La durezza del diamantifero

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"A tutta la flotta- dissi appena fui a bordo dell'ammiraglia vagnar- un minuto di silenzio prego, in onore della Saulus."
Silenzio. Anche i buoni barbari onorarono la nave e il valore del suo sacrificio.
Quando il minuto fu passato rialzammo lo sguardo e osservammo Otracus. Un bel mondo. La nube di detriti sollevata dall'esplosione del castrum era ancora alta e ci sarebbero voluti alcuni giorni prima che si posasse. Sarebbe rimasto un grande cratere, un monumento a quella mia impresa.
Il capitano della Saulus era rammaricato ma comunque fiero. Gli avrei trovato un nuovo vascello molto presto. Sarebbe rimasto al mio fianco fino all'ultimo giorno.
"Grazie per l'ospitalità Jarl Zagrog" dissi.
"È un grande onore mio re. Scriveremo un poema su quello che abbiamo appena visto, un'impresa degna della grandezza mio re. La prossima mossa?"
Osservai il pianeta.
"Dobbiamo contattare il podestà di Otracus e far capire loro che non c'è più l'Inferno sul loro mondo."

Eravamo nella plancia di Jarl Zagrog quando riuscimmo a metterci in contatto con l'ufficio del podestà.
Apparve su uno schermo olografico il volto di un uomo magro, con una barba bianca e capelli scompigliati.
"Chi vi parla è il Coimperatore Caros, sto parlando con il podestà di Otracus?"
"No signore...io sono il suo segretario Oblus" mi rispose l'uomo.
"Dov'è il podestà?"
"È morto signore. Era prigioniero nel castrum."
Rimasi interdetto. Era ovvio che ci fossero dei prigionieri nella fortezza, qualcuno li chiamerebbe i rischi della guerra, io non sono mai riuscito a farmene una ragione.
"Quindi è lei al comando del pianeta immagino" dissi.
"Nessuno è al comando qui. Quando il senatore ha preso il controllo della fortezza e preso in ostaggio il podestà tra la gente si è scatenato il panico nelle strade delle nostre città principali. Quando quel maledetto ha usato l'arma su di noi la situazione è degenerata: molti dei vigili si sono rivoltati contro le autorità e si sono uniti alle bande di sciacalli che hanno fatto saccheggiato le città. Il senatore ci aveva abbandonati a noi stessi, gli importava solo di derubarci dei macchinari e degli scalpelli atomici industriali. Quando siete arrivati speravamo che la situazione si placasse, ma il senatore ha sparato di nuovo su di noi e dopo abbiamo visto la nave schiantarsi sulla fortezza..."
"Per favore Oblus mi dica esattamente qual'è la situazione attuale."
"Io e quel che è rimasto del personale del municipio siamo asserragliati nel palazzo, un gruppo di vigili planetari ci aiuta a tenere la posizione, ma le strade sono infestate dagli sciacalli e la gente è asserragliata."
"Signor Oblus mi ascolti...è in grado di trasmettere un messaggio alla popolazione?"
"Sì ma a che servirebbe?"
"Deve presentarsi come podestà ad interim e comunicare che truppe imperiali stanno per sbarcare su tutta la superficie in soccorso della popolazione."
Quel uomo mi guardò inorridito.
"Altri soldati? Cosa ci farete subire ancora...?"
"Podestà...Oblus...abbiamo intenzione di aiutarvi. Sono io che ho distrutto il castrum e io adesso mi assicurerò che l'ordine torni a regnare sul vostro mondo. Assicuri la popolazione che le truppe arrivano per portare assistenza e che solo le bande di predoni saranno bersaglio dei soldati, a meno che non si disperdano e restituiscano la refurtiva consistente almeno in cibo, medicinali e macchinari. Se ottempereranno gli prometta amnistia."
"È da molto che la pietà manca dal nostro pianeta, molti non mi crederanno!"
"Gli dica che l'Impero è tornato e che Rovia non vi ha abbandonati!"
Mentre Oblus faceva il discorso la nostra flotta scendeva nell'atmosfera dirigendosi verso le principali città del pianeta, alcuni mezzi furono inviati nelle vicinanze della zona colpita dal cannone ortro per portare aiuto nei villaggi di quella regione: i terremoti erano un effetto collaterale molto frequente di quelle armi.
La capitale di Otracus si chiamava Teama ed era molto simile a Vandorra, anche se decisamente più piccola. Gli edifici in sidermo bianco e diamantifero erano distribuiti tra parchi e strade sopraelevate, un piccolo lago al centro della città proprio dietro al palazzo signorile, sede del podestà, abbellito con le insegne di Rovia e diversi monumenti sulle sue mura. Ma si vedeva chiaramente che il luogo era in preda ad una profonda crisi. C'erano diversi incendi nei boschi che i militi dovettero spegnere con grandi riserve di acqua gettate dai dromoni sospesi sulla città, molti edifici erano anneriti e danneggiati e i rilevamenti agli infrarossi mostravano che gran parte della popolazione era rinchiusa nelle case, molti armati e le strade erano deserte. Il galeone dello Jarl si posizionò davanti al palazzo della signoria, sospeso per mezzo di propulsori e degli scudi. Diversi reggimenti di militi e soldati vagnar scesero per le strade e incontrarono le bande criminali che gli spararono contro in una follia incomprensibile. Purtroppo ci furono degli scontri, ma molto isolati. In poco tempo avremmo ottenuto il controllo della città.
Quando scesi per le strade con Mirus ed Ergesius incontrai degli uomini in divisa blu scura, armati di fucili e pistole lec che proteggevano una palizzata posta davanti alla porta del palazzo.
Le loro menti dicevano che erano spaventati, indecisi, presi dal dubbio e dalla paura.
Feci loro il saluto e gli augurai pace.
"Anche quel senatore bastardo ci augurò pace quando si prese il nostro castrum e ci minacciò di morte se non gli avessimo dato tutto quello che avevamo" disse un uomo più vecchio degli altri. Era il capo di quei vigili, il loro capitano.
"Io sono il Coimperatore Octopon Vandor Caros, io e i miei siamo venuti a liberare questo mondo!"
"Belle parole, proprio come quel altro maledetto."
"Posso parlare con il podestà oppure intendete spararci?"
Puntavano le armi ma le loro menti dicevano chiaramente che non avevano ceduto all'anarchia. Provvidenzialmente arrivò proprio il signor Oblus, visibilmente malnutrito e frastornato anche se con la speranza di rivedere la pace sul suo mondo.
"Pace a lei podestà" gli dissi.
"E con il vostro spirito mio signore...benvenuto su Otracus...o almeno su ciò che ne rimane."
Mi guardai intorno promettendo che avrei restituito quel mondo alla sua prosperità.
"Ci metteremo subito al lavoro- dissi- in quanto capo del pianeta la gente sa già di poterle dare retta. Ho dato ordine ai soldati di istituire dei centri di distribuzione per le provviste, ripareremo le strade e gli ospedali che dovranno essere riforniti. Serviranno volontari per il trasporto degli aiuti e per l'assistenza medica."
"Chi ha messo lei al comando?" disse il capitano dei vigili appena giunto.
Lo guardai e, prima che il podestà potesse dire qualcosa, risposi: "Potrei dirle che è perché ho un esercito sopra al suo mondo, o perché sono colui che è ufficialmente al comando dell'Impero Roviano di cui lei è cittadino. Invece è perché sono con coloro che possono darle il necessario per ricostruire la sua vita e il suo mondo e ho intenzione di renderlo possibile, per non parlare del fatto che so come farlo. Per questo sono io al comando. Vuole aggiungere altro?"
Quel uomo mi guardò per qualche secondo prima di dirigersi dai suoi uomini a dirgli di prepararsi ad eseguire i miei ordini.
Un'ora dopo l'ospedale cittadino era riaperto e la gente cominciava ad affluire. Erano intimoriti dai soldati, però cominciavano ad apprezzare che non gli avevamo ancora sparato.
Nel tardo pomeriggio mi fu detto che gli ospedali della capitale stavano avendo delle difficoltà a causa della mancanza di medicinali e attrezzature.
"Non possono ottenerne altre?"
"Non possiamo- disse il podestà- tutti gli scalpelli atomici industriali della città sono stati sequestrati dal senatore ed erano nel castrum."
"Vuole dirmi che non ne avete di riserva?" chiesi.
"Sono nella fortezza cittadina...ma non siamo in grado di recuperarli."
"Una banda di criminali si è asserragliata nella fortezza e ci è impossibile avvicinarci. Controllano le batterie dei bastioni e non consentono l'ingresso a nessuno" disse il capitano dei vigili.
"Andiamo a trattare e prendiamoci ciò che appartiene al popolo" dissi chiamando un centurione a cui diedi istruzioni di far circondare la struttura.
Mirus mi si avvicinò e mi suggerì prudenza.
"Sei ore fa ho fatto precipitare un'astronave di diciannove chilometri su un castello dotato di un'arma del giudizio. Direi che sono un po' a corto di prudenza ultimamente" fu il mio commento prima di salire sull'intercettore che ci avrebbe portato in volo sulla fortezza della città: una costruzione posta in periferia, con mura alte trenta metri, una cupola rinforzata in diamantifero e batterie difensive. Prima del caos che aveva sconvolto Otracus negli ultimi tempi era impensabile che una gang potesse impadronirsi di un luogo simile e di barricarsi al suo interno. Eppure era successo.
Onestamente pensavo che vedersi circondati da soldati ben armati sarebbe stato sufficiente per spingerli ad arrendersi. Non sarebbe stato così semplice.
"Non ci posso credere" disse Mirus mentre eravamo in volo e osservavamo quei pazzi che sparavano contro i mezzi aerei facendo crollare alcuni edifici nei dintorni.
"Sparano contro i mezzi militari? Ma dove siamo finiti?" chiesi io.
"La cosa peggiore è che non sanno usare quelle armi e questo li rende ancora più pericolosi" disse il mio amico mentre atterravamo.
Quando scendemmo sul piazzale davanti alla fortezza il capitano dei vigili corse verso di me molto innervosito.
"Sono lì dentro e sparano sui soldati, per adesso non abbiamo la possibilità di entrare" disse.
"Sappiamo chi è questa gente?" chiesi.
"Una banda criminale tra le più pericolose della capitale, il loro capo è un certo Bulus, un trafficante di droga che ha preso il comando di un gruppo di teppisti e si è chiuso lì dentro."
Mi misi in vista della fortezza e la osservai con attenzione.
"Non c'è modo per parlargli?" chiesi.
"Ha accesso agli altoparlanti e da qui ci può sentire. Direi che è il sistema più pratico" disse l'ufficiale.
Diedi ordine di far cessare il fuoco e di far allontanare gli aerei. Subito dopo feci attivare l'altoparlante del aliante che mi aveva portato.
"Mi rivolgo a coloro che stanno occupando la fortezza di Teama. Sono il Coimperatore Octopon Vandor Caros: vi ordino di lasciare la posizione immediatamente e vi prometto che sarete lasciati liberi. Abbiamo bisogno di recuperare gli scalpelli atomici industriali per rifornire ospedali e industrie, per questa ragione sono disposto a garantirvi la libertà, vi prego di accettare quest'offerta. Avete due minuti."
Appena dieci secondi dopo sentimmo l'altoparlante della fortezza attivarsi e dai bastioni arrivò la voce di un uomo che sembrava giovane e del tutto idiota.
"Salve Coimperatore...qui ti parla la nuova legge! La legge del vincitore! E qui il vincitore sono io, ho il controllo delle armi e della porta. Tuttavia non siamo dei selvaggi: sappiamo come usare gli scalpelli atomici e possiamo produrre ciò di cui avete bisogno, al giusto prezzo. Fammi un'offerta signor Caros!"
Scesi dall'aliante e mi diressi verso il portone della fortezza. Mirus e gli altri ufficiali cercarono di fermarmi e di chiedermi cosa stavo facendo, ma non li ascoltavo. Ormai ero veramente stanco della stupidità e dell'arroganza umana.
Tenevo le mani in alto e aprii i guanti mostrando le mie mani nude, sui bastioni erano sorpresi ma aspettavano, da quel che percepivo pensavano che volessi venire a trattare.
Il cancello della fortezza era una grande lastra di diamantifero spessa due metri e pesante quindici tonnellate che veniva sollevato con delle grandi catene dello stesso metallo. Era impossibile aprirlo senza uno scalpello atomico con cui scindere le sue molecole o un cannone lec pesante.
"Ehi Coimperatore- risuonò ancora la voce di Bulus- mi bastava che parlassi ancora a distanza. Che cosa credi di fare qui sotto?"
Toccai il diamantifero del cancello, era freddo e liscio. Perfetto. Indistruttibile. Semplicemente indistruttibile.
Chiusi il pugno sinistro, concentrai il mio potere e diedi un colpo.
Un suono metallico risuonò nell'aria lasciando sbalorditi i presenti. Con il mio potere avevo piegato il diamantifero. Mai vista una cosa simile.
Diedi un colpo con il pugno destro sullo stesso punto. La rientranza era sempre più profonda. Un altro pugno e un altro ancora.
Si ruppe.
Avevo aperto una breccia in un cancello di diamantifero spesso due metri con i miei pugni. Ero appena diventato una leggenda.
I militi sciamarono dentro la fortezza, ma non ci volle molto prima che quei teppisti si arrendessero e per fortuna senza vittime. Seppi che quel Bulus era stato arrestato personalmente dal capitano dei vigili di Otracus, una buona soddisfazione per l'ufficiale. Con gli scalpelli atomici industriali custoditi in quella fortezza gli ospedali e le fabbriche della città avrebbero presto ripreso a funzionare a pieno regime e con la stessa situazione nelle altre città molto presto tutto Otracus avrebbe ripreso a vivere.
"Anche se so chi sei e quali sono i tuoi poteri...tu non smetti mai di stupirmi amico mio" disse Mirus mentre eravamo in volo verso la nave di Jarl Zagrog.
Non gli risposi, avevo davvero voglia di dormire. Troppi atti leggendari per un solo giorno.
Dopo essere sbarcati sul galeone vagnar vedemmo qualcosa che non ci aspettavamo: vestiti simili a sacchi marroni, dei sai, corde con nodi lungo tutta la loro lunghezza, cinque, uno per ogni preghiera della giornata. Erano i frati minori, l'ordine di monaci missionari che dedicavano la loro vita alla preghiera e al sostegno dei bisognosi, si muovevano nella Via Lattea su navi convento equipaggiate apposta per missioni umanitarie, evidentemente una loro missione si era recata su Otracus, era un bene: ovunque andassero il loro aiuto e sostegno sia morale che pratico era molto prezioso. Non c'era da sorprendersi che Sileus avesse fatto approvare la legge che condannava al carcere a vita chiunque osasse fare del male ad uno di loro.
Lo Jarl venne verso di me per salutarmi e presentarmi quella delegazione che era salita sulla nostra ammiraglia per poter concordare una collaborazione.
Era seguito da un monaco incappucciato, chino ma con passo veloce. Era piuttosto basso, ma la sua mente era forte e il Canto della Creazione si fece molto forte, era da tanto che non lo sentivo così.
"Come ti chiami?" gli chiesi.
"Adlor" rispose.
Mi inginocchiai.
"Octopon...cosa stai facendo?" chiese Mirus.
"Mi inchino davanti al Sommo Pontefice!"

Le memorie dell'Imperatore CarosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora