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In tutto questo ciò che fa più male è la consapevolezza

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In tutto questo ciò che fa più male è la consapevolezza. Ho capito troppo tardi che mio padre sia morto davvero e, non tornerà da me. Mi sono voluta aggrappare a questa convinzione, con tutte le forze, pur sapendo che fosse sbagliata.

Ora sono senza di lui, in una vita che non ho deciso.

«Le spiego la struttura della reggia, signorina e presti molta attenzione.» La voce di Viviana arriva alle mio orecchie ed alzo gli occhi alzo cielo scocciata, per la lezione su questo regno che ne seguirà a breve. «La reggia è suddivisa in ale. Ma non hanno nomi comuni, come: nord, sud, ovest, est. Per farle capire, i signori Morrison hanno discendenze italiane, quindi ogni parte, ha il nome di un architetto, pittore, scultore, poeta o musicista italiano.» Resto a bocca aperta, davanti a tutta questa bellezza.

«Perché? Oltre alla discendenza italiana?»

«I signori sono molto legati all'Italia, passano nel Bel Paese la maggior parte delle vacanze, che si concedono. Non solo hanno un legame familiare ma, anche affettivo. Quando il padre dei ragazzi fu cacciato, dalla loro azienda di famiglia, trovarono rifugio in Italia. I ragazzi sono cresciuti lì fino alla maggiore età.» La moderazione mi dice di starmi zitta e, farmi gli affari miei ma, la curiosità s'impossessa di me e, inizio a fare domane ascoltando ogni singola parola, senza emettere un solo fiato.

«Dopo aver compiuto diciotto anni sono ritornati?» Lei scuote la testa e prosegue con una nota malinconica nella voce.

«Solo l'uomo che ha conosciuto in quell'ufficio. E' il maggiore dei sette. Alexander, ha preso le redini della sua famiglia ad un'età, in cui gli adolescenti vogliono godersi la vita. Lui è stato catapultato qui a Miami, per sistemare gli affari del padre e gestire un'impresa che grazie a lui, è diventata una delle più importanti.»

Alexander.

E' cosi che si chiama, allora.

«Gli altri fratelli?»

«Gli altri si sono aggiunti dopo, tra di loro si portano alcuni anni di differenza. Non tutti hanno seguito le sue orme. Molti di loro hanno preferito abbandonare la nave.» Vorrei continuare a fare domande ma, la scalinata che ci porta in un'altra ala mi toglie il fiato.

Ma quante scale ci sono?

«Questa è la sua ala signorina.» Mi guardo attorno e sono confusa. Le pareti sono tutte dorate mentre percorriamo il tappeto rosso del lungo corridoio. Non ci sono stanze, in quest'ala. «Per ordini del singor Morrison, lei starà qui, fino al matrimonio. Non ci sono stanze, starà da sola e avrà tutto il tempo per abituarsi a questa nuova realtà. »

Sono furiosa, arrabbiata con me stessa e con lui. Prendo un respiro profondo e apro la porta di mogano. La stanza è incantevole. Al centro c'è un letto matrimoniale a baldacchino, adornato da coperte cipria. Le pareti anch'esse sono elaborate dal colore oro. Sento l'odore di pulito che aleggia nell'aria ma, anche quello di legna che brucia. Mi guardo attorno e alla mia sinistra c'è un camino che, riscalda l'ambiente con accanto una cassa.

Presumo ci sia della legna lì dentro.

Cammino, attenta a non sporcare il pavimento lucente, con le mie scarpe da ginnastica. Mi avvicino alla grande finestra che ho davanti e, posso scorgere una grande vastità di verde. Guardo Viviana ancora alle mie spalle. «Questo per me è troppo. Preferisco un appartamento, andrà bene anche una mansarda.» Lei sorride beffarda ma scuote la testa.

«Signorina non è possibile. Ora si riposi la giornata è ancora lunga.» Chiude la porta e mi lascia sola.

Ecco come mi sento.

Sola.

Senza nessuno con cui parlare o condividere ciò che sento.

Mi avvicino al letto e mi siedo sopra, tastando la sua morbidezza. Non ho mai avuto un letto così. Mi distendo e pian piano i miei occhi iniziano a chiudersi finché, non crollo tra le braccia di Morfeo.

Un rumore assordante, mi trapassa i timpani. Sobbalzo e una campanella posta sopra la porta suona facendo uscire voce robotica da quell'aggeggio infernale e dice: 'è ora di cena. Vi aspettiamo nella sala da pranzo. Siate puntuali. '

Dov'è la sala da pranzo?

Mi affretto a scendere dal letto e mi guardo allo specchio enorme, che ho accanto ad esso. La mia figura mi mostra, quanto io sia inadatta a tutto questo. I capelli neri lisci, mi circondano il viso dandomi un'aria da cadavere, per non parlare della pelle pallida. Gli occhi neri oltremodo spenti e le labbra screpolate. Continuo ad osservarmi: i vestiti sgualciti e sporchi, la maglia bianca in alcuni punti è sporca mentre i jeans neri sono rattoppati.

Che figura ci farò?

Lascio perdere tutte queste congetture. Loro sanno da dove provengo, di certo non potevano aspettarsi una principessa. Prendo un respiro profondo e munita di un coraggio che non mi appartiene, apro la porta. Faccio il percorso a ritroso, fino a trovare Viviana davanti all'ingresso di Alexander.

«Stavo venendo giusto da lei, signorina. Siamo in ritardo, muoviamoci.» Mi afferra dal braccio e inizia a camminare frettolosamente. Cerco di starle dietro, nonostante le volte che stavo inciampando nel tappeto lungo rosso. Ritorniamo alla grande scalinata che mi ha accolta e, scendiamo girando a destra, dove c'è un grosso arco e un vociare che ne segue.

Mi fermo paralizzata. «Signorina stiamo in ritardo. Si muova.»

«Io non sono come loro. Mi guardi sono solo una poveraccia. Non ho nulla, da offrigli. »

«Non è il momento adesso, di pensare a tutto questo.» Con tutta la forza che possiede, mi tira verso di lei e mi spinge all'interno della sala.

Il vociare ad un tratto si ferma e gli occhi sono tutti puntati su di me, nessuno osa emettere un solo fiato. Ho lo sguardo chino dall'imbarazzo.

Una voce maschile roca, ma non abbastanza. Mi fa capire che è un ragazzo. «E' lei?» Credo che il fratello maggiore, abbia solo acconsentito col capo, poiché non sussegue risposta. Alzo lo sguardo timidamente e i miei occhi incontrano quelli di una ragazza, che è davanti a me.

I capelli biondi le ricadono a onde sul copro. Un vestito a tubino rosso, le risalta il seno strizzato nel corpetto mentre, i fianchi sono fasciati dal tessuto stretto. Le gambe lunghe magre messe in risalto, da un paio di decolté nere, le unghie colorate di bianco, mi scrutano il viso.

I suoi occhi verdi mi fanno la radiografia, spostandomi il viso prima da una parte e poi dall'altra. Dalla sua bocca colorata da un lucidalabbra, esce un tono di voce stizzito: «Ora capisco perché l'ha venduta per quattro soldi. Questa non vale un cazzo.»

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Ci siamo addentrati nella reggia dei Morrison.

Cosa credete succederà? ❤️

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