Il Natale di Rovia

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Poco tempo dopo il torneo venne il Natale di Rovia, ovvero la celebrazione della colonizzazione della Luna Azzurra e della nascita della nostra civiltà. Io ero tra gli accademici che, con le toghe blu e rosse, erano schierati sotto la Basilica dei Sette Santi, vero centro di Vandorra. Quel giorno c'erano milioni di persone radunate tutt'intorno alle piazze, alle vie, alle terrazze e alle basiliche. Era inebriante tutto quel insieme di emozioni: incredibile come tutta quella popolazione fosse davvero e sinceramente felice e commossa per quel giorno, per quella ricorrenza. Non parliamo delle miliardi di persone collegate in diretta da tutto l'Impero. Anche il Vasilus di Orissia aveva mandato omaggi e auguri al popolo roviano.
Vidi Sileus in piedi sulla scalinata della Basilica; la sua toga purpurea e la fascia bianca lo rendevano davvero solenne, e tale doveva apparire. Intorno a lui tutti i senatori vestivano il bianco con una fascia rossa, simbolo della loro autorità. Davanti ad essi c'erano i cardinali con le toghe rosse, mentre il Pontefice avrebbe vestito il bianco. L'Ecclesia e l'Imperium erano davvero l'una lo specchio del altro, eppure in tale armonia da reggere le sorti di tutta la razza umana.
Venne poi lui, il Pontefice, con il suo abito e il mantello bianchi e una tiara ornata di perle bianche e oro zecchino su cui era riprodotto il Simbolo. Il nome del Pontefice era Eumontos XLVII, al secolo Irgas Salari, non era un Roviano ma era molto popolare anche tra noi, un uomo umile e molto attivo nello svolgimento del suo ruolo di capo della fede. Anche Sileus, l'Imperatore, si era sempre ben guardato dal mancargli di rispetto e anche il giorno del Natale di Rovia il potente capo dell'Impero chinò il capo e rese omaggio al patriarca, per poi avvicinarsi e aiutarlo a sedersi sul suo seggio. Sua Santità Eumontos era molto anziano e si muoveva a fatica, ma dimostrava comunque una grandissima forza di volontà ed era lucido, molto più di quanto ci si aspetterebbe da una persona anziana con un grande peso sulle spalle come il suo.
Sileus baciò l'anello del Pontefice e poi si mise da parte, quel giorno non era lui il maestro della cerimonia.
Il Pontefice salutò i fedeli, invocò la benedizione del Padre Divino e iniziò, come da tradizione, a raccontare la storia di come era finito il Settimo Impero di Terra, di come l'Umanità si era condannata con le sue stesse mani al esilio e di come i Valeriani, ultimi signori del Orbe Natio, si erano ritirati ricevendo la promessa di un nuovo mondo e di una nuova unità.
"Le divisioni dentro l'Impero - disse il Pontefice - erano molto gravi, alcuni degli uomini furono tentati da falsi idoli, altri dalla terribile idea che il Padre Divino non esistesse e che solo la carne contasse, così iniziarono a fare guerra al loro Imperatore ed egli li affrontò in guerra e li sconfisse. Ma l'Imperatore eccedette nella sua furia e la giustizia degenerò in vendetta. Egli inviò una forza invisibile a divorare le carni di coloro che lo avevano sfidato. Ciò dispiacque al Padre Divino che mandò la stessa forza su Terra e costrinse i suoi abitanti a fuggire da esso. Il Padre Divino concedette a costoro di partire, protetti dai suoi segni essi andarono per le stelle, mentre il Settimo Impero ormai non esisteva più e l'Imperatore non aveva la forza di ricostruirlo. Costoro erano il popolo del Valore, essi erano pii e praticavano la virtù e per questa ragione il Padre Divino concesse loro di domare le stelle e promise che da loro sarebbero discese grandi nazioni, e che un giorno un nuovo Impero avrebbe di nuovo unito la nostra razza e riportato la pace tra noi. Durante il loro cammino tra le stelle essi affrontarono molti nemici ed erano temuti perché erano forti. Venne il giorno in cui arrivarono vicino ad un mondo chiamato Zotalo, era stato ribelle e molto lontano da Terra, era roccia nera e fredda e le sue grandi città erano costruite sotto la superficie. Il suo re e i suoi abitanti veneravano il falso dio Zedub, orrido essere che pretendeva il sacrificio di bambini e di vite umane. Zedub voleva che i suoi servi fondassero un loro impero e gli dessero in pasto le anime e le carni dell'Umanità. Allora i Valeriani circondarono il pianeta con la loro flotta, ma l'Onnipotente mandò il suo angelo all'Imperatore perché gli dicesse di raccogliere un grande frammento di roccia e ghiaccio da quel sistema e lo facesse lanciare sulla superficie di Zotalo, una volta colpito il pianeta si scosse e tremò. Tutte le città e i neri templi furono abbattuti e sepolti senza che nessun altro colpo venisse lanciato. Così fu distrutto Zotalo e il culto di Zedub sepolto. Dopo quel giorno i Valeriani ripresero il loro viaggio e sette anni dopo la loro partenza trovarono questo mondo, questa Luna Azzurra, vi fecero sbarcare gli animali, le piante e gli uomini perché i segni dicevano loro che questo era il nuovo mondo promesso. Qui l'ultimo Imperatore di Terra invocò il Redentore e gli disse: Questo è il nostro nuovo mondo, lo chiamiamo Rovia, che significa Nuova Nutrice, e tu sei il nostro Signore. Ripetiamolo ancora oggi, perché tutte le Sue promesse sono state mantenute e la nostra civiltà prospererà."
Questo disse il Pontefice, e tutti noi, tutto il popolo di Rovia, tutta la nostra gente disse all'unisono come fossimo stati un unico grande essere rivolto al suo Creatore: "Questo è il nostro nuovo mondo, lo chiamiamo Rovia, che significa Nuova Nutrice, e tu sei il nostro Signore."
Per il resto furono preghiere, feste, cerimonie, parate, storie, canti, brindisi e cene. L'unica cosa importante era quel singolo grande e magnifico momento. Il momento del ricordo della nascita di tutta la nostra civiltà, del nostro essere. Il momento del nostro Natale.

Le memorie dell'Imperatore CarosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora