Il testamento di Sileus

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Quando la Ualla fece il salto diretta su Ctefo sentii una piccola scossa corrermi lungo il cuore. Giurai che l'avrei rivista, era una questione di tempo.
Quindici navi dei Diecimila ci avrebbero scortati per tutta la circumnavigazione del Nucleo, una flotta niente male, anche se non temibile quanto le armate dei Piri, dei Geregai, degli Iperi, dei Quadai e delle altre pericolose tribù che abitavano nei dintorni del Nucleo. Era incredibile come gli uomini si fossero adattati a vivere in un territorio così pericoloso, ovviamente era impossibile trovare pianeti nel Nucleo stesso e le nazioni di quelle regioni abitavano ai limiti delle Spirali Interne dove si poteva trovare qualche stella anziana o altri territori in cui era possibile costruire un mondo. Le varie tribù avevano territori di dimensioni variabili, molti erano mercenari, particolarmente richiesti visto che si trattava di uomini così forti da sopravvivere al ambiente più duro che l'Uomo conoscesse.
Quelle regioni erano colme di detriti, radiazioni, polveri e residui di stelle morte, in ogni istante si poteva vedere l'esplosione di una supernova, meravigliosa per chi si tiene a debita distanza.
La quasi totalità dei mondi erano composti da città sotterranee come su Ctefo, altri popoli erano nomadi e spesso entravano in conflitto tra loro o con gli Orissiani, gli Adok li pagavano bene per evitare razzie sui loro territori perché, soprattutto i Piri, prosperavano razziando altre regioni fuori dai cosiddetti territori del Nucleo. La prima volta che lo avevamo attraversato non avevamo trovato difficoltà a parte quel singolo attacco perché si diceva che quei barbari avessero paura di Sileus.
In ogni caso era necessario tenere tutte le aperture non essenziali chiuse: con la luce delle stelle antiche ammassate sul Nucleo passavano anche le radiazioni di vario tipo, i raggi cosmici che, anche attraverso la cardonite più polarizzata, avrebbero ridotto in cenere la carne umana passata sotto la loro luce. Più o meno lo stesso principio delle armi lec: luce che trasporta energia.
Passavo quasi tutto il tempo a cercare di capire cosa stava succedendo: a quanto pareva il Senato era riuscito a stabilizzare la situazione, Gulnius teneva occupati i traditori e i legionari, guidati dai vari magistri tra cui Ironor Robbius, avevano già stroncato le varie ribellioni che erano emerse alla morte di Sileus, alcuni dei popoli facenti parte dell'Impero avevano soffocato autonomamente queste insurrezioni e collaboravano con il mondo capitale. L'ordine quindi era ristabilito, ma su Rovia e nei vari mondi della Provincia Imperia ancora imperversavano gli scontri e in politica vi era un'accesa lotta tra Sileiani e Sileicidi. Si erano formate le fazioni, la guerra civile era imminente ormai.
Non trovammo grossi problemi in realtà: era comunque raro incontrare qualcuno nei dintorni del Nucleo.
Una sera Leriano venne da me, aveva bisogno di parlare.
"Notizie da casa?" gli chiesi.
"È difficile comunicare da qui, ma sembra che mio padre stia bene, Crator è relativamente tranquillo a quanto pare."
"Mia madre ha raggiunto mia nonna, vuole sostenerla fino al mio ritorno. Molti si aspettano di vedermi tornare a prendere il soglio imperiale con la forza, altri che io prenda il controllo di Rovia per poi salpare alla conquista di Orissia..."
"Hai intenzione di farlo?" mi chiese.
Scrutai la sua mente, si stava chiedendo molte cose.
"Non dovrei? L'universalità non dovrebbe essere il destino dell'Impero per riportare l'unità agli uomini?"
"Quindi un'altra grande guerra?"
"Spero che non dovremo combatterne una adesso per salvare il nostro popolo, io ho intenzione di realizzare il nostro e altri progetti prima di pensare ad altre questioni. Voglio tornare a casa e assicurarmi che resti tale."
"Devi diventare Imperatore quindi!"
Era la prima volta che qualcuno me lo diceva da quando avevo salutato Sibilla. Mi fece uno strano effetto.
"Sono il Coimperatore, prima di tutto devo tornare il più velocemente possibile per ristabilire l'ordine e dopo vedremo. Ma non voglio fare grandi guerre, io non sono come Sileus."
Leriano si alzò in piedi, sembrava sollevato anche nei pensieri.
"Io prometto il mio sostegno, per quanto umilmente io possa fare...maestà" disse facendo un inchino per poi voltarsi e dirigersi verso l'uscita del mio alloggio.
"Maestà? Leriano sei di nuovo ubriaco?" gli domandai.
"Vi ci abituerete presto vostra maestà" disse un attimo prima di uscire.
"Lo vedremo...vedremo" mormorai quando rimasi solo.
Dopo altri tre giorni avevo appena finito di dettare ad Ergesius un mio discorso che il console Garrinus avrebbe letto al Senato appena tornato nel Palazzo Centrale in cui spiegavo che stavo per rientrare nell'Impero e che presto sarei arrivato in patria. Eravamo appena entrati nel caput e il piccolo pubblicano mi seguiva a ruota piegato sullo schermo olografico che riesaminava gli appunti.
"Hai capito tutto?" chiesi.
"Sì, vostra serenità!"
"Deve essere perfetto è importantissimo, più tardi parleremo del messaggio da mandare ai duchi di Numa, Ecton e ai proconsoli, dobbiamo capire se qualcuno di loro simpatizza per i Sileicidi."
"Sì, vostra serenità!"
"Poi voglio inviare un messaggio anche ai Vagnar, meglio assicurarsi che gli Jarl abbiano forze sufficienti per ogni evenienza."
"Sì, vostra serenità!"
"Un ultima cosa..."
"Sì, vostra serenità?"
"CHIAMAMI UN'ALTRA VOLTA VOSTRA SERENITÀ, MAESTÀ, SIRE, ECCELLENTISSIMO...E TI BUTTO NEI PROPULSORI AD INIEZIONE ATOMICA, MI HAI CAPITO?"
Ergesius mi guardò con il terrore negli occhi, un po' come tutto l'equipaggio presente nella sala di controllo.
"Ho capito...signore..."
Me lo feci andare bene e mi voltai verso il capitano.
"Ho saputo che è accaduto qualcosa questa notte" dissi.
"Sì signore: un gruppo di predoni, una piccola flotta, sono apparsi e hanno tentato un attacco, gli Orissiani gli hanno sparato contro tre nuclei di fusione rossi scoraggiandoli, si sono ritirati quasi subito, dalle insegne abbiamo capito che erano Quadai e in effetti il loro territorio non è lontano."
"Chi aveva il comando per il turno di notte?" chiesi.
"Il primo pilota Coimperatore."
"Immagino che ora si stia riposando...appena inizia il suo prossimo turno voglio che venga a farmi rapporto e a spiegarmi perché non mi ha avvertito subito."
"Era molto tardi e..."
"Non voleva svegliarmi? Io devo essere avvertito di ogni fatto significativo di questo viaggio, visto che siamo sul orlo di una guerra civile."
Il capitano non sapeva cosa dirmi, mi limitai a salutarlo e a dirigermi verso lo strategikon. Presto saremmo stati in grado di mandare e ricevere messaggi audio e video dal mondo capitale, non vedevo l'ora di sentire nuovamente le voci dei miei cari ma anche dei miei nemici. In effetti devo ammettere che non mi sarebbe dispiaciuto poter finalmente affrontare a viso aperto i miei nemici.
Mentre riguardavo i miei dati e i discorsi venni richiesto sul caput.
Incontrai Mirus nel caput.
"Cosa succede?" chiesi.
"Sembra che quei briganti siano tornati, gli Orissiani raccomandano delle manovre evasive, sono più numerosi dell'ultima volta" disse Mirus mentre uno schermo olografico mostrava uno sciame di navi nemiche dirigersi verso la nostra flotta. Per fortuna le nostre navi erano più veloci e manovrabili, eravamo in grado di fuggire finché non fossimo stati capaci di compiere un nuovo salto in iperspazio.
"Sempre Quadai?" chiesi.
"Sembra di sì- disse Mirus- le insegne sulle navi sono quelle, ma siamo fuori dai loro confini."
"Non abbastanza, questa gente vive di razzia. Ci daranno la caccia finché non saremo abbastanza lontani per..."
"Coimperatore, altre navi in avvicinamento, hanno appena fatto il salto iperspaziale, trentacinque navi" disse il capitano.
"Con queste quante sono?"
"In totale cinquantacinque vascelli, ci hanno praticamente circondati."
Erano troppe, cinquantacinque navi da affrontare in quelle condizioni erano troppe. Fui abbastanza sorpreso quando venni a sapere che i nuovi arrivati stavano bombardando i nostri precedenti inseguitori che, inferiori di numero, si ritirarono.
"Coimperatore- mi disse il capitano- una delle navi appena giunte ci sta contattando. Secondo le insegne dovrebbero essere dei Piri."
I Piri erano il popolo più forte e pericoloso degli Stati del Nucleo, ma non era impossibile ragionare con loro.
"Contattiamoli e cerchiamo di capire se non abbiamo barattato un..."
Fui interrotto da un segnale di comunicazione: una delle navi barbare stava inviando una trasmissione, solo audio.
"Io sono Garrone, re di Pira, sono giunto per partecipare alla scorta del signore Caros, scopritore del Santo Pianeta Terra, e dargli passaggio sicuro fino al Regno dei Soli Allineati. Garantisco incolumità anche alla sua scorta di Orissiani, anche per il loro ritorno. Sono stato pagato anche per garantire le loro vite. Continuando su questa rotta arriverete presto ai limiti del Nucleo, seguiteci e faremo in modo che non veniate molestati ulteriormente. Si sappia che i Piri mantengono le loro promesse e pagano i loro debiti. Io sono Garrone re di Pira, ho parlato."
Devo riconoscere che quella volta i barbari erano davvero una bella visione. Ma non c'era motivo di essere tanto lieti, chiesi a Mirus di parlare in privato.
"Che ne dici?"gli chiesi.
"Qualcuno...forse Sileus potrebbe averli pagati per scortarti in caso di pericolo...ma i Piri sono mercenari: fanno ciò per cui vengono pagati, meglio non fidarsi di loro. Ti consiglio di filarcela il prima possibile: andiamo insieme a loro ed usciamo dal Nucleo il prima possibile."
"Non dimentichiamo che conoscono il territorio, forse possono aiutarci ad aggirare il Regno dei Soli Allineati, a rientrare nei territori roviani senza passare per le rotte tradizionali."
"E perché non dovremmo passare per i Soli Allineati?"
"Gli Adok non sono mai stati leali a Sileus...inoltre ho le prove che hanno partecipato al assassinio di mio padre. Preferisco evitare i loro territori."
Mirus era perplesso ma non troppo sorpreso.
"Questo potrebbe allungare il nostro viaggio di almeno un mese...però so che la LXI Legione dovrebbe essere abbastanza vicina ad alcune regioni accanto ai confini degli Adok, dovremmo mandare loro un messaggio per chiedere un passaggio."
"Per il tempo...so come sfruttarlo, ti chiedo di preparare un messaggio per il legato della LXI. Io parlerò con questi barbari...mi sai dire dove dovrebbe trovarsi la legione?"
"Credo nel sistema di Abacuc, nei dintorni del settimo punto cardinale...o almeno dovrebbe essere laggiù."
"Ci vuole una richiesta di assistenza immediata, intanto contatterò il re dei Piri e gli chiederò questa deviazione, ne dovrò parlare anche con il comandante orissiano. Comunque presso gli Adok non dobbiamo passare."
Detto questo mandai Mirus a parlare con il capitano mentre io contattavo il re Garrone e contrattavo un extra per la deviazione, per fortuna fu ragionevole. Con il comandante orissiano fu più difficile ma riuscii a farlo andare verso un altro confine.
Non ci furono problemi nei giorni successivi, mentre su Rovia la situazione sembrava più tranquilla,  i traditori erano stati scacciati dal mondo capitale, ma non erano ancora sconfitti, e il Pontefice annunciava che presto avrebbe dato pubblica lettura di un documento di grande importanza: il testamento di Sileus.
Quando superammo i confini degli Stati del Nucleo finalmente potei salutare gli Orissiani e augurare a quegli "onesti" barbari buon viaggio di cuore.
Re Garrone di Pira...forse avrei dovuto conoscerlo meglio Lettor, ma se hai studiato sai che ho conosciuto bene suo fratello. Ma questa è un'altra parte della storia.
Ad ogni modo, una volta entrati nei territori dell'Impero potemmo aggirare il Regno dei Soli Allineati. Mi sentii più sicuro evitando quel territorio.
Quando fummo alla distanza giusta ricevemmo dei messaggi video, i parenti di Mirus e di Ergesius ricevettero notizie, senza rivelare la nostra posizione in realtà. Ci dirigevamo verso Rovia facendo attenzione alle notizie.
Dopo circa otto giorni dal nostro ritorno negli Stati federati dell'Impero finalmente riconobbi le stelle e le insegne della mia patria. Quanto avrei voluto tornare in circostanze migliori, molti mondi si erano messi in lutto, molti disordini e incertezze si erano diffusi quando era giunta la notizia della morte del semidio che aveva portato ordine, pace e progresso nei luoghi più oscuri del cosmo conosciuto, prendere il peso di quell'immagine non sarebbe stato semplice, ma qualcuno doveva farlo.
Fu un giorno particolare quando, dallo strategikon, io e i miei amici assistemmo in diretta ad un evento straordinario che ci saremmo ricordati per sempre: la lettura del testamento di Sileus. Dopo la liberazione di Rovia dai Sileicidi era stato possibile riposizionare le infrastrutture statali nella capitale, anche se Ottalia era ancora in ricostruzione. Il clero aveva particolarmente sofferto le violenze dei traditori, che a quanto pareva erano affini al Mattone e perciò nemici della civiltà e della tradizione. Il Sommo Pontefice aveva dimostrato coraggio rimanendo al suo posto fino al ultimo istante, come per tradizione l'Ecclesia custodiva i testamenti degli uomini più illustri e Sua Santità stava per dare pubblica lettura delle ultime volontà che Sileus gli aveva affidato prima della prevista partenza per la guerra. Le immagini mostravano la Basilica dei Sette Santi, vero centro di Vandorra,  circondata da una moltitudine incalcolabile di gente venuta da ogni angolo dell'Impero, insieme a tutti i senatori con le loro toghe bianche, i cardinali in rosso, riconobbi mia nonna, mia madre, il console Garrinus, il Maggiordomo Palatino Arastasus senior, e il Pontefice Igniatius un uomo sbarbato, non vecchio quanto il suo predecessore, ma comunque evidentemente pieno di esperienze. Quando il Pontefice invocò il silenzio, subito le costellazioni del Uomo si zittirono. Era davvero un momento storico.
"Annuncio a voi tutti, come mi è stato richiesto, le volontà che Genor Vandor Sileus, Imperatore di Rovia, ha espresso e affidato alla Santa Sede da esporre ai concittadini il prima possibile. Oggi finalmente, con il nostro mondo liberato dalla ferocia del odio e del tradimento, possiamo ascoltare e onorare questo documento che il padre della patria ha lasciato a noi per proseguire nella sua opera."
Detto questo il Sommo Pontefice prese un grande rotolo di cardonite di un rosso vermiglio, chiuso in un nastro e con il sigillo della famiglia Vandor, in attesa di essere spezzato. Il Pontefice si fece dare un piccolo martello e uno scalpello e con grande solennità ruppe il sigillo per poi srotolare lentamente il documento sul grande leggio. Il Pontefice guardò verso mia nonna e mia madre, poi si rivolse all'assemblea. Fece un profondo respiro e iniziò a leggere, la sua voce risuonò su tutti i mondi.

Le memorie dell'Imperatore CarosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora