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Il pronto soccorso era un caos totale e mi tolsi la cuffia dopo aver fatto una craniotomia abbastanza importante.
"Caffè?" disse Amelia raggiungendomi e la ringraziai, sedendomi in una sedia.
"Ne avevo bisogno, grazie." la ringraziai bevendone un sorso e afferrai il suo camice attirandola a me per lasciarle un lungo bacio sulle labbra che venne ricambiato.
"Hai operato due gliomi poco fa, sono andati bene?" sussurrò dolcemente e annuii sorridendo perché sicuramente mi aveva vista dalla galleria.
Boston era pieno zeppo di ospedali ma il nostro era veramente enorme, un piano era dedicato solo ed esclusivamente alla ricerca e stava procedendo tutto alla grande come al solito.
Qui era pieno di medici brillanti che ogni secondo della loro vita ti insegnavano qualsiasi cosa, anche la più banale.
Qui era il paradiso puro.
"I pazienti stanno bene?" disse porgendomi la mano e l'afferrai al volo dato che si era alzata.
", va tutto bene e sono sotto osservazione fino al loro risveglio." dissi seguendo la mora che annuì in tutto il suo splendore, mi trascinò in una stanza del medico di guardia e sbuffai divertita dalla situazione.
"Dobbiamo festeggiare, no?" disse entrando dentro e mi spinse contro la porta, mordendomi il labbro inferiore.
Chiusi gli occhi ansimando di poco e l'afferrai per la vita trascinandola in un letto a caso facendola distendere.
Mi lasciava tanto controllo e questa cosa dovevo ancora capire se mi piaceva.
"Festeggiamo allora." dissi togliendomi il camice e lo lanciai a terra incollandomi alle sue labbra che, amavo tanto.
Ci baciammo lentamente e mi infilai tra le sue gambe toccando ogni centimetro del suo corpo esile, non volevo farle male.
Mi piaceva andare a letto con lei e la cosa era maledettamente reciproca, i nostri problemi erano tanti e a maggior ragione Amelia non doveva pensare troppo ed io ero la sua distrazione.
Siamo da sempre una bella coppia devo ammetterlo ma più cercavo di autoconvincermi di ciò, più credevo che stavo sbagliando tutto quanto.
Ma questo lo sapevamo entrambe.
"Cosa vuoi? Dimmi." mormorai mordendole piano la mascella e i miei occhi verdi si scontrarono con i suoi.
"Te." mormorò affondando le unghie sulla mia schiena e l'accontentai, perché si vedeva che non stava bene al 100%.
E nemmeno io a dir la verità.
"Sai che c'è una cosa chiamata omeostasi predittiva? È quando il nostro corpo prevede le reazioni alle sfide future, capisce che il cambiamento è inevitabile ma non per forza catastrofico." sussurrò la mora sotto di me e inarcai un sopracciglio confusa non capendo dove volesse arrivare con questa affermazione.
"Cosa stai cercando di dirmi?" mormorai alzando la testa per guardarla meglio negli occhi e cercai di capire tutta quella distesa di oceano che avevo davanti, incredibilmente incasinata.
"Qualunque cosa succeda mi prometti che manterrai la calma?" disse Amelia accarezzandomi il viso ed era una cosa che mi ripeteva spesso.
Annuii accennandole un piccolo sorriso e mi affrettai a togliere la sua maglia, per dedicarmi al suo seno che mordicchiai facendole rilasciare dei gemiti strozzati.
Ma non uscivo fuori di testa.
Volevo che stesse bene.
Tentavo una miriade di volte di non pensare all'araba ma era più forte di me perché aveva lasciato il suo marchio.
Dritto al mio cuore.
"Lo so che pensi a lei, la stai pensando anche in questo momento e vorrei che non lo facessi. Hai fatto tantissima strada per rimettere insieme i pezzi e non devi crollare proprio ora, che hai un minimo di controllo sulla tua vita okay?" disse Amelia capendomi al volo e sospirai.
Tracciai le sue labbra con il pollice possessivamente e mi inchinai lasciandole un piccolo bacio sulla spalla perché nonostante tutto, il mio neurochirurgo meritava tanto amore.
Ma non ero la persona adatta a lei.
Amare per me era diventato un problema a dir poco enorme perché non mi sentivo all'altezza nemmeno di me stessa.
"Vorrei che tu fossi mia." sussurrò ad un certo punto la mora cercando la mia mano e la strinse saldamente.
Alzai lo sguardo su di lei e mi regalò un sorriso sconfitto, lo faceva sempre prima di unire i nostri corpi e in un certo senso questa cosa mi faceva stare male.
Perché si impegnava nei miei confronti, non voleva che cadessi nel buio totale.
"Ma non ti sento mia e penso che la cosa sia reciproca, biondina." disse togliendo la mia di maglia e odiavo discutere con lei perché era una delle persone più importanti della mia vita.
Al 1000%.
"Lei non è qui, e tu per me sei importante hai capito? Anche se il mondo dovesse finire non avrei mai il coraggio di lasciarti andare via. Tu non l'hai fatto con me, mi tieni stretta nonostante tutto quello che è successo quindi, non pensarci." dissi contro le sue labbra e non le diedi neanche il tempo di rispondermi che già avevo infilato la lingua dentro alla sua bocca per cercare la sua.
Ci baciammo con passione e con un colpo secco la feci voltare di spalle afferrandole saldamente i capelli.
Ansimò ad alta voce estasiata per la mia forza e circondai la sua vita esile con un braccio, baciandole dolcemente il collo.
"Siamo distrutte Amelia, ma non nego il fatto che sei il mio anestetizzante preferito in assoluto." sussurrai abbassando la spallina del suo reggiseno e incominciai a lasciarle una scia di baci.
"Non sono lei." sussurrò eccitata e strinsi il suo seno da dietro, facendole portare la testa all'indietro.
"Siete due cose diverse, ma lei è più dannata di te e la odio da morire." mormorai arrabbiandomi ed era incredibile come il mio corpo rabbrividiva al solo pensiero di ciò che aveva fatto con me quella lurida figlia di puttana.
Mi aveva lasciata andare via senza lottare minimamente per me, mentre io avevo sputato sangue ogni secondo.
Lacerandomi il cervello senza smettere di pensare a quanto desiderassi quella donna con tutta me stessa.
Ma aveva messo se stessa al primo posto quando io dal momento in cui l'avevo vista, mi ero messa al secondo piano e questa cosa non ero riuscita a perdonarmela.
"Fai piano." sussurrò Amelia soffocando un gemito e la mia mano era già in mezzo alle sue gambe, stuzzicando il suo centro molto lentamente.
Zulema mi aveva insegnato bene ma non nego il fatto che durante questi anni mi ero divertita assai, cercando di sostituirla con scarsi risultati ovviamente.
Nessuna aveva il suo tocco, cercavo quella potenza nell'aria ma tutto attorno a me era vuoto, privo di vita.
Privo di lei, di potenza.
Strinsi più saldamente la mora tra le mia braccia e mi regalò dei gemiti a dir poco estasiati facendomi sorridere.
Amelia era così bella, un fiore raro che appena raccoglievi da terra ti si scottavano le mani ma nonostante tutto volevi coglierlo e custodirlo.
"Cazzo." sussurrò mordendosi il labbro e la tenni stretta non smettendo per un'attimo di muovermi dentro di lei con forza e precisione come desiderava.
Fece per urlare ma tappai la sua bocca facendola inchinare lievemente per poter scivolare meglio dentro di lei.
Il mio sguardo era perso nel vuoto, cercavo di capire se tutto attorno a me fosse un'illusione ma era la verità più crudele che potessi vivermi.
Dentro di me percepivo dei conti in sospeso a dir poco enormi e non capivo se dovevo vedermela con me stessa prima o andare dritta al punto, cercando risposte insensate che mi permettessero di andare avanti senza alcuna ragione.
Che vita strana la mia.
Amelia affondò le unghie sul mio braccio ma non le avevo mai permesso di marchiarmi per davvero perché non mi sentivo di appartenerle.
La nostra era una distrazione, c'era attrazione fisica e il mio istinto di protezione nei suoi confronti era alle stelle perché tenevo troppo a lei.
Non esisteva nessuna linea, capivamo noi stesse quando evitare di esagerare.
"Se ci vedesse Richard penso che sverrebbe sul posto, non credi?" sussurrò mettendo la testa di lato e le rubai un bacio scoppiando a ridere.
Amavo la sua ironia.
"Richard non c'è, tesoro." sussurrai mordendole di poco l'orecchio e mugugnò chiudendo gli occhi, gemendo sottovoce.
Ogni scusa era buona per ricordare le persone del nostro passato e non avevo la più pallida idea di che fine avessero fatto perché era come se tutti avessimo l'esigenza di ricominciare da zero.
Assurdo.
il problema dell'umanità è sempre stato solo ed esclusivamente uno: gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.
A volte non è meglio non capire?
Tutto sarebbe più semplice, ma invece avevo sempre questa capacità di essere oltre agli altri e di aspettarmi tutt'altro.
A volte non esistono momenti, attimi giusti o giornate normali.
Ciò che esiste davvero é il caos, perché é quando non sappiamo più dove andare che andiamo verso ciò che ci indica il cuore.
Perché nulla è scontato e quando realmente lo pensiamo ci accorgiamo di aver perso, una parte importante.
Ed io avevo perso Zulema.
Amelia crollò tra le mie braccia raggiungendo l'apice e la tenni stretta contro al mio petto lasciandole un lungo bacio tra i suoi capelli castani.
"Stai bene?" sussurrai dolcemente e annuì rilassandosi, si distese nuovamente lungo il letto e mi inchinai lasciandole un lungo bacio sulle labbra.
Mi accarezzò il viso nel mentre che cercavo di distrarmi dal mio stesso caos e lei capí, sospirando pesantemente.
Amelia capiva tutto purtroppo ed era consapevole del fatto che la mia vita era un loop continuo perché ciò che avrebbe fatto la differenza si trovava dall'altra parte del mondo.
Ma quella persona non mi pensava, aveva deciso di lasciarmi volare via ma non si era nemmeno resa conto che lei stessa mi aveva costruito le ali.
"Guardami." sussurrò la mora afferrandomi il viso e i miei occhi verdi si scontrarono con i suoi azzurri.
"Ti sto guardando." sussurrai mordendomi il labbro ma Amelia scosse la testa togliendomi un ciocca dal viso.
"Guardami." disse di nuovo con un tono di voce più severo e serrai la mascella mantenendo un contatto visivo assurdo.
"Il soffrire passa, l'aver sofferto non passa mai e tu sai cosa vuol dire. Ci sarà sempre qualcuno che nonostante tutto sarà la tua debolezza e sorriderai se ti parla, se ha bisogno di te continuerai ad esserci. Ma sei forte, guarda come sei diventata e non devi più sbandierare ai quattro venti tutta la tua audacia e potenza." disse guardandomi intensamente e annuii appoggiando le labbra sulle sue, baciandola ancora.
E ancora.
Nel mentre che altre lacrime salate innondavano il mio viso un'altra volta.
L'aver sofferto non passa mai.
E Zulema era la sofferenza che avevo sentito scavarmi le ossa e uccidermi.

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