Capitolo 17

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Lui conosceva mia madre. Lui conosceva mia madre.

Io ho una madre.

Io ho una madre e lui me la può descrivere. Io ho una madre e lui magari sa anche dove si trova. Forse è da lei che mi sta portando.

Forse sarò presto a casa.

Sorrido. Non solo ho appena scoperto di avere una madre, ma anche che qualcuno la conosce. È rassicurante sapere di essere parte di qualcosa, di avere una famiglia.

Non ho mai sorriso così tanto. Sento il freddo della sera sui denti scoperti, e gli angoli della bocca che tirano. Ho gli occhi lucidi.

L'uomo però non risponde al mio sorriso. Se ne sta lì, impassibile, serio e silenzioso. Perché si comporta così? Che cosa gli ho fatto? Credo di avere il diritto di essere felice, così felice per la prima volta nella mia vita.

Alla fine decido che non mi importa se lui sorride o no, purché mi dica qualcosa di mia madre. Faccio per aprire bocca, ma lui mi fa segno di stare zitta e di sedermi. Dopotutto ho promesso. Reprimo a stento un piccolo sbuffo e mi lascio scivolare a terra appoggiando la schiena contro un tronco. Anche l'uomo si siede, la schiena contro un albero e lo sguardo rivolto al cielo. "Ti spiegherò tutto a tempo debito, prima c'è altro che devi sapere. Ma sappi che ti voleva bene. Dormi ora. Ti sveglierò quando sarà ora di partire." Sussurra.

Anche il mio sguardo è puntato verso il cielo, alla ricerca di qualche stella fuggita alla coltre di nubi che nasconde il firmamento. E mentre gli occhi si posano su un lumicino che brilla fievole nella notte, i miei pensieri si aggrappano alla parola madre.

Madre.

Mamma.

Mi sembra di non aver mai sentito un suono così dolce. Mamma. Diverso dalla parola pronunciata da Heryann con il suo rammarico. È una carezza, un fiore che sboccia, una brezza gentile.

Mamma.

Chissà dov'è ora. Chissà se riesce a sentirmi. Da come ne ha parlato l'uomo incappucciato non so se sia ancora viva. Lui la conosceva. E ora? In fondo al cuore, comunque, nutro ancora un po' di quella speranza che si è riaccesa proprio oggi.

Per il resto, c'è la malinconia.


Mentre le stelle fanno il loro corso, due anime sole riposano nella foresta. non hanno il tempo di ascoltare il respiro della terra, né di attendere il canto del gallo che raggiungerà quelle lande gelate. Si sentono piccoli e sperduti in un mondo troppo grande per chiunque.

Non parlano, respirano piano come se temessero di fare troppo rumore. Nella loro mente ci sono già troppi pensieri che fanno tanto baccano da offuscare perfino la luna che sale all'orizzonte. Tanto grandi da sovrastare gli alberi della foresta.

Le anime sospirano soffocate in una trama di destini intrecciati. Destini opposti e congiunti, segnati da innocenza e peccato, speranza e rimorso. Destini che si rialzano, si prendono per mano con riluttanza e riprendono ad andare avanti.

Orme si inseguono su un terreno gelato e solcato da molte ferite. Passi che conducono lontano nel ventre della foresta. Due sagome stanche che avanzano rischiarate dalle stelle lungo un sentiero fatto di ricordi per l'uno, di ignoto per l'altra.

Camminano fin quasi all'alba, finché non giungono nei pressi di un piccolo villagio di capanne spartane celate all'ombra degli alberi.

Una sagoma curva va incontro ai due viandanti. L'uomo vi si inginocchia davanti e si lascia scostare il cappuccio. La sagoma curva esita, il braccio proteso in avanti tremante. Stenta a riconoscere l'uomo, ne sfiora il volto con le dita. Poi gli getta le braccia al collo. Una lacrima scenda a bagnare la guancia ispida e segnata dell'uomo.

Questa notte, o quel che ne resta, è il tempo del riposo e del ricordo.


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Ciao a tutti!

Vi è piaciuto il capitolo? Lo so, è un po' corto, ma mi farò perdonare con il prossimo, promesso!

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A prestissimo!




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