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Quando torno è tutto uguale: pulito e splendente, impeccabile oserei anche dire come lo chignon di Viviana che, mi sta venendo incontro

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Quando torno è tutto uguale: pulito e splendente, impeccabile oserei anche dire come lo chignon di Viviana che, mi sta venendo incontro. Resto ferma nell'atrio attendendo che, si avvicini ma non lo fa. Resta lontana scrutandomi dalla testa ai piedi e, con un gesto del capo altezzoso si gira e va via.

Credo che gli abbiano dato fastidio alcuni miei atteggiamenti ma, non importa. Non posso pensare anche a lei adesso. La discussione con Alexander mi sta facendo pensare a quanto tutto questo sia sbagliato eppure, una parte di me non ha intenzione di tirarsi indietro. La parte che faccio prevalere sempre: quella che ama sfidare tutti e tutto, a volte anche se stessa.

Molte volte mi sono ritrovata con le natiche a terra ma, questo non mi ha mai fermata. Mi sono alzata e, con molta più grinta di prima andavo avanti per la mia strada e le mie idee. Qui però non siamo a Londra ed io non posso permettermi di fare stupidaggini.

L'idea malsana di Alexander mi suscita qualcosa che, non riesco a spiegare. L'idea che qualcuno potrebbe scoprirci, soprattutto Giuliano mi fa star male. D'altra parte però, penso a quante cose potrei scoprire su di lui: il suo colore preferito, come si è ritrovato qui. Insomma... quelle piccola sciocchezze che si chiedono quando t'interessa una persona.

Mi prendo a schiaffi mentalmente da sola per la stupidaggine che ho appena pensato.

Non può interessarmi Alexander Morrison.

Ma ha qualcosa che inevitabilmente mi affascina e, non so nemmeno cos'è.

Mi convinco che sia questo il motivo per il quale, ho voglia di passare del tempo con lui. Il suo fascino è in grado di attirare chiunque ed io, non sono da meno.

Salgo le scale e mi rifugio come ormai di consuetudine nella biblioteca. Questo posto mi affascina sempre di più: i libri ordinati, le luci soffuse e la solitudine. Molte persone hanno timore di restare sole io, invece ho ormai imparato a viverci dentro essa.

Mi avvicino al tavolo ma noto che è già occupato. Un bambino che non mi parla da tempo, è seduto su una sedia e sta scrivendo qualcosa sul suo quaderno. Resto ferma ad osservarlo: tra i capelli neri corti, spunta qualche riccio, le labbra formano una smorfia e gli occhi verdi lucenti posati sul quaderno.

Faccio un passo avanti e tossisco, richiamando la sua attenzione. Lui mi osserva e senza degnarmi di un saluto, ritorna a fare ciò che stava facendo con enorme disinvoltura. «Hai deciso di non parlarmi più?» Ricordo ancora quanto abbiano fatto male le sue parole. Non posso negare quanto mi ci sia affezionata forse, nutro un affetto nei suoi conforti che non dovrei provare ma, lo vedo come quel piccolo fratellino che non ho mai avuto. Poi anche quella promessa che gli avevo fatto e mai mantenuta.

Abbasso la testa e mi siedo difronte a lui. Meglio mantere le distanze non voglio che scappi via. «Che cosa vuoi?» Nonostante sia ancora bambino, ha imparato dal migliore ad essere così scontroso.

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