Il cavaliere incappucciato impedisce i miei movimenti, nonostante io cerchi di dimenarmi."Non agitarti" sussurra. "Non vorrei che tu cadessi da cavallo, ti faresti molto male".
A tratti lo sento borbottare tra sé e sé, o forse incita il cavallo perché vada più veloce. Non lo so, esattamente come non so chi lui sia o quali siano le sue intenzioni. Ho paura di lui, ma ho più paura degli uomini che hanno fatto irruzione in casa di Heyleen.
Heyleen.
Questo pensiero mi colpisce come una pugnalata tra le costole. Che ne sarà stato della mia amica? L'ho lasciata che combatteva sola contro due uomini grandi il doppio di lei. Non voglio sapere che fine ha fatto. Non voglio sapere come si è sacrificata per me. Non voglio saperlo per paura di sensi di colpa, perché sono una codarda e perché la violenza mi fa chiudere gli occhi.
Lotto per ricacciare indietro le lacrime e per respirare nonostante il groppo in gola.
E di Heryann? Che ne è stato di lui dopo la rissa? Mi ha abbandonata lì o è stato costretto a farlo? Io lo consideravo ormai un amico, ma a lui di me importava davvero?
Anche questo non lo so e non sono assolutamente sicura di volerlo sapere. Ho bisogno di certezze a cui aggrapparmi, ma ho soltanto il mantello dell'uomo a cui reggermi per non scivolare dalla groppa del cavallo che galoppa furiosamente. Ho paura perché non so che cosa mi accadrà domani, perché il mondo si è rivelato ancora più spietato di quello che pensavo. A volte penso che non sarei mai dovuta fuggire dall'orfanotrofio, mentre altre mi dico che ho fatto la scelta giusta, che così ho più probabilità di vivere una vita degna. Non conosco la risposta, ma dopotutto ho solo undici anni.
Il cavallo galoppa per tutta la notte su stretti sentieri che attraversano la pianura, e quando il sole sorge, le montagne del nord sono molto più vicine.
Poi l'uomo tira piano le redini e il cavallo si ferma nei pressi di una grande foresta. Mi fa cenno di smontare da cavallo, ma vista la mia esitazione scende lui per primo e poi mi aiuta. Non ero mai stata su un cavallo prima d'ora e non è che l'esperienza mi sia piaciuta molto. Mi fa male dappertutto e faccio fatica a camminare.
Sempre senza rivelare la sua identità, lo sconosciuto mi fa segno di stare zitta e di seguirlo lungo un sentiero che si inoltra tra la vegetazione. Il terreno è troppo accidentato e il passaggio troppo stretto per salire a cavallo, così l'uomo lo conduce per le briglie. Il bosco è silenzioso e la quiete è spezzata soltanto dal canto solitario di qualche uccello che viene però subito smorzato dal gelo e dalla nebbia. È ancora abbastanza buio.
Camminammo per non so quanto tempo e più volte penso di fuggire, ma l'uomo incappucciato è troppo vigile. Devo aspettare il momento buono, momento che peraltro non sembra giungere mai.
Dopo una marcia che mi pare infinita, finalmente ci fermiamo. L'uomo estrae da una bisaccia un pezzo di pane stantio e me lo lancia. Dopo un istante di esitazione mangio ciò che mi è stato offerto e il mio stomaco placa almeno un po' i suoi brontolii. Poi quello che devo ancora decidere se considerare rapitore o salvatore porta una mano alla bocca e modula un fischio particolare. Tende l'orecchio ma nessun suono giunge in risposta al suo richiamo. La cosa mi mette in allarme. Presto potrebbe non essere più solo e ciò renderebbe la mia eventuale fuga ancora più difficoltosa. Faccio per mettermi a correre, poi però mi rendo conto che tanto non saprei né dove andare, né come orientarmi. Forse l'uomo intuisce i miei pensieri, perché mi afferra saldamente per un braccio.
"Non provare nemmeno a scappare" sussurra. "Devi fidarti di me. Non opporti, non sai a cosa andresti incontro."
Io vorrei poterlo guardare negli occhi, ma sono nascosti dal cappuccio.
"E ora, avanti. Voglio arrivare a destinazione prima di sera. " Aggiunge.
Non provo nemmeno a chiedergli di che destinazione si tratta. Credo di sapere già quale sarebbe la risposta. Silenzio.
La camminata è ancora più faticosa del previsto, nonostante il terreno sia piuttosto pianeggiante. Più vado avanti, e più faccio fatica ad alzare i piedi dal terreno, inciampando spesso in qualche radice. La foresta ancora spoglia di fronde sembra estendersi all'infinito davanti a noi e ogni tanto mi viene da chiedermi se non stiamo camminando in cerchio attorno allo stesso punto. Non ho il minimo punto di riferimento, gli alberi i sembrano tutti uguali, grigi e scheletrici.
Uno dei racconti di Dyre parlava di una foresta simile, enorme e piena di misteri. Non ricordo molto bene la storia perché l'ho sentita solo una volta. E quell'unica volta non deve essere piaciuta alla padrona, dal momento che il giorno dopo Dyre camminava con più fatica e aveva una ferita sul viso.
Al tramonto siamo ancora in cammino, e l'uomo incappucciato sembra piuttosto irritato. Impreca tra i denti e borbotta quacosa che non capisco, prima di annunciarmi che faremo una pausa.
"Non staremo qui molto, quindi vedi di sfruttare il tempo per riposarti. Ripartiremo non appena sarà buio del tutto. Da qui in avanti è meglio essere cauti."
C'è un evidente traccia di esitazione nella sua voce, mischiata ad un po' di timore. Sa che dobbiamo fare in fretta e che per questo dobbiamo riprendere velocemente le forze. Decido di sfruttare la situazione a mio vantaggio, per questo rimango lì, in piedi.
"Cosa fai lì cosi? Stenditi un attimo, devi riposarti! Non recupererai mai le forze in questo modo!" Ringhia l'uomo, spazientito.
"Mi stenderò quando saprò chi sei e perché mi hai portata via dal villaggio. E anche dove stiamo andando."
"Ragazzina, non giocare con il fuoco e siediti , non voglio doverti costringere..."
Io però rimango immobile, guardandolo con aria di sfida. Ora che ho l'occasione di osservarlo meglio, riesco a intravedere, da sotto il cappuccio, una barba ispida e scura e parte di quella che sembrerebbe essere una cicatrice. Passa un bel po' di tempo prima che l'uomo parli di nuovo.
"Se ti rispondo mi obbedirai?"
Io annuisco.
"Testarda di una ragazzina..." sbuffa l'uomo. "Non posso pronunciare qui il mio nome, e anche tu devi stare attenta a pronunciare il tuo. Non posso nemmeno dirti dove andiamo, ma ti prometto che lo saprai presto. Ora è troppo pericoloso."
"Dimmi almeno come mai mi hai portata via, ti prego..."
Sono sempre più confusa e abbattuta, oltre che spaventata. Io ho bisogno di sapere.
L'uomo esita, ma poi pronuncia poche parole in grado di sconvolgermi.
"Ti ho portata via perché...perché conoscevo tua madre."
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
È troppo bello lasciarvi con un po' di interrogativi...divertente per me, ovvio. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbia stuzzicato la vostra curiosità.
Votate e commentate in tanti, mi raccomando!A presto!
P.S.: vi è piaciuto il disegno? In esclusiva per voi, ecco il volto dello sconosciuto. Alla povera Kyera toccherà aspettare...
STAI LEGGENDO
Destino - Il volo del corvo
FantasyCringe alert - questa storia è moooolto vecchia e ci sono passaggi un po' problematici, riferimenti a culture che sfiorano l'appropriazione, e tutta una serie di cose che ora mi fanno accapponare la pelle. Il lato positivo è che ora me ne rendo cont...