Nel 1888 ci fu il primo intervento al cervello che andò a buon fine, senza provocare neanche il minimo danno cerebrale.
Una grande vittoria, quindi.
Quello che è ardo trovare però sono le volte in cui noi neurochirurghi operiamo e perdiamo, perché le sconfitte ci sono.
Un chirurgo deve essere sempre pronto a perdere, e in neurochirurgia con i grandi tumori perdiamo tanto quanto vinciamo.
La chiave però, vittoria o sconfitta é non fallire e l'unico modo per non fallire è non combattere perciò combatti finché non puoi combattere più.
Uno studio scientifico dimostra che se stai per alcuni minuti con la posa da supereroe prima di un colloquio o una prestazione importante non solo ti sentirai più sicuro ma la tua prestazione sarà migliore.
Testa alta.
Entra nell'arena.
E affronta il nemico.
Combatti finché non puoi combattere più.
Mai mollare.
Mai rinunciare.
Mai fuggire.
Mai arrendersi.I miei occhi erano incollati sulla figura di Zulema letteralmente anestetizzata e ingoiai il grosso groppo che avevo in gola, alzai di poco lo sguardo e Alicia mi fece un piccolo sorriso.
Mimandomi con le labbra che potevo farcela, ero pronta per questo.
"Ethan." mormorai mettendomi in posizione e il ragazzo mi affiancò, e bastò solamente il mio sguardo per tranquillizzarlo.
C'era un silenzio assordante e avevo la concentrazione alle stelle, non era il momento di pensare ad altro ma a come mi ero preparata giorno e notte per questo intervento, miracoloso.
Combatti la battaglia giusta.
Anche quando sembra inevitabile.
E cadrai in battaglia.
"Attiviamo l'orologio per favore." dissi guardando il timer in alto e le 18 ore scattarono dopo mezzo secondo, chiusi gli occhi respirando e notai che il mio specializzando stava tratteggiando con il pennarello il punto dove dovevo incidere.
La pelle liscia del cranio era tanto delicata e stavo per vomitare tutto quanto dato che dovevo affondare quella lama fredda.
Ma ormai, non potevo tirarmi indietro.
"Bisturi 10." dissi con un tono di voce fermo e tesi la mano, l'infermiera me lo passò decisa e incisi subito con una precisione mai vista prima d'ora.
Sul tavolo operatorio non dovevo pensare che c'era la donna che amavo ma una paziente che aveva un alien enorme sul cervello da strappare via subito.
"Siccome questo è un'intervento mai visto prima, che ne dici se spieghi la nostra procedura passo per passo? Così, gli altri in galleria possono ascoltare e vedere." dissi effettuando la craniotomia ed Ethan annuì dato che mi rivolsi a lui, senza guardarlo nemmeno.
La mia autorità stava spaventando chiunque qui dentro ma non mi interessava minimamente, non dovevo sbagliare neanche di una virgola altrimenti Zulema sarebbe morta.
Quindi, iniziamo questa battaglia.
"Incominciamo a iniettare il contrasto, luci prego." ordinai iniettandolo sul cervello e le luci si spensero mentre aspettavo di vedere finalmente il grandissimo figlio di puttana che per anni si stava nutrendo di Zulema.
"Il contrasto, rende fluorescente il tumore così si vede da dove finisce e da dove incomincia. Questo agente chimico non tossico è chiamato 'sonosensibilizzante' e si accumula selettivamente all'interno del tumore. Anche se il meccanismo esatto è ancora in fase di studio, quando gli ultrasuoni attivano l'agente sensibilizzante, la reazione biologica risultante crea un ambiente che ha un impatto negativo sulle cellule tumorali inducendo la morte cellulare." spiegò Ethan mentre ero immobile come una statua e la sala era illuminata da quella sostanza verde fluo che presto si accese.
"La fluorosceina è un colorante xantenico fluorescente sicuro, che viene utilizzato per evidenziare il tessuto tumorale, in quanto si accumula specificamente all'interno dell'ambiente tumorale e si lava via dai tessuti sani." aggiunsi io concludendo la spiegazione ma nessuno non osò fare domande, lasciandomi parlare.
Questo tumore era enorme e finalmente lo vidi con i miei occhi, era davvero esteso e non vedevo l'ora di toglierlo.
Sentii dalla galleria tante esclamazioni sorprese nel vederlo e sorrisi, ero a dir poco estasiata in questo momento.
"Piacere di conoscerti alien, ora ti devi levare dal cazzo." sussurrai con la mascella contratta e le poche persone presenti in sala si porsero per vedere anche loro, tutto questo capolavoro.
"Bipolare prego." dissi pronta a sezionarlo molto lentamente e dovevo essere il più delicata possibile.
In sala si sentiva solo il rumore dei miei strumenti e persi la cognizione del tempo, avevo tutto il tempo necessario.
"Invade quasi tutto il cervello." disse Ethan estasiato come me e con molta cautela mi avvicinai piano, posizionandomi poi nel microscopio.
"Vedi? Ha invaso la cisterna chiasmatica ecco perché non vede. Credevo che ci avrebbe messo un'altro mese ma invece è stato più veloce di me il bastardo." dissi furiosa e ispezionai prima la zona per poi, incominciare a toglierlo per intero.
"Stiamo esaminando i margini del
tumore." disse Ethan alzando lo sguardo per un'attimo sul timer e lo seguii notando che erano passate già due ore.
Ero talmente concentrata che nemmeno mi accorsi che era già passato tutto questo tempo, e avevo appena iniziato.
La strada era ancora lunga e non dovevo perdere la concentrazione neanche per mezzo secondo.
"Chi ti sostituisce? Saremo qui per altre 14 ore o forse di più, conosci il protocollo e se si superano le 12 ore devi essere per forza sostituito in modo tale che tu possa riposarti." gli domandai riprendendo a fare il mio lavoro sempre con una precisione impeccabile e il ragazzo, si mise meglio al mio fianco.
"E a lei? Non la sostituisce nessuno quindi resto al suo fianco, ha studiato questo intervento per mesi quindi nessuno sostituirà me." disse deciso e lo guardai con la coda dell'occhio, rilassandomi un pochino e constatando che questo specializzando mi ricordava terribilmente me anni fa.
"E poi voglio fare il supereroe con lei, e offrirle quel drink da Joe." aggiunse guardando anche lui al microscopio e scossi la testa mentre guardavo la donna della mia vita, lottare contro se stessa.
"Divarica qui, novellino." dissi facendogli un cenno e subito si mise all'opera con me affiancandomi e afferrando dalla mia mano sinistra, lo strumento che avevo impugnato.
"Piano, così, bravissimo." sussurrai lasciandogli un po' di spazio e la sua mano tremava appena ma andava bene così perché anche a Boston l'avevo aiutato tantissime volte.
Il tempo è come un fiocco di neve, scompare mentre cerchiamo di decidere che cosa farne.
Il tempo è ciò che più desideriamo, ma che, ahimè, peggio usiamo.
Il tempo è spesso puntuale nel farci capire molte cose in ritardo.
Che sia il migliore o il peggiore dei tempi, è il solo tempo che abbiamo.
"Non guardare la galleria, non l'ho mai vista così piena ma ricordati che per afferrare il successo la tua concentrazione deve essere qui." dissi dopo vari minuti e il ragazzo al mio fianco annuì, restando immobile come una statua con lo sguardo fisso sull'intervento.
E continuammo così per varie ore mentre recidevo tutto quel male che stava uccidendo la donna di cui ero innamorata.
Non sapevo nemmeno io con quale coraggio stavo facendo una cosa del genere ma poco importava, credevo nelle mie capacità più di ogni altra cosa al mondo e sapevo al 100% che potevo farcela nonostante tutto il passato.
"La dottoressa Ferreiro ora sta recidendo il tumore dal giro retto, l'area responsabile dell'olfatto." disse ad un certo punto Ethan e menomale che ero abituata a questo genere di interventi che duravano ore.
Le braccia non mi stavano facendo male ed era sublime vedere con i miei stessi occhi come il cervello di Zulema fosse danneggiato a dismisura.
Tutte le sue aree erano compromesse e dovevo liberarla, senza lasciare neanche il minimo residuo.
"Ora rimuoviamo il tumore dalle strutture mediane, il formice, il talamo." spiegai guardando il timer e i muscoli del mio collo mi facevano male talmente avevo la testa dritta.
"Il talamo è una struttura pari del diencefalo, implicata nell'inoltro di segnali nervosi alla corteccia cerebrale e nella regolazione di funzioni come il ciclo sonno-veglia e lo stato di coscienza." spiegai serrando piano la mascella e gli specializzandi del primo anno presero appunti.
"Il formice?" domandai senza distogliere lo sguardo e sapevo che per loro questa era una possibilità grandiosa di imparare.
"Il fornice è una delle formazioni commissurali interemisferiche del telencefalo, si tratta propriamente di un fascio di fibre nervose a forma di "C" che mette in comunione l'ippocampo con i nuclei mammillari." mi rispose una ragazza con la voce colma di emozione e annuii, liberando tutte queste zone senza danneggiare nulla, non avevo mai visto tutto questo.
Volevo vomitare da morire.
"Capo, mancano 6 ore." disse Ethan avvisandomi del tempo e notai la galleria riempirsi ancora di più mentre avevo rimosso il tumore sezione per sezione.
Le voci sicuramente si erano sparse e non osavo immaginare la quantità di articoli che erano usciti per questo caso.
"Con estrema cautela per non violare la commisura anteriore ecco a voi la famosa scatola dei sogni. Dove creiamo i nostri sogni, ricordi e si traducono in forme e colori." spiegò poi Ethan osservandolo con cautela e sgranai gli occhi accorgendomi di una cosa, che non avevo previsto.
Il mondo improvvisamente mi crollò addosso ed eravamo più indietro del previsto, non dovevo essere così lenta.
Incominciai a sudare freddo e notai tutti i miei muscoli tesi, mossi la testa percependo le mie ossa schioccare e la mia nausea aumentò a dismisura sostituendosi con la pura adrenalina.
Sentivo le voci dei miei colleghi in lontananza ed era come se mi fossi catapultata in un altro mondo.
Nel sottosopra.
E in una situazione del genere non dovevo farlo perché non dovevo disconnettere dalla realtà, lasciando al puro terrore di soffocarmi.
Vidi me, giovane, che mettevo piede in questo ospedale e mi scontravo con Zulema nel corridoio.
Il mio colloquio era stato un disastro ma sapevo dal profondo che l'avevo colpita con tutta me stessa, i suoi occhi scuri mi avevano fissata con un'intensità da farmi venire i brividi e il modo in cui mi aveva sempre guardata era unico.
4 anni senza di lei.
Anni in cui anche la minima cosa mi riportava a tutti i nostri momenti felici dove l'avevo desiderata più di ogni altra cosa al mondo e mi ero dannata.
Mi ero dannata per una donna che incoscientemente mi aveva dato tutto quello di cui avevo bisogno.
Il suo modo di insegnarmi i punti da sutura, le sue mani che avevano sempre accompagnato le mie sussurrandomi all'orecchio anche la cosa più banale.
Non mi scorderò mai tutte le sue lezioni in laboratorio ed io, la fissavo colma di ammirazione perché per me era Dio.
Zulema Zahir era sempre stata il sogno di tutti e la sua fama, in un certo senso mi aveva spaventata insieme alla sua reputazione impeccabile da chirurgo.
E poi? Quando ero ritornata qui non ci aveva pensato due volte ad attirarmi al suo corpo, dandomi il suo solito nomignolo che amavo tantissimo.
Pensai a quando l'avevo baciata per la prima volta, e lei mi aveva allontanata ma io non mi ero arresa.
I suoi baci erano la cosa più giusta del mondo per me, anche se mi aveva baciata in uno stupido sgabuzzino del bar ma mi aveva baciata da morire.
*
"Devo dire che come prima impressione sei sulla cattiva strada con me, come sospettavo."
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resilient
Fanfiction➵ ZURENA. (gxg) • SEQUEL, ANATOMY. In psicologia la resilienza indica la capacità di affrontare in maniera positiva eventi traumatici. La capacità di riorganizzare positivamente la propria vita. Ricostruire se stessi restando sensibili. Le pers...