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Dopo le risate, siamo crollati nuovamente sul letto. Io ho la testa appoggiata sul suo torace e, le sue mani sono tra i miei capelli. In questo momento, darei oro pur di restare così con lui, per sempre. Ma so che questa situazione, sarà soltanto momentanea. Prima che ritorni lo stronzo di sempre, decido di godermela a pieno e, cercare di non rovinare il nostro momento.

Le mie mani tracciano dei cerchi immaginari, sul suo addome. «Questa sera abbiamo una cena. Ti presenterò come la moglie di mio fratello, non voglio che tu sia costretta a stare accanto a me.» Dal tono con cui me lo dice, credo che sia estremamente serio.

Da dove esce questo discorso adesso?

Mi alzo, scrutando la sua espressione ferma e decisa. Che sia testardo non lo metto in discussione peccato che, abbia trovato una persona più caparbia di lui. «Cosa?»

Anche lui si alza e, mi fronteggia con la sua statura. «Hai sentito bene. Questa sera non voglio...»

Lo interrompo bruscamente. «Ho capito cos'hai detto. Solo mi chiedo perché? Non ha senso quello che stai dicendo.» Sento la rabbia montare dentro di me, minuto dopo minuto. Non riesco a credere che stia parlando seriamente. «Io non sono venuta a New York con Giuliano, sono qui con te.» Mi avvicino, cercando di mettere da parte la frustrazione che provo in questo momento.

«È sbagliato.» Due parole che, hanno il potere di farmi fare un passo indietro.

«È quello che pensi? Che tutto ciò sia sbagliato?» Non risponde, resta con lo sguardo fisso davanti a se mentre, cerco di dare una spiegazione a tutto questo. «Allora perché mi hai portato qui? E non dirmi che, erano questi i piani perché so che non è così.» I suoi occhi per un attimo catturano i miei ma, è così bravo a celare le sue emozioni che non riesco a capire cosa gli passi per la testa. «Tu non mi comandi.» Lo ripeto più a me stessa che a lui, ricordandomi che non sono una sua marionetta.

Me ne vado in bagno richiudendo la porta a chiave. Restando sotto al getto dell'acqua. Tutto questo mi serve per sbollire ciò che sento dentro. Non so a cosa sia dovuto questo passo indietro ma, credevo che durante la nostra permanenza qui, avremmo camminato per le strade alla luce del sole senza che nessuno ci giudicasse.

Speravo che per una volta avrebbe messo da parte, tutto. Ma d'altronde stiamo parlando di Alexander: lui non mette da parte nulla. Soprattutto quando si tratta di lavoro. Una volta terminato, ritorno in camera, trovandolo vestito di tutto punto nuovamente. L'abito elegante nero, gli dà sempre quell'aria da imprenditore che si porta dietro.

Mette soggezione soltanto vestito così. Per non parlare della sua capacità di distruggere chiunque con un solo sguardo e, le sue abilità dialettiche. «Ti aspetto di sotto.»

Lo guardo indifferente, restando a debita distanza, osservando New York dalla vetrata. «Non sarò quello che mi hai chiesto. Sono venuta qui, come la tua ragazza. Quindi io indosserò quella dannata parrucca.» Non sento nessuna parola parte sua ma, d'un tratto sento la presa sul mio braccio che mi costringe a voltarmi, facendomi scontrare col suo petto.

Il suo viso è a un millimetro dal mio e, da questa posizione mi rendo conto quanto la sua statura soccomba su di me. «Perché devi contraddirmi sempre? Per una volta fai come ti dico.»

«No.» Una parola molto semplice che, lo fa infuriare ancora di più. Stringe sempre di più la sua presa attorno al braccio, facendomi male ma, non dico nulla. Continuo imperterrita a mantenere il suo sguardo, sfidandolo.

Molla la presa e, si prende i capelli tra le mani, camminando avanti e indietro per la stanza. «Ho avuto una giornata di merda. Quindi ti chiedo, di fare come ti ho ordinato.» Lo vedo inerme un'altra volta, sopraffatto dall'emozioni di questa giornata.

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