbedienti. Ancora qualcosa mancava però su quella terra, qualcosa che fosse indipendente dalla sua volontà, qualcosa a cui avrebbe affidato il mondo quando egli sarebbe ricaduto nel sonno. Fu così che creò gli Uomini, i Distaccati, i Padroni del Destino. Ma dopo qualche tempo amaramente se ne pentì, poiché essi cominciarono a farsi la guerra tra loro. Lo Spirito li combatté, cercò a lungo di fermarli, e fu in quella lotta che si dice che furono innalzate le montagne, manifestazione della sua ira. Alla fine riuscì a riunire tutti gli uomini al centro della grande pianura e scelse al loro interno i dieci esponenti più saggi. Ad essi affidò il compito di fondare le Stirpi e di guidarle verso la terra a loro assegnata, seguendo la piuma dell'uccello sacro alla loro gente, piuma che lo Spirito aveva affidato al vento. Fu così che le Stirpi dell'aquila e del falco si stabilirono a nord, sulle alture e nelle vallate, le Stirpi del cormorano e del cigno poco più a sud, nei pressi del grande lago, le Stirpi del gabbiano e della sterna ad ovest, lungo le coste, le Stirpi del martinpescatore e dell'airone presso le paludi del sud, le Stirpi della rondine e della poiana nella pianura e le Stirpi del tordo e del picchio nella grande foresta a nordest.
Per secoli la pace regnò tra gli uomini, che prosperarono, mentre lo Spirito vegliava su di loro. Ma il male aspettava soltanto il momento propizio per impadronirsi dell'animo degli uomini, momento che giunse secoli fa, all'epoca del Crudele Inverno. A quel tempo, infatti, ..."La voce della vecchia si blocca di colpo, quando alcune guardie della cittadina irrompono sotto il porticato rovistando ovunque.
"Trovate il fuggitivo! Il fuggitivo è evaso dalla cella! Per ordine del capitano tutte le abitazioni e gli edifici devono essere perquisiti! Largo alle guardie!" Grida un uomo barbuto, che ha l'aria di essere il comandante.
Si scatena il pandemonio. I bambini fuggono spaventati, travolgendomi, i pescatori si allontanano dal molo e le madri strillano.
"È fuggito, ci ucciderà tutti!"
"I miei bambini, dove sono i miei bambini?"
"È la fine, non c'è scampo!"
Grida risuonano ovunque, martellandomi nella testa. Spaventata, faccio per correre via, quando vengo afferrata per un braccio e trascinata in un vicolo laterale. Mi ritrovo a fissare spaventata gli occhi inespressivi e il volto rugoso dell'anziana narratrice cieca, che mi sfiora delicatamente il viso, come per riconoscermi."Io so chi sei" sussurra.
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Ciao!
Grazie per aver letto fin qui, spero che abbiate gradito il capitolo! In tal caso se volete votate o lasciate un commento :)
E ora che succederà? Mah... Nel prossimo capitolo forse lo scoprirete...o forse no... *fa una risatina satanica mentre si sfrega le mani*
In ogni caso... A presto!
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Destino - Il volo del corvo
FantasyCringe alert - questa storia è moooolto vecchia e ci sono passaggi un po' problematici, riferimenti a culture che sfiorano l'appropriazione, e tutta una serie di cose che ora mi fanno accapponare la pelle. Il lato positivo è che ora me ne rendo cont...