Capitolo 51 - Halger

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L'alba prima di una battaglia è sempre più bella delle altre. Questa deve ancora destarsi, e per ora sopisce sotto la neve che imbianca il paesaggio. Ci saranno sì e no cinquanta centimetri di neve fresca, un bel vantaggio per questa gente, abituata a un clima così rigido, al contrario dell'esercito che sta per attaccarci.

Quando mi sono alzato, Ayris era già in piedi. Ora sta accendendo il fuoco con le braci della sera, sperando che almeno questo ci riscaldi un po'. Gli altri dormono ancora, e forse almeno nel sogno, i bambini dimenticano ciò che nella vita fa loro paura. Non è stato facile, per Ayris e Irek, spiegare loro il tutto, non è stato facile gestire la loro paura. Ora Irek si sta assicurando che almeno i più piccoli dormano ancora, mentre sveglierà a breve i gemelli, che saranno tra coloro che attaccheranno dall'alto. Gli altri staranno con Jonaker, ancora infermo.

E io, io non posso fare a meno di chiedermi come finirà questo giorno.

I due fratelli si preparano alla battaglia, e io faccio lo stesso. Indossate le armi, i due intingono le dita in una strana mistura che Ayris ha preparato ieri sera. Poi intuisco il senso dei loro gesti, si tratta di un rito, di una tradizione. Il fuoco getta bagliori arancioni sui loro visi, mentre con la mistura azzurra si tracciano delle linee sulla pelle del volto. Immagino che, in ogni casa, i combattenti stiano facendo lo stesso, tutti con i medesimi occhi cupi e malinconici. Poi mi porgono il colore, invitandomi a fare lo stesso. Io dipingo di blu l'intera metà della mia faccia, istintivamente. È come se, con questo mio gesto spontaneo, la divisione che ho nell'anima emergesse anche esteriormente.

L'alba prima di una battaglia non c'è spazio per le parole. Nemmeno una varca le nostre labbra, c'è spazio solo per il non detto. Gli occhi fanno il resto, anche mentre usciamo di casa per recarci al punto di ritrovo. Le voci non parlano, le anime risuonano sotto la neve.

L'alba prima di una battaglia mi sforzo sempre di sorridere, perché potrebbe essere l'ultima volta che lo faccio. Ma oggi, oggi non ci riesco. Non riesco a sorridere davanti a questa gente vestita da funerale, sia nell'anima che esteriormente. Non riesco a sorridere a questi guerrieri improvvisati, ma feroci e fieri, perché i loro volti di pietra sono già troppo carichi di emozioni. Non riesco a sorridere al sole che sorge, perché la coltre di nubi è troppo pesante. Non riesco a sorridere a Ayris, anche se vorrei, perché temo che non ce la farebbe a ricambiare.

La piazza di Valaskjall è piena di gente. Donne, uomini, vecchi, bambini, sono tutti lì, divisi in gruppi. Io mi infilo accanto a Irek, tra coloro che prenderanno parte al riccio. Stanno dando istruzioni sulla formazione, ma non sembra difficile. Ciò che conta è resistere, ognuno al proprio posto, e subentrare ai compagni caduti. Il tutto con grande coordinazione, e con la forza necessaria a sostenere la lunga picca di cui ci serviremo, arma che vorrei con tutto il cuore aver già usato almeno una volta.

"Non sei obbligato a combattere, straniero."

È Livkas, sopraggiunto dietro di me con passo felpato.

"Ma voglio farlo. Devo farlo." Ribatto con voce ferma.

Livkas mi scruta con i suoi occhi colore del cielo pieno di nubi. C'è qualcosa di insolito nel suo sguardo, una strana luce che non ho mai visto. Quest'uomo è più di ciò che sembra, o almeno così mi sembra di intuire.

"Non sempre potrai proteggere coloro che ami." Dice infine, ma ho l'impressione che in realtà avrebbe voluto dire altro.

Apro la bocca per rispondere che sì, lo so, mi è già successo, ma non lo permetterò un'altra volta, quando lui mi ferma con un gesto della mano. Mi dà una pacca sulla spalla, e poi se ne va. Chissà che cosa voleva dire.

Ma non ho troppo tempo per pensare agli enigmi di Livkas, anzi, non ne ho per nulla, perché subito la sua voce possente arringa il neo assortito esercito.

Destino - Il volo del corvoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora