Una trappola per Imperatori

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Diversi agenti di Oculus si impegnarono a sorvegliare Sibilla mentre lei si preparava a partire con suo zio Merus, non potevo fermarla perché doveva ripagare i debiti verso i suoi padri, prima di quelli verso i suoi figli.
Eravamo davanti alla navicella che l'avrebbe condotta verso lo spazio orissiano. Ci trovavamo in una delle città orbitali intorno a Rovia ed eravamo in incognito.
"Ne sei davvero sicura?" le chiesi ammirando i suoi capelli che riflettevano la luce come un manto d'oro puro.
"Almeno quanto lo eri tu quando sei partito per guerra civile" disse lei.
"In effetti... lo capisco... ma questa volta è diverso. Basta una parola, un messaggio... e porterò tutta la potenza di Rovia ad aiutarti tra quelle costellazioni!"
Mi abbracciò e rispose: "Lo so che salveremo Orissia insieme, tu per ora proteggi i nostri figli, mentre io aiuto mio zio Merus a salvare i Lyriani e il Vasilus. Se non lo facessi... non potrei più essere la tua Imperatrice... non potrei..."
"Amor mio promettimi solo che tornerai- le dissi- promettimi che tornerai presto quando saranno in salvo. Promettimi solo che..."
"Promesso amor mio... ci rivedremo molto presto a casa nostra."
Ci baciammo un ultima volta, poi la vidi salire a bordo e salutarmi per l'ultima volta.
Dopo che fu partita insieme a Merus ripensai alla prima volta che l'avevo vista, in una situazione come quella. Per fortuna ero preparato per fare in modo che tornasse presto.
Quando tornai al Palazzo Centrale i bambini erano piuttosto preoccupati; anche se avevamo detto loro che Sibilla sarebbe tornata presto percepivano qualcosa che non li teneva tranquilli. Soprattutto la piccola Elas che non era mai stata separata molto allungo dalla madre. Fu difficile ma non impossibile prendermi cura di loro, dirigevo l'Impero dalla villa, ricevevo i Magistri, i senatori e i generali per ologramma e gli ambasciatori di persona. Fu quasi una vacanza a dire il vero. Eppure si respirava un'atmosfera tesa, mentre la gente comune in tutti i mondi dell'Impero si godevano la pace e il progresso, ma proprio perché dal Gran Reame non arrivavano più notizie di scontri si sapeva che la situazione si era aggravata.
Oculus mi portava rapporti di atti terroristici avvenuti in diversi mondi orissiani, mentre la nave di Foca rimaneva nei dintorni del Nucleo inafferrabile. Usando l'Occhio dell'Eternità osservai il pianeta Ctefo e vidi che era rimasto incolume, purificato dall'eresia zotalita dai tempi del mio passaggio. Vedevo con piacere che i fondi e gli aiuti che avevo inviato negli anni avevano ottenuto l'effetto sperato riportando il mondo dei miei avi materni agli antichi fasti. Ctefo era ancora una fortezza ricca e potente.
L'Occhio mi faceva vedere che Sibilla stava bene e che si era riunita con Merus a Sarinus e alle sue forze su Orissia. La sua lotta sarebbe stata leggendaria.
Sapevo che lei capiva quando la osservavo con quello straordinario strumento, alzava lo sguardo sorridendo. Eppure non riuscivo ad essere tranquillo, ma fui forte.
Dodici giorni dopo la partenza di Sibilla mi svegliai una notte sentendo un forte dolore al cuore, una strana sensazione, simile a quella che avevo provato quando mio padre e mio nonno erano morti, ma non la stessa angoscia.
Mi recai nella cripta sotto la mia villa e lì, in uno dei posti più nascosti del Palazzo Centrale, consultai l'Occhio dell'Eternità dicendo: "Foca, il nero profeta del demone Zedub... mostrami Foca."
Ma non lo fece, l'Occhio proiettò intorno a me non un ologramma delle persone e dell'ambiente, ma una colonna di fuoco che bruciava veloce e placida. Era quello che vedevo quando chiedevo di una persona morta.
"È morto? Foca è morto?" chiesi.
Il fuoco si spense, e l'Occhio cessò la sua attività.
Forse voleva dire che era morto sul serio, ma non mi sentivo tranquillo, infatti presto avrei ricevuto pessime notizie.
Quando si fece l'alba ebbi un discreto successo nel risvegliare i miei figli e mandarli a studiare, ma non riuscivo a liberarmi da un senso di angoscia che poi venne spiegato da Alemia. Il mio Maggiordomo Palatino venne nella mia dimora di persona per darmi una notizia che avrebbe avuto effetti sconvolgenti.
Come avevo percepito Foca, il cosiddetto profeta degli Zotaliti, colui che aveva riportato in vita l'antico mito del demone Zedub, era stato ucciso e quello che segue è il racconto di come accadde, sconvolgenti furono le sue ultime parole.

La grande nave città di Zotalo era lunga e robusta, perfetta per muoversi attraverso i detriti e le nubi intorno al Nucleo. Al suo interno una grande serie di edifici grigi e cubici che tracciavano una via verso una piramide a gradoni nera con fari rossi intorno ad essa. La statua di Zedub, fatta con parti di ferro, oro e titanio si stagliava sulla sua vetta osservando i cultisti che abitavano sotto di essa, sbandati, ingrati, folli e reietti venuti da tanti mondi lontani che odiavano il cosmo intero e avevano trovato in quel grosso idolo una scusa per giustificare quel disprezzo che avvelenava le loro anime.
Dentro la piramide, sotto Zedub che benediva e malediva, viveva il suo vicario Foca. Nessuno aveva mai visto il suo volto: egli aveva donato tutto sé stesso al suo padrone e per questo aveva rinunciato ad un volto proprio. Tutti gli uomini un giorno avrebbero dovuto donare la faccia e la vita a Zedub il magnifico in cambio della sua pace.
Questo insegnava quel uomo all'apparenza fragile, sempre coperto da un pesante mantello nero, con guanti e una maschera che non mostrava nemmeno gli occhi. Toglieva solo un pezzo della maschera ogni tanto, mostrando la bocca, quando voleva mangiare e bere (pane e acqua, nient'altro per non togliere nulla ai suoi fratelli e alle sue sorelle) o per parlare. Si diceva che fosse capace di leggere il cuore degli uomini, di comprendere i desideri di coloro che aveva davanti e di anticipare ogni obiezione, ogni argomento con una ragione impareggiabile e quando faceva i suoi comizi le folle pensavano che nessuno avesse mai pronunciato parole tanto giuste e illuminanti.
Per gli adoratori del demone Foca era un esempio da seguire e quel giorno, in quella grande sala quadrata, insegnava la sua ragione a dei bambini, accuratamente selezionati per diventare i sacerdoti del padrone di Foca. Una ragazza con capelli marroni raccolti in una strana acconciatura a casco e delle perle che pendevano sugli abiti neri lo aiutava ad insegnare ai ragazzi, era la pupilla del profeta nero e sua allieva più cara. I fanciulli, tutti tra i sei e i dieci anni, ascoltavano rapiti le storie e i bei discorsi del sacerdote, discorsi che un Redenziano di Rovia, uno Shazamasi di Orissia, un Bactì di Eboral e addirittura uno degli antichi pagani Kelsharr, avrebbe trovato orribili e inaccettabili. Ma non sarebbero durati ancora per molto.
Ad un certo punto Foca si interruppe ed emise un gemito mentre una lama invisibile gli trapassava il torace. Un uomo con un'armatura bianca e nera e con una maschera tipica degli assassini reali di Orissia apparve alle spalle di Foca. Aveva disattivato temporaneamente il campo di metaparticelle che lo rendevano completamente invisibile.
"Nel nome del Vasilus, l'Unico lo benedica, muori eretico!" disse l'assassino.
"Nel...nel ...nome di... Zedub... il Re dell'Abisso arriva... il Re dell'Abisso arriva..."
La lama venne ritratta e Foca cadde in avanti. I bambini gridarono e iniziarono a correre via mentre la ragazza si alzava e sembrava voler aggredire l'assassino a mani nude ma non si mosse, sentiva qualcosa che la teneva ferma e non le permetteva di soccorrere il suo maestro.
Le ultime parole di Foca, predicatore del demone Zedub furono: "La trappola... è... scattata!"
Il sicario estrasse una pistola lec e sparò quattro colpi alla schiena e sulla nuca di Foca per poi riattivare la sua tecnologia e sparire per lasciare la nave indisturbato con questa storia da raccontare.
La fanciulla fu di nuovo libera e si voltò per correre terrorizzata e piangente nei piani inferiori ad urlare: "IL SOMMO FOCA È MORTO! IL SOMMO FOCA È MORTO! IL SOMMO FOCA È MORTO!"
Quando Alemia mi ebbe riportato queste notizie sentii il bisogno di sedermi.
"Dov'è tua figlia Alemia?" le chiesi.
"Perché lo chiedi?"
"Perché devi metterla al sicuro... così come io farò con i miei bambini... chiama Mirus e digli di venire al Palazzo Centrale subito... ora quell'orda di adoratori del diavolo ha un martire da vendicare..."
Un altro periodo molto duro ci aspettava Lettor; Foca ci aveva messi in trappola.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 05, 2018 ⏰

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