Capitolo 37-Kyera

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Attraversiamo di corsa uno stretto ponte di corda, che Cathal rende in seguito inservibile con pochi colpi di spada. Se qualcuno ci sta inseguendo, ora è costretto a fare un lungo giro per attraversare la gola. Poi, dopo esserci addentrati nella foresta per un tempo apparentemente infinito, finalmente ci fermiamo. Ê chiaro che per oggi basta così. Nessuno di noi ha la forza, fisica e morale, di avanzare oltre.
In silenzio allestiamo un piccolo accampamento costruendo un piccolo e traballante riparo tra gli alberi. Poi ognuno si dedica alle proprie ferite, o almeno a quelle del corpo, le uniche per cui si possa fare qualcosa. Herija riesce a convincere Halger a farsi curare, ma non c'è verso di farlo mangiare. In realtà nemmeno io ho fame, ma accetto comunque qualche boccone delle provviste.
Il silenzio tra noi è sconcertante. Muti, ci guardiamo in faccia e tutto ciò che ci sembra di vedere sono maschere di paralizzante tristezza. E ognuno ha così dinanzi lo specchio di sé stesso e del proprio stato d'animo, del proprio vuoto interiore.
Soltanto Halger tiene gli occhi bassi e non incrocia i nostri sguardi, e nemmeno Herija riesce in qualche modo a farlo sentire meglio. Nessuno l'avrebbe mai detto, ma lei, all'apparenza così fragile e insicura, in questi momenti rivela una grande forza fatta di comprensione e umanità che si concretizza in piccoli gesti.

Io mi ritiro in un angolo appartato e mi lascio cadere sopra un tronco caduto. Seduta sulla ruvida corteccia, prendo a fissare il muschio che ricopre il terreno. Il suo colore mi ricorda tanto gli occhi di Eír e Cailibh, così sognanti e sinceri. Dalla mia rocambolesca partenza dalle grotte ho come vissuto dentro ad un sogno, con la speranza che mi sarei un giorno risvegliata da questa situazione così irreale. Ma la morte di Halrik mi ha colpita come una forte corrente di acqua ghiacciata facendomi piombare a capofitto nella cruda realtà. Dove non arriva la ragione giungono sangue, perdita e vuoto. Ora realizzo davvero quanto lontana mi trovi da casa e dalla mia famiglia, che ho lasciato nel bel mezzo di uno scontro armato. Per quanto ne so, come Halrik anche loro potrebbero giacere da qualche parte con gli occhi spenti.
Singhiozzo.
La mia immaginazione trasforma il sorriso di Halrik in quello di Cailibh e i suoi occhi ridenti in quelli di Eír.
E poi tutto si tinge di rosso e scompare tra lacrime e fango, mentre sento un tocco gentile sfiorarmi la spalla.
Heryann si siede accanto a me senza dire una parola, perché in questo momento è impossibile trovarne di adeguate. Poi, dopo qualche istante di esitazione, mi abbraccia. La sua è una stretta forte, un po' impacciata, ma soprattutto rassicurante. Non so perché lo stia facendo, non so perché di colpo si sia aperto in questo modo, ma in fondo lui è la cosa più simile ad un amico che ho qui, per quanto dietro ai suoi occhi celi molti lati di sé che io non conosco.
Finalmente cedo, mettendo da parte il mio orgoglio e affondando il viso nel suo petto. Mi lascio andare ad un pianto liberatorio, ogni singhiozzo è un peso in meno a schiacciarmi il cuore.
Ora fa meno freddo, sia dentro che fuori.

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Sì, lo so che cosa starete pensando. Scompare per più di una settimana e se ne torna con un capitolo misero. Non mi sentivo di allungarlo, temevo che avrebbe perso di intensità. Ma per farmi perdonare ne ho pronto un altro, che insieme a questo dovrebbe più o meno raggiungere la lunghezza di un capitolo decente. Spero comunque che vi sia piaciuto, aspetto le vostre opinioni! :)

Destino - Il volo del corvoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora