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Alexander

Molto spesso si dice che capisci il valore di una persona solo dopo averla persa.

Non ho mai voluto credere a queste parole, forse perché infondo sapevo bene che il mio cuore non era appartenuto a nessuno. Ed è bastata lei. Una donna dalle curve pronunciare, un paio di occhi marroni e delle labbra a forma di cuore per mandare all'aria tutti i castelli che mi sono costruito.

In trentaquattro anni della mia vita, non mi sono mai sentito così preso da nessuno. E non è solo la voglia che ho di lei, costantemente anche se il suo profumo che aleggia in questa stanza mi ricorda che non è più qui con me.

Quando sento pronunciare il suo nome, sento battere forte il cuore come se, potesse uscirmi da petto. Ogni volta che mio fratello mi rende partecipe di questo matrimonio, mi si contorce lo stomaco dal dolore e vorrei chiudere gli occhi per un solo istante e ritornare a quando lei trovava rifugio tra le mie braccia.

Ecco cosa voglio.
Voglio ritornare ad essere il suo rifugio.

Anche se non me l'ha mai detto, io sono consapevole del fatto che per lei, eravamo come una famiglia. Voglio che tutto ritorni come prima.

Voglio averla nel mio letto.
Nuda.
Ricoperta dei miei segni.
Ricoperta del mio amore.

«Sai meglio di me che, testarda com'è non ti perdonerà tanto facilmente.» I capelli biondi di mia sorella sbucano, dalla porta del mio ufficio. Ultimamente, riesco a trovare sollievo soltanto nel rifugiarmi tra queste scartoffie. Per qualche ora riesco a non pensare a lei e, al modo in cui è andata via. «Alexander, devi smetterla.» Ludovica, mi toglie da mano il bicchiere di whisky e, lo ingurgita lei tutto d'un fiato.

La guardo attendendo che faccia una delle sue solite ramanzine. Nell'ultimo mese è stata lei a prendersi cura di noi. Di tutti noi, anche dei bambini. Non avevo mai visto mia sorella, giocare con loro eppure, quando stavano nella sala giochi tutto insieme, erano davvero contenti. Il senso di pesantezza che opprime il mio corpo, mi ha fatto allontanare anche da mia figlia.

Per paura.

E già...Ho paura che possa vedere come mi veda io, ultimamente. Un mostro. Non riesco a perdonarmi quello che le ho fatto e, gli incubi sono ritornati più forti di prima. Ripeto nella mia mente che dopotutto è quello che mi merito.

Una mano che sbatte sul mogano della mia scrivania mi ridesta dai miei opprimenti pensieri. «Cazzo Alexander,  ti sto parlando.» Il suo tono di voce decisamente alto mi fa sorridere ma, la smetto subito guardando il suo volto corrucciato. Una ruga d'espressione si è formata in mezzo alla sua fronte e, le labbra formano una linea dura.

È la prima volta che vedo mia sorella, senza trucco e vestita con una semplice tuta. Sorrido ingenuamente nell'osservare come si preoccupa per me. Il suo sguardo truce si ammorbidisce e, fa il giro della scrivania per venire a sedersi sulle mie gambe.

Le mie mani circondano la sua vita munita e, i suoi capelli mi solleticano il viso. «Non puoi trascurarti così. Che fine ha fatto l'uomo che ha cresciuto Alice da solo? L'uomo che veniva a leggermi la favola della buonanotte, nonostante ti fosse vietato. L'uomo che sarà sempre il mio eroe. Dove sei Alexander? Perché non ti riconosco più.»

Non ho la forza per risponderle. Ciò non significa che non abbia prestato attenzione a tutto ciò che ha detto. Le sue parole mi sono entrare dentro e, inevitabilmente la mia mente ritorna al passato.

Un passato che avrei preferito dimenticare.
Un passato fatto di odio e dolore.
Un passato che mi perseguita e non riesco a cancellarlo dalla mia mente.

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