20.

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amelia's pov.

Madrid era caotica, letteralmente.
Non mi era mancato per niente questo posto e mi guardai attorno notando varie decorazioni di Natale in vista.
"Ma che cazzo addobbano quelli? Siamo a Novembre cristo." mormorai guidando e pure in radio stavano trasmettendo canzoni natalizie.
Era una grandissima presa per il culo la mia vita, letteralmente.
Cambiai subito canzone fermandomi davanti ad un semaforo rosso e alzai gli occhi al cielo, avevo un'incontro con Zulema tra un po' e la biondina mi aveva informata che erano assai affiatate.
Ero felice per lei, non sono una donna che si innamora così facilmente però dovevo ammettere che con Macarena mi ero divertita abbastanza da dimenticare tutta la merda che ho attorno.
Arriviamo ad un punto in cui tutto diventa troppo.
Quando siamo troppo stanchi per combattere e allora ci arrendiamo.
Ed è allora che inizia il vero lavoro.
Trovare la speranza quando sembra che non ce ne sia affatto.
Partii svoltando subito a destra e in lontananza vidi quel fatidico ospedale, ero sempre la benvenuta qui dentro e mi duole dirlo ma Boston non ha tutta la ricchezza che possiede l'araba qui dentro e mai l'avrà.
"Amelia, ciao!" esclamò Meredith raggiungendomi e avevo appena parcheggiato, a quanto pare qui le voci correvano davvero velocemente nonostante fossero passati anni.
Ero atterrata solamente ieri e tutti sapevano del mio ritorno.
"Ciao, sorella." dissi scendendo dall'auto e le regalai un sorriso smagliante, mi abbracciò forte e mi irrigidii come una statua, non ero abituata al troppo contatto fisico con le persone.
Ero davvero glaciale.
"Com'è andato il viaggio? Quando riparti? Beh aggiornami!" esclamò la donna al mio fianco e ci incamminammo dentro, già la testa mi scoppiava.
"Calmati, altrimenti prendo dei fili da sutura e ti tappo la bocca." dissi ironica e mi tolsi il capotto, dentro c'era veramente un caldo assurdo e volevo disperatamente qualcosa da bere.
"Okay, sei sempre la solita." disse Meredith alzando gli occhi al cielo e risi, dirigendomi nella sala privata dove solitamente entravano i chirurghi.
"Il viaggio è andato benissimo, a Boston tutto procede una meraviglia e la nostra terapia sperimentale funziona alla grande." dissi estasiata e mi versai del caffè caldo su una tazza a caso.
Macarena non c'era e non le avevo detto che sarei venuta qui un paio di giorni, volevo farle una sorpresa.
"Sono contenta, perché sei qui?" disse arrivando dritta al punto e serrai la mascella bevendo molto lentamente.
"Zulema, dobbiamo parlare." dissi sul vago e non volevo entrare nei dettagli altrimenti l'araba mi avrebbe uccisa.
Mi metteva paura un po'.
Aveva chiarito fin da subito che il nostro incontro doveva essere privato e non voleva che neanche la minima cosa saltasse fuori, era davvero riservata.
Teneva alla sua immagine, alla sua persona e ovviamente alla sua carriera da chirurgo perché era impeccabile.
Siamo tutti vulnerabili per il timore, l'ansia di non sapere ciò che accadrà, e alla fine è inutile, perché tutte le preoccupazioni e tutto il pianificare cose che potrebbero o non potrebbero accadere peggiorano solo la situazione.
Perché l'unica cura contro la paranoia è essere, qui, così come sei.
"Notizie cattive?" disse Meredith e feci spallucce, finendo di bere il caffè.
Mi morsicai il labbro e prima di venire tempestata di domande, decisi di porre fine a questo interrogatorio.
"Ci vediamo dopo, va bene?" dissi sorridendo alla mia amica che annuì, controllai l'orologio ed ero in perfetto orario per andare contro la mia morte.
Camminai dritta verso l'ascensore e non appena si aprì venni sommersa da una miriade di specializzandi, alcuni mi salutarono pendendo dalle mie labbra e cliccai il quarto piano in estasi.
Dopo vari minuti arrivai a destinazione e bussai su quella porta che conoscevo bene, io e Zulema in tutti questi anni ci siamo scontrate spesso perché entrambe abbiamo dei caratteri molto forti.
Non accettava il fatto che avessi preso il posto del marito qui dentro ma è stata lei stessa ad assumermi per la mia bravura.
"Avanti." sentii dire e senza esitare entrai, osservando l'araba in tutta la sua potenza e autorità.
Era seduta dietro la scrivania e indossava degli occhiali da vista che la rendevano ancora più sensuale, era il sogno di molti qui dentro e tutti volevano averla.
Come biasimarli.
"Oh, buongiorno Shepherd." disse alzando lo sguardo di poco dai suoi fogli e con tutta la sfrontatezza che possedevo le feci un semplice cenno, sedendomi davanti a lei incrociando le gambe.
Già aveva uno sguardo di fuoco.
"Eccomi qui, ti sono mancata?" dissi stuzzicandola e alzò gli occhi al cielo, era più forte di me fare così e volevo darle talmente fastidio fino a litigarci.
"Neanche un po'." disse togliendosi gli occhiali e si massaggiò le tempie molto piano, gemendo poi dal dolore.
Già la vedevo cambiata rispetto all'ultima volta e stava perdendo molto peso.
Benissimo.
Si stava lasciando andare parecchio.
"La bionda? Dov'è?" dissi un attimo dopo e i suoi occhi taglienti si posarono su di me, lacerandomi in due.
"È il suo giorno libero oggi." sbottò innervosendosi subito e soffocai una risatina, le dava tanto fastidio il fatto che me la fossi portata a letto più volte.
A dir la verità non sapevamo nemmeno noi perché lo facevamo, ma era la nostra terapia del dolore e andava bene così.
Senza avere problemi.
La bionda era rotta tanto quanto me e insieme riuscivamo a completarci un minimo senza attaccarci troppo però.
"Whoa, calma! Come vanno le cose?" dissi riferendomi a lei e la mora si appoggiò sulla sua poltrona impeccabile, addosso aveva una camicia a dir poco costosa e si tolse il camice posizionandolo alle sue spalle, severa.
"Bene, ora lei appartiene a me." disse incrociando le gambe e giocherellò con la collana che aveva sul collo.
Arrivava dritta al punto come sempre e il tono con cui l'aveva detto era sublime.
"Non pensavo che la bionda fosse un giocattolo ma va bene così, auguri." dissi facendo spallucce e non si mosse di un millimetro guardandomi con i suoi occhi neri, potentissimi.
E poi sorrise in un modo talmente psicopatico che mi vennero i brividi, era incredibile la sua potenza.
"Giocattolo? Peccato che lei stessa vuole andare nel mio cazzo di letto, quindi non direi proprio." disse ridendo appena e alzai gli occhi al cielo, sapevo che Macarena la voleva terribilmente tanto, ogni qualvolta che eravamo insieme il suo sguardo era perso nel vuoto e le veniva da piangere ogni volta.
Zulema l'aveva distrutta, tantissimo.
"Non mi interessa, voglio solo che lei sia felice Zulema perché se lo merita. Non hai idea di quanto abbia sofferto, se non ci fossi stata io probabilmente non si sarebbe mai risollevata." dissi sincera e volevo dirglielo da tanto, non mi interessava se si arrabbiava.
Meritava di sapere quanto male aveva fatto a quella povera ragazza, persa di lei.
"Lo so Amelia, lo so bene ma sai che non sono una persona tanto stabile." disse ridendo appena e si toccò i suoi lunghi capelli neri, il suo sguardo era maledettamente spento e nonostante tutto riusciva a mantenere il suo orgoglio.
Era una donna fortissima.
Ma arriviamo dritti al punto, avevo ricevuto una sua chiamata un paio di giorni fa e lei stessa aveva prenotato un volo sul suo jet privato, solo per me.
Non voleva che perdessi tempo a cercare voli: si era occupata di tutto, per davvero.
Era davvero ricca, da far schifo.
"Perché sono qui?" dissi porgendomi verso la sua parte e le afferrai la mano, accarezzando piano le sue nocche.
Ricambiò la stretta titubante e sospirò, appoggiò il gomito nel tavolo per tenersi il viso e chiuse gli occhi con forza.
"Perché voglio parlare con una persona che è rotta come me, che sa cosa significa raggiungere il fondo. Sei mai riuscita a risalire subito?" mi domandò curiosa e i suoi occhi neri erano tantissimo curiosi.
Questa donna era meravigliosa.
E noi due avevamo davvero litigato troppo nell'arco della nostra vita, anche in quest'ultimo periodo.
Ero furiosa nei suoi confronti e stavamo appoggiando l'ascia di guerra.
"No, sono ricaduta un'infinità di volte e mi sono buttata sulla droga, uscivo nei locali e mi ubriacavo fino a non capire più nulla. Sono andata in comunità per risolvere questa situazione disastrosa e tutt'ora quando sto male ho voglia di farmi. Fino a non sentire più nulla." dissi sospirando e prese ad accarezzarmi le nocche molto piano, come per farmi capire che lei sapeva a cosa mi stessi riferendo perché eravamo tanto simili.
"Io credo che lo sto raggiungendo molto piano il fondo, e quando lo raggiungerò chi mi salverà davvero?" mi domandò con voce flebile e afferrai anche l'altra sua mano, gliele accarezzai e mi vennero le lacrime agli occhi.
Zulema si porse e accarezzò piano le mie guance mentre mi guardava distrutta, cercando di tranquillizzarmi un minimo.
Se non mi avesse voluta, non mi avrebbe mai assunta al 100% qui, anche se mi aveva licenziato per la mia sfrontatezza.
"Chi ti ama davvero, sappiamo chi." dissi guardandola dritta negli occhi e il mio azzurro si confondeva con il suo nero, insieme erano colori potenti.
"Macarena non mi ama." disse a bassa voce e risi perché era così ingenua, non capiva che la bionda stravedeva per lei.
Macarena era cotta e ogni qualvolta che la vedeva i suoi occhi verdi si risaltavano ancora di più, ma non era più una bambina e sapeva mascherare le sue emozioni veramente tanto.
Era brillante come donna.
Come chirurgo, l'avevo preparata da dio e aveva pianto talmente tanto che ora sapeva operare tutto in modo brillante.
Il suo tasso di mortalità era quasi più basso del mio, a Boston passavamo ore in sala e in laboratorio ad esercitarci.
Su tutto quanto, il suo tocco era raro.
"La prima volta che siamo finite a letto insieme ha pianto talmente tanto che si è addormentata tra le mie braccia esausta, diceva che le mancavi." le spiegai dolcemente e sussultò sul posto, lasciò la presa dalle mie mani infastidita e si alzò con la mascella contratta.
Beccata in pieno, era gelosissima.
"Non mi interessano i dettagli delle vostre incredibili scopate, Shepherd." disse con un tono di voce geloso e risi, non l'avrebbe mai ammesso ma era così evidente il fatto che le desse fastidio.
"Rilassati, ogni volta che la guardavo negli occhi mi confessava che vedeva te quindi, non sono state incredibili però tanto piacevoli sì." dissi facendo spallucce e mi toccai i capelli piano ricordando di quanto ci eravamo divertite.
Zulema afferrò alcuni fogli e me li porse, non disse una parola e li osservai sgranando gli occhi incredula.
"La situazione sta peggiorando, che cazzo vuoi fare? Dimmi Zulema." sbottai sfogliando le analisi e si afferrò la testa tra le mani, stringendo i capelli.
"Non lo so, io.." disse seria e chiusi la cartella clinica, avevo osservato le tac e onestamente mi bastavano quelle.
Stava davvero male, infatti rimasi sorpresa per come riusciva a stare in piedi nonostante tutto.
"Lei lo sa?" dissi serrando la mascella e l'araba scosse la testa veloce, aprì il suo cassetto e prese del tabacco.
Il mio pensiero ricadeva sempre su Macarena che se avesse scoperto una cosa del genere sarebbe impazzita.
Sul serio.
Già la vedevo uscire fuori di testa.
"Non deve sapere nulla, ha già sofferto abbastanza a causa mia." sussurrò girandosi una sigaretta e le sue mani tremavano appena per tutta l'ansia.
"No Zulema, non funziona così quando c'è di mezzo una cosa così importante. Devi dirle la verità ed io non ho la forza mentale di accoglierla nuovamente tra le mie braccia, pensa a lei cazzo." dissi furiosa e non poteva essere così egoista, non poteva permetterselo.
"Devo pensarci Amelia, okay? Piuttosto dimmi come sono quelle tac e le ultime analisi che ho fatto." disse nervosa e aprì la finestra incominciando a fumare, scrutandomi tesa.
"La situazione è ancora gestibile ma più aspetti, più la cosa sarà evidente. Non posso rimanere qui e occuparmene quindi devi dirlo alla bionda perché l'ho preparata da Dio. Devi fidarti di lei e sa dividere il lavoro dai sentimenti in questi casi." le spiegai guardandola dritta negli occhi e Zulema non rispose, ricambiando lo sguardo glaciale che le stavo offrendo.
"Devo pensare bene, non è facile." sussurrò facendo uscire il fumo dalle sue labbra e questa donna era bellissima anche quando fumava.
"Lo so bene, ma pensa se lei dovesse scoprirlo così a caso come reagirebbe. Sono venuta qui per aiutarti e ti dico già che non sarà una cosa semplice." dissi senza peli sulla lingua e l'araba si sedette nuovamente sulla sua poltrona.
"Nella mia vita, niente é stato semplice lo sai vero? La ragazzina non deve soffrire a causa del mio orgoglio." sussurrò guardando alcune email e la guardai basita non capendo il suo ragionamento, era veramente assurda.
"Quindi, vuoi lasciarla e scomparire come se niente fosse? Tu sei pazza e te l'ho già detto in passato che non puoi scopartela quando vuoi tu. Le dici due parole e lei cede? Non è più come prima, se fai ancora così la perderai davvero." dissi agitandomi e la mora inarcò un sopracciglio, arrabbiata.
"Ci sono altri chirurghi." disse sul vago e onestamente mi diede fastidio, era davvero una persona orgogliosa.
"Vero, ma tu hai bisogno di un neurochirurgo con i controcazzi tanto quanto me e non hai ancora visto la bionda in azione per davvero. Zulema, ti disintegra letteralmente." dissi seria e la stavo mettendo in guardia, Macarena era caduta veramente tanto durante tutto il suo percorso ma il modo in cui si rialzava e affrontava le situazioni era veramente sublime e unica.
Aveva delle palle assurde la bionda.
"Fanculo a te, Shepherd." disse Zulema e scoppiai a ridere incredula, ma la mia risata era assai nervosa perché Zulema Zahir era una dea della chirurgia.
Non poteva ridursi così.
"Ogni volta che io e te ci vedremo sappi che non mi farò nessuno scrupolo a dirti la verità in faccia perché tutti hanno paura di farlo." dissi sorridendo e la mia fossetta destra si notò facendola sorridere lievemente.
"Devi essere terrorizzata da me." mormorò con la mascella contratta e sussultai un pochino sul posto.
"Lo sono Zulema, ma qui stiamo parlando di te e devi fare ancora tante cose in questo mondo, sopratutto nel campo medico d'accordo?" dissi alzandomi e lei si alzò a sua volta, ci guardammo dritte negli occhi e feci una fatica enorme a sostenere il suo sguardo.
"Non sto per morire." disse scoppiando a ridere ma io rimasi maledettamente seria, fino a quando non parlò di nuovo.

"Per il momento."

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