ATTENZIONE: SAPPIATE CHE IL CAPITOLO NON È AFFATTO NOIOSO COME SEMBRA DALL'INIZIO...
È quasi l'alba. La nebbia mattutina avvolge le sagome immote degli alberi e ci costringe a procedere con prudenza. Siamo in viaggio già da un po' e ora finalmente il sole si appresta a farci compagnia in questi luoghi selvaggi e deserti.
Camminiamo in silenzio in fila indiana, Cathal alla testa del gruppo. Sembra conoscere discretamente questi luoghi, ma presto ci addentreremo nelle valli dei monti di Harlöndin e anche la sua guida sarà meno sicura. Non sono nemmeno certa che lui sappia esattamente dove stiamo andando, ma sicuramente sa il perché. Altrimenti, per quale motivo fare un tragitto così lungo?
La sagoma imponente delle montagne incombe ormai su di noi con il suo carico di crepacci, ghiaccio e di vento, che a quanto pare sferza costantemente i viandanti che vi si addentrano. Nessuno di noi osa farlo ad alta voce, ma tutti ci chiediamo in che modo arriveremo lassù, con l'inverno ormai prossimo.
A dire il vero, nessuno dice niente del tutto. Ognuno di noi porta con sé il proprio fardello di silenzio, preoccupazioni e domande. All'apparenza coloro che soffrono meno di questa situazione sembrerebbero essere Rajivo, Halger e Halrik. Il primo cammina a testa alta, fiero e spavaldo come sempre e ben conscio della propria forza. Di tanto in tanto si passa una mano tra i rossi capelli scarmigliati, più per abitudine che per reale bisogno. I due fratelli della gente della sterna, invece, marciano parlando tra loro a bassa voce e di tanto in tanto ridacchiano. Sembrano tutto sommato i più spensierati, forse perché la vita li ha già messi a dura prova più di quanto faccia adesso. Di tanto in tanto risollevano il morale del gruppo con qualche battuta che sorge spontanea dalle labbra di uno dei due e che viene completata dall'altro con tempismo perfetto, come non facessero altro dalla nascita.
In realtà, non sempre abbiamo voglia di scherzare. Ogni tanto perfino Halger tace e si rintana nei suoi pensieri, ma la vitalità scoppiettante di Halrik raramente non è sufficiente a strapparci un sorriso, per quanto tirato possa essere.
Le cose vanno così da ormai tre giorni, che ho principalmente passato a chiedermi se la mia scelta sia davvero stata saggia come sembrava in un primo momento. Sto fuggendo da un bosco zeppo di emissari dei tiranni, ma per andare dove? In un territorio sconosciuto di cui nessuno conosce i reali pericoli. Ma ho sicuramente più possibilità di farcela insieme a loro, che fuggendo sola.
"Va bene, ci fermiamo qui per un istante."
Sono così assorta nei miei pensieri che quasi vado a sbattere contro Herija, ferma davanti a me. Le parole di Cathal mi sono entrate da un orecchio per poi uscire subito dall'altro, inascoltate.
"Facciamo una breve pausa, giusto per riempire le borracce e sistemarvi i bagagli. Ripartiamo subito." Continua.
Io ho acqua a sufficienza, perciò mi siedo su un masso e addendo che anche gli altri siano a posto. Osservo in silenzio gli altri sistemare sacche, cinghie e lacci vari, anche a vuoto, come se l'importante fosse semplicemente fare qualcosa e tenersi la testa vuota da ulteriori fardelli. Incrocio lo sguardo azzurro di Heryann, che però lo distoglie subito. Non mi parla dalla notte del mio risveglio e evita perfino di avvicinarsi troppo. È cupo, forse il più tetro della compagnia. Così, con la testa bassa e le spalle curve, sembra più vecchio di ciò che è realmente.
Cathal, pronto a ripartire, si riaggancia lo scudo sulle spalle e fa per dire qualcosa, ma un gesto brusco della mano di Herija lo zittisce.
"Ascoltate" sussurra lei "non siamo soli in questa foresta."
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Destino - Il volo del corvo
FantasyCringe alert - questa storia è moooolto vecchia e ci sono passaggi un po' problematici, riferimenti a culture che sfiorano l'appropriazione, e tutta una serie di cose che ora mi fanno accapponare la pelle. Il lato positivo è che ora me ne rendo cont...