Guerra psicologica e abominio

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Nella settimana successiva alla riattivazione moltissimi comandanti e volontari arrivarono su Pharsino chiedendo di unirsi alla lotta. Alcuni volevano vendicare Sileus, altri difendere la loro patria e lo stile di vita che ritenevano in pericolo, altri ancora volevano approfittare della situazione. Prima di tornare su Rovia per organizzare una reazione al fine di porre fine alla guerra civile incontrai quelle nuove reclute. Molti di questi volontari andarono a formare il nuovo equipaggio della Iupotor e vi furono degli ottimi elementi, alcuni veterani delle guerre di Sileus stesso.
I Vagnar, i militi roviani e valeriani che già stavano radunando le forze iniziarono ad essere tesi quando videro ecteri, eborili, nomadi e tantissimi altri popoli non valeriani, anche alcuni Kelsharr arrivarono su Pharsino con navi e volontari chiedendo di poter partecipare alla guerra e sconfiggere i traditori di Sileus.
Fui impressionato il giorno in cui vidi migliaia di quei volontari sbarcati e radunati nel grande spazioporto del castrum.
"Quanti saranno?" chiesi ammirando quella folla illuminata dalla luce rossa del tramonto lungo le grandi rampe del burrone in cui era ospitata la fortezza.
"Quelli sbarcati qui circa trecentomila, ma ci sono centinaia di navi armate intorno al pianeta e molte migliaia nell'intero sistema. Quando hai dato loro il permesso di mandare dei rappresentanti hanno fatto delle lotterie. Considerano un privilegio incontrarti" disse Mirus dandomi una pacca sulla spalla.
"Se terrete un discorso, Vostra Serenità, sarà diffuso in tutto l'Impero" disse Ergesius che sia stava dimostrando un ottimo organizzatore di propaganda.
"Devo, non posso lasciarli senza risposte dopo che hanno lasciato i loro mondi per venire qui a combattere per me" dissi incamminandomi verso il palco. Un gruppo di soldati vagnar si schierò a farmi da scorta e seguirono me, Mirus, Ergesius e Leriano fino al piano inferiore. Indossavo un mantello scuro con ornamenti floreali in argento e un medaglione d'oro raffigurante la Stella a Nove Raggi. Ero il padrone di casa che dava il benvenuto a degli ospiti graditissimi, loro lo sapevano. Molti erano seduti, ma si alzarono in piedi appena mi videro chinando il capo, alzando le mani e salutandomi.
I loro pensieri erano a dir poco inebrianti. Quando l'intera folla mi vide apparire scattò un applauso, un'acclamazione come non ne avevo mai sentite. Erano uomini e donne di tutte le età, molti di loro indossavano le uniformi rosse dell'Arma Siderale Roviana, altri diverse divise che li distinguevano come appartenenti alle diverse nazioni dell'Impero. Tutti loro volevano combattere per quell'Impero che aveva dato loro pace, prosperità, sicurezza e la possibilità di accrescere la loro identità. Era passata una generazione da quando i loro popoli erano diventati parte di Rovia e temevano che se fosse finito avrebbero vissuto un periodo oscuro e incerto.
Molti di loro mi vedevano come il nuovo Fondatore e mi seguivano per questo. Erano gli alleati a cui dovevo stare più attento. Quegli individui sarebbero diventati la base del mio esercito regolare dopo la guerra civile. Per il momento erano dei volontari pronti a rendere il servizio che avevano dato a Sileus.
Il tribuno Ascalus mi fece un saluto e si rivolse ai volontari concludendo il suo discorso introduttivo.
"Lascio ora la parola a colui che ha il diritto di essere chiamato nostro Imperatore. L'erede di Sileus, Coimperatore riconosciuto e Imperatore unto, Caros di Rovia e Orissia."
Dopo essere salito sul pulpito osservai quella folla, quell'esercito immenso e potente perché non chiedeva alcuna ricompensa se non il futuro. Attivai l'altoparlante e la mia voce fu udita in tutto l'esercito e su molti altri mondi.
"Vi saluto, miei concittadini. Voi tutti sapete chi sono, io sono Caros Sileus!"
Applausi, acclamazioni, il mio nome chiamato in tante lingue. Alcuni non capivano il vilino, ma erano comunque presenti e attenti.
"So che molti di voi hanno lasciato le loro case, i loro mestieri e le loro famiglie per venire qui al fronte e combattere. Sono profondamente grato a ciascuno di voi- feci un inchino- ma vi avverto che, se qualcuno di voi ha dei dubbi, se qualcuno ha dei motivi concreti per temere la morte torni pure a casa senza obblighi e senza vergogna. Ci sono moltissimi modi per essere un fedele cittadino. Ma il premio a cui aspiriamo non si può conquistare con uno sparo o la dialettica, ma con la fedeltà e l'onestà, la virtus che ci rende immensamente superiori ai nostri avversari. So che il popolo Kelsharr ha ricevuto delle proposte molto interessanti dai Sileicidi: l'espulsione delle autorità e delle leggi roviane dai loro territori in cambio del sostegno nella guerra. I Kelsharr hanno fieramente rifiutato e cacciato i traditori dalla loro provincia dimostrando una grande lealtà nei confronti della Comunitas di cui sono onorati membri come tutti noi. Vogliano tutti i Kelsharr gradire le mie lodi e il mio riconoscimento per il loro onore e la loro lealtà. Oggi però siamo davanti ad un nemico ancora molto potente e determinato. Essi sono gli assassini di civiltà, coloro che assoggettano i popoli facendoli schiavi del loro denaro e della loro ideologia perversa e arrogante, che guadagnano la ricchezza sulla guerra e la decadenza culturale. Ci aspettano anni duri miei concittadini, una lunga lotta che però ci renderà più forti e più uniti. Oggi tutti voi verrete divisi in coorti, ognuna con il proprio generale che risponderà al tribuno Ascalus, a Jarl Vlad e al mio conestabile Mirus Algina. Siamo organizzati, numerosi, i nostri alleati molto potenti e siamo in grado di vincere. Non sarà facile: verremo attaccati, combattuti, calunniati, ci saranno incidenti, molti di noi verranno mutilati, imprigionati e uccisi. Forse sarà anche il mio destino ma io sono pronto a tutto questo. Lo siete anche voi? Combatterete con me? COMBATTERETE CON ME?"
Ricevetti l'acclamazione, mi stavano dicendo di sì e anche i loro pensieri erano decisamente a mio favore.
"Posso parlarvi un momento serenissimo?" mi chiese il tribuno Ascalus mentre mi ritiravo diretto di nuovo al centro di comando. I suoi pensieri non mi piacevano.
"Davvero volete affidare il futuro di Rovia a degli stranieri?" mi chiese.
"Stranieri?" gli chiesi.
"Questi sono barbari, forestieri...almeno per la maggior parte. Come possiamo essere sicuri della loro lealtà?"
Mirus si fece avanti e ricordò al tribuno che quei volontari erano venuti da soli, senza essere convocati e mettendo a disposizione risorse preziose e anche le loro stesse vite. Mentre iniziava la loro discussione, in cui anche Leriano e lo Jarl si stavano inserendo, io mi voltai e scesi tra la folla. La diretta era ancora attiva e mi vedevano in tutto l'Impero. Stavo osservando un ragazzo, un mezzo valeriano e mezzo ectero. Un mezzosangue come me. Un ragazzino che si ricordava di avermi già visto e che ero molto sorpreso di incontrare di nuovo.
Mi misi davanti a lui, in silenzio. Indossava una tuta blu, una specie di uniforme identica a quelle di tanti altri intorno a lui.
Era sul attenti, mi fece un saluto militare a dir poco perfetto. Era molto emozionato, mi ammirava ma si chiedeva cosa volessi, perché lo stessi fissando così...e se davvero mi ricordavo di lui.
Calò un silenzio quasi imbarazzante.
Ad un certo punto il giovane volontario prese un grande respiro e iniziò a cantare:

Le memorie dell'Imperatore CarosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora