Capitolo 31-Kyera

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Sono in preda alla confusione più totale.

Che cosa devo fare?

È quasi il tramonto e non ho ancora preso la mia decisione. Una parte di me si sente in obbligo di accettare l'incarico. Non mi importa se sarò uno strumento in mano altrui, l'essenziale è che il popolo abbia speranza e coraggio e che combatta una volta per tutte. D'altra parte, però, c'è qualcosa che mi spinge a non fidarmi. La solennità del momento, la grande importanza data ad ogni cosa.

E se qualcuno lo fosse venuto a sapere?

Le guardie istruite da Seharlas potrebbero non bastare. Ma poi, a mettermi ulteriori dubbi, c'è un'altra cosa. Anzi, c'è una persona. Heyleen. Nessuno sa che cosa sia successo, nemmeno Cathal. Ho ascoltato una conversazione a proposito tra lui e suo fratello. È successo per caso, sia ben chiaro, ma non ho potuto impedirmi di ascoltarli fino alla fine vincendo una volta per tutte la mia paura. E che cosa ho scoperto? Nulla. Il mio debito se ne resta lì sull'orlo della coscienza e dell'incertezza.

Cosa accadrebbe se ci sollevassimo?

Potremmo liberare lei e altri prigionieri ma potrebbero anche usarli contro di noi come ostaggi. A detta di Seharlas la perdita di vite umane è poca cosa rispetto ad un'eventuale vittoria dei ribelli, e quindi non dovremmo temere azioni del genere da parte dei tiranni. Io però non riesco a non pensare che questa guerra seminerà sangue e morti ovunque. Temo per la mia vita e per quella della mia famiglia, perché so che non ci sarà scampo per nessuno. Sarà anche un ragionamento egoista il mio, ma ho già pensato più volte di prendere con me Eìr e Delen e di fuggire da qualche parte nei boschi. Ma Eìr non lascerà mai suo fratello e Cailibh non abbandonerà mai la causa dei ribelli, non ora che la guerra sta per cominciare. Quindi, se voglio salvarmi, devo fuggire da sola. E devo farlo adesso.

Una mano mi si posa sulla spalla con una stretta potente, costringendomi ad accantonare per un attimo i miei progetti di fuga.

"Kyera, Cathaoir mi ha mandato a chiamarti. È ora."

Seharlas mi scorta fino alle grotte marciando spedito tra le ombre sempre più lunghe del crepuscolo che sembrano quasi volersi distendere per afferrarmi. La sua andatura è tipica del combattente che per lunghi anni ha marciato nella neve, sotto la pioggia o bruciato dal sole. I suoi capelli biondo scuro tendono ormai ad un grigio spento dall'età e dalla fatica. È sempre stato molto rispettato qui da noi, un rispetto che si è poco a poco guadagnato con le sue azioni. È sempre stato molto severo e inflessibile, soprattutto con i ragazzi che imparano a combattere. Ogni tanto sembra dimenticarsi che non si nasce con in mano una spada...

Ecco perché, quando giungiamo all'entrata delle caverne, coglie l'occasione per dare ulteriori indicazioni ai soldati di guardia. Parlano in codice, un'ulteriore misura di sicurezza da lui voluta per ridurre il pericolo di spionaggio.

All'interno l'atmosfera è indecisa tra il teso e il festoso. In un certo senso mi sembra di osservare questa scena dall'esterno, talmente sono concentrata a seguire il filo dei miei pensieri, filo sfuggente che si perde però ben presto nel clamore e nella folla.

È tutto architettato a regola d'arte, quasi da sembrare una farsa, ma le grida, l'emozione e l'aspettativa sono più che reali. Bruciano come piccole fiammelle negli occhi di tutti, puntati verso di me e ora più che mai irremovibili.

Seharlas mi scorta fino ad uno spiazzo sopraelevato lasciato libero apposta per me.

La folla si quieta piano piano, finché il silenzio non spezzato che da leggeri bisbigli che serpeggiano qua e là. Il mi sguardo li segue, li osserva passare di bocca in bocca, da un orecchio all'altro.

Poi qualcosa attira la mia attenzione. È lo sguardo celeste e inquieto di Heryann, fisso su di me. Sembra volermi dire qualcosa di molto urgente nonostante i suoi lineamenti non siano più tesi del solito. In un certo senso, è come se non dovessi essere qui. È come se pensasse che tutto è sbagliato, orribilmente sbagliato.

E poi... poi non riesco a realizzare nulla finché non è troppo tardi.

Uno degli anziani mi si posiziona davanti, chiede il silenzio e prende la parola. Ma nessun saluto ai presenti, nessuna invocazione allo Spirito, nessuna formula di rito varca le sue labbra. Il suo sguardo è puntato in un punto imprecisato tra la folla, impietrito. Pronuncia una parola, una sola.

"Fuggite!"

L'anziano crolla a terra, in una pozza di sangue, lasciando uno spazio libero davanti a me. Lasciando soltanto il vuoto a separarmi da Seharlas, che stringe una daga insanguinata. Lasciandomi il tempo di guardare in faccia l'assassino, un attimo prima del caos.

La folla si spezza, dilaga ovunque, ma soprattutto in direzione dell'uscita delle grotte.

Sono circondata da soldati che combattono tra loro, qualcuno per proteggermi, qualcuno per uccidermi.

Morte.

È questo pensiero a riscuotermi, spingendomi a reagire.

Morte.

Mi metto a correre. Non ci sono più direzioni, il mondo è capovolto e in tumulto intorno a me. Sono risucchiata tra la folla, strattonata da più mani, avvolta in un groviglio di corpi dal quale però riesco piano piano a fuggire. Grido di dolore, di paura e di orrore per il sangue. Corro, inciampo, cado, mi rialzo, corro, ripiombo violentemente a terra, corro.

"Cailibh! Eìr!" Grido inutilmente, sperando che qualcuno mi senta e vanga a proteggermi.

"Cail..."

La bocca tappata, vengo sbattuta contro la roccia provocandomi dolorose escoriazioni. Mi dimeno disperatamente, scalcio, mordo. Ma è tutto inutile.

"Stai ferma, dannazione!" Nonostante il suo tono somigli fortemente ad un ringhio, riesco a riconoscere il proprietario della voce. Cathaoir. Cathaoir, di cui mi fidavo. Cathaoir il leader, sì. Il leader dei traditori.

Soffoco a stento un singhiozzo e cerco di rimettermi a urlare, ma un violento scapaccione mi fa desistere.

"E taci!"

Vengo trascinata via nonostante non cessi un attimo di opporre una resistenza disperata.

Essendo schiacciata contro il corpo poderoso di Cathaoir, non vedo più nulla e perdo l'orientamento. La sua casacca puzza di sangue rappreso. È l'odore di chi ha dato la morte ai nemici danzando con la propria. È l'odore di chi ha ucciso senza paura di sporcarsi le mani e l'anima.

Una cosa, però, è certa. Ci stiamo allontanando dallo scontro. Dove mi sta portando? Non ne ho la più pallida idea, ma ovunque sia diretto, non è solo. Un rumore di passi proviene da dietro le sue spalle, sempre alla medesima distanza.

La stretta di Cathaoir si allenta e io mi dimeno con più forza. Un dolore bruciante al braccio spezza ben presto i miei movimenti. È come se qualcuno ci avesse passato sopra una lama, incidendovi un taglio.

Una lama sporca, realizzo, colta da bruciori e capogiri sempre più violenti.

Prima di piombare nel buio faccio in tempo a udire la voce ovattata di Cathaoir pronunciare le seguenti parole.

"Jarn ok eldr... ora stattene calma."


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Ciao a tutti!

Dopo un mese e passa, finalmente riesco ad aggiornare, evvai! Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento ma che soprattutto vi abbia incuriositi. Nei prossimi capitoli ne vedrete delle belle!

A presto, e non dimenticate di farmi avere la vostra opinione! :)


Destino - Il volo del corvoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora